L'11 settembre, Giovanni Paolo II, la Vergine Maria e un re polacco

Storia della festa del Santo Nome di Maria, istituita come ex voto per la vittoria dell’esercito polacco sui turchi e ripristinata da Giovanni Paolo II nel 2002, a seguito dell’attentato alle Twin Towers

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Per Giovanni Paolo II l’11 settembre non era solo la data dell’attentato alle Torri Gemelle di New York, ma il giorno che ricordava l’intercessione della Vergine Maria nella vittoria dell’esercito polacco che pose fine dell’assedio di Vienna da parte dei turchi, nel XVII secolo. Fu dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 che il Pontefice polacco vide la necessità di ripristinare la festa del Santo Nome di Maria, stabilita come ex-voto per questa vittoria poi cancellata nel XX secolo, per mancanza di memoria degli eventi.

Pertanto, la Chiesa celebra il Santo Nome di Maria il 12 settembre, il giorno dopo l’anniversario della vittoria dell’11 settembre 1683. La festa è stata registrata nella Ottava della Natività della Vergine, per ricordare ai cristiani che possono ricorrere all’intercessione della Madonna in ogni evento della vita, grande o piccolo che sia, come insegna il Vangelo delle Cana e le parole di Cristo sulla croce: “Ecco tua Madre”.

Tuttavia la festa scomparve dal calendario liturgico intorno al 1970, dopo l’accurato lavoro storico compiuto dal Concilio Vaticano II. Ma sempre per un lavoro storico, è stata ricostituita nella stessa data dal Santo Pontefice, nella editio tertia del Messale Romano, e nel martirologio romano, il 22 marzo 2002; quindi, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e dopo la preghiera interreligiosa per la Pace ad Assisi del gennaio 2002.

Il ‘movente’ fu spirituale. Ma Karol Wojtyla conosceva anche le ragioni storiche, dal momento che coinvolgevano la storia della sua patria, la Polonia, e anche l’Europa, come testimoniano gli affreschi della “cappella polacca” della “Santa Casa” di Loreto.

La guerra a cui ci si riferiva risale al 1863, oltre un secolo dopo la battaglia di Lepanto (1571): i turchi stavano tentando di entrare in Europa occidentale attraverso un attacco di terra. Maometto IV aveva preso la bandiera di Maometto Kara Mustafà, all’inizio dell’anno, giurando di difenderla con la sua stessa vita, se necessario. Il Gran Visir si avvaleva di circa 300.000 uomini e promise di prendere Belgrado, Buda, Vienna, di penetrare in Italia e arrivare a Roma “fino l’altare di San Pietro”. Si può immaginare il turbine di violenza e sangue che un progetto del genere comportava.

Sempre nel 1683, ad agosto, un cappuccino italiano residente a Vienna, grande mistico, di nome Marco d’Aviano – poi beatificato da Giovanni Paolo II – fu nominato Gran Cappellano di tutti gli eserciti d’Europa. Il religioso viene ricordato più che altro come l’inventore del “cappuccino” o del “caffè viennese”, ma la grande storia lo annovera come colui che seppe infondere coraggio al popolo austriaco e riuscì a convincere il re polacco Jan Sobieski a venire in soccorso della capitale, dal momento che disponeva di 40.000 uomini. La città fu assediata il 14 luglio e la sua resa era solo una questione di ore. L’equilibrio di potere non era a favore delle truppe europee. Tuttavia, Vienna fu affidata all’intercessione della Vergine, tanto che l’effigie di Maria fu posta su tutti gli stendardi.

L’11 settembre 1683, poi, sul Kahlenberg che domina la città, a nord, padre Marco celebrò la Messa, servita dal re polacco davanti a tutto l’esercito posto in semicerchio. Il cappuccino predisse una vittoria senza precedenti. E invece di finire la festa nelle parole liturgiche, “Ite missa est”, gridò: “Ioannes vinces! Jan vincerà!”.

Le truppe guidate da Sobieski insieme a Carlo duca di Lorena, attaccarono gli Ottomani all’alba dell’11 settembre. Il sole splendeva sui due eserciti da cui dipendeva il destino dell’Europa. Le campane della città squillarono al mattino. Donne e bambini pregavano nelle chiese, implorando l’aiuto della Vergine Maria. E la sera dell’11 settembre, lo stendardo del gran visir cadde nelle mani di Sobieski. Il pericolo di far capitolare Roma fu quindi scongiurato.

Il giorno successivo, il 12 settembre, re Jan fece il suo ingresso in una città in giubilo, e volle celebrare una Messa e un Te Deum nella chiesa della Madonna di Loreto per ringraziare della vittoria. Fu Papa Innocenzo XI poi ad attribuire la vittoria all’intercessione della Vergine, stabilendo un ex-voto con cui si istituiva la festa in onore del Santo Nome di Maria.

Il 25 novembre 1683, la festa fu estesa a tutta la Chiesa, e la Natività di Maria fu fissata per la domenica successiva. In seguito, San Pio X preferì poi ritornare alla data del 12 settembre, anniversario non della vittoria sui turchi, ma della sua celebrazione.

Su questa scia, Giovanni Paolo II ricostituì poi la festa per ricordare ai cattolici di invocare Maria per affrontare gravi pericoli internazionali.

Nel corso del suo pontificato, è  sorprendente notare il numero di volte in cui Giovanni Paolo II ha invocato il nome di Maria e ha chiesto ai cattolici di pregare, soprattutto in un periodo di sviluppo del terrorismo internazionale. Il giorno dopo la strage dell’11 Settembre 2001, Papa Wojtyla, durante l’udienza generale del mercoledì, invocò infatti una preghiera per la pace affidando il mondo alla Madonna: “Preghiamo il Signore perché non prevalga la spirale di odio e violenza. Possa la Vergine Santa, Madre di misericordia, risvegliare nel cuore di tutti pensieri di saggezza e di intenzioni pacifiche”, disse il Santo Papa.

Anche durante la Messa a Frosinone di domenica 16 settembre, davanti a 40mila persone, il Pontefice incentrò la sua omelia sulla figura di Maria: “La Vergine – disse – rechi conforto e speranza anche a quanti soffrono a causa del tragico attentato terroristico, che nei giorni scorsi ha ferito profondamente l’amato popolo americano. A tutti i figli di quella grande nazione dirigo, anche ora – aggiunse – il mio pensiero accorato e partecipe. Maria accolga i defunti, consoli i superstiti, sostenga le famiglie particolarmente provate, aiuti tutti a non cedere alla tentazione dell’odio e della violenza, ma ad impegnarsi a servizio della giustizia e della pace”. 

Nell’ottobre del 2001, mese del Rosario, poco tempo dopo l’attacco alle Twin Towers, Giovanni Paolo II esortò ancora una volta a pregare la Madre di Dio soprattutto attraverso la coroncina: “Il XXI secolo, nato sotto il segno del grande riconciliazione giubilare, ha purtroppo ereditato dal passato molti teatri di guerra e di violenza ancora attivi – affermò -. Gli sconcertanti attentati dell’11 settembre e tutto quello che è successo dopo nel mondo hanno aumentato la tensione a livello globale”.

Una situazione, quella internazionale, che portò il Santo Padre a convocare una nuova riunione interreligiosa per la pace ad Assisi, il 24 gennaio 2002, realizzando quello che poi passò alla storia come lo “Spirito di Assi”, ovvero una comune invocazione di pace da parte di tutti i rappresentanti delle religioni, e una condanna contro ogni violenza e terrorismo.

E proprio nel contesto di paura provocato dal terrorismo internazionale, dopo l’evento di Assisi, Wojtyla ripristinò infine, nel 2002, la festa del Santo Nome di Maria. In quello stesso anno, l’11 settembre, primo anniversario dell’attentato a New York, il Papa presiedette una preghiera universale di intercessione per le vittime della strage e le loro famiglie, e per la pace nel mondo. E in arabo, pregò “per i credenti di tutte le religioni, in modo che il nome di Dio, misericordioso e amorevole pace, rifiutino con fermezza ogni forma di violenza, in conformità con le diverse esperienze storiche, culturali, religiose”.

La devozione di Giovanni Paolo II al Nome di Maria fu proseguita poi dal suo successore Benedetto XVI. Il Papa emerito lo invocò per la conversione dei battezzati nell’Angelus del 12 settembre 2010: “Alla Vergine Maria, il cui nome più santo si celebra nella Chiesa di oggi, affidiamo il nostro modo conversione a Dio”, disse.

Nel 2007, durante l’Udienza generale del mercoledì, Ratzinger sottolineò invece il collegamento della festa del Nome di Maria con quella della Natività della Vergine, l’8 settembre. In part
icolare, rivolgendosi ai giovani, rammentò: “Sabato scorso abbiamo celebrato Festa della Natività della Vergine, e oggi ricordiamo il suo santo Nome. La celeste Madre di Dio, che ci accompagna durante tutto l’anno liturgico, guidi voi cari giovani sul sentiero di un’adesione al Vangelo ogni giorno più perfetta”.

Nel corso dei secoli, poi, sono stati numerosi i Santi che hanno invocato il Nome di Maria, a partire da Sant’Ambrogio (397) che scrisse: “Il tuo nome, o Maria, è un delizioso balsamo che si diffonde l’odore di grazia!”. Poi San Bernardo di Chiaravalle (1153) vide nella Vergine un rifugio in mezzo ad una guerra spirituale: “Il nome di Maria mette in fuga tutti i diavoli”, affermava. Anche San Bonaventura da Bagnoregio (1274) proclamò: “Il tuo nome è glorioso, Santa Madre di Dio! È  glorioso il nome che è stato la fonte di tante meraviglie!”. E, in ultimo, il Beato Enrico Suso (1365) soleva esclamare: “O nome pieno di dolcezza! O Maria! Chi è dunque Lei, se il Vostro nome è già tanto amabile e talmente colmo di grazie?”.

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Anita Bourdin

Journaliste française accréditée près le Saint-Siège depuis 1995. Rédactrice en chef de fr.zenit.org. Elle a lancé le service français Zenit en janvier 1999. Master en journalisme (Bruxelles). Maîtrise en lettres classiques (Paris). Habilitation au doctorat en théologie biblique (Rome). Correspondante à Rome de Radio Espérance.

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