Cina: tensioni per la sepoltura di mons. Liu Jinghe, il vescovo "patriottico" riconciliato con il Vaticano

I fedeli vigilano da giorni sulla salma per evitare che la polizia “rubi” le spoglie del presule per seppellirle in un terreno comune, contrariamente ai desideri del defunto vescovo

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Si è spento lo scorso 11 dicembre, a Tangshan (diocesi di Yongping, nella provincia cinese di Hebei), mons. Paolo Liu Jinghe. Il presule – che avrebbe compiuto tra pochi giorni il suo 93° compleanno – era infermo da più di un anno ed è stato colpito da un attacco cardiaco. Le esequie si sono svolte martedì scorso nella cattedrale di Yongping (Tangshan), presiedute dal vescovo diocesano, mons. Pietro Fang Jianping. Mentre la sepoltura non ha ancora avuto luogo, a causa di una sorta di “braccio di ferro” creatosi tra il governo e i fedeli.

Quest’ultimi, riferisce l’agenzia AsiaNews, vegliano da giorni nella cattedrale sulla salma del vescovo. Oltre a pregare, vogliono evitare che la polizia di Tangshan derubi le spoglie del presule per seppellirle a forza in un terreno comune e non nel cimitero cattolico di Lulong, come era desiderio del defunto vescovo. La tensione nella diocesi è, dunque, altissima: tutti i parroci sono stati obbligati nei giorni scorsi ad un incontro con l’Ufficio affari religiosi e la sicurezza, dopo aver diffuso una lettera aperta. A causa di ciò, il sito internet della diocesi è stato oscurato per un certo tempo e i telefoni sono tutti sotto controllo. I fedeli – riferisce sempre AsiaNews – si aspettano che la polizia irrompa oggi nella cattedrale obbligando alla sepoltura comune le spoglie del presule.

Mons. Liu Jinghe era nato il 26 dicembre 1920 a Huanghuagang, nella diocesi di Yongping, da una famiglia cattolica molto devota. Entrato nel seminario minore nel 1931, venne ordinato sacerdote il 4 maggio 1945 dall’arcivescovo di Pechino, mons. Paul Leon Cornelius Montaigne. Poi tornò nella sua diocesi per esercitare il ministero pastorale a Lulong, a Tangshan e in altri luoghi. Fu imprigionato tre volte dal 1940 al 1960. Dal ’70 al ’79 fu invece mandato in un campo di rieducazione tramite il lavoro forzato, prima presso una fabbrica tessile, poi in un’industria chimica, infine in una cava di pietra. Dopo la liberazione, riprese l’attività pastorale.

Fu consacrato vescovo “patriottico” il 21 dicembre 1981 senza mandato pontificio. Inviò diverse richieste di perdono al Santo Padre con la relativa domanda di legittimazione, nonostante le pressioni del regime e dell’Associazione patriottica. La legittimazione gli fu concessa l’8 maggio 2008 da Benedetto XVI, e ristabilì la piena comunione del vescovo con il Successore di Pietro. Nel 2010, a causa delle condizioni precarie di salute, si è ritirato dal ministero pastorale e, negli ultimi anni di vita, ha rifiutato categoricamente di prendere parte ad ordinazioni episcopali illegittime, dando un segnale di comunione e di obbedienza alla Sede Apostolica. 

Prima di morire, aveva espresso il desiderio di essere sepolto nel cimitero cattolico di Lulong, dove riposa anche il primo vescovo della diocesi, il lazzarista olandese mons. Ernst Geurts, morto nel 1940, e dove, in passato, erano stati seppelliti diversi sacerdoti e suore. Probabilmente – osserva l’agenzia di notizie – il desiderio di mons. Liu di essere inumato affianco agli altri missionari, era un modo per sottolineare la sua unità e appartenenza alla Chiesa universale.

Il cimitero di Lulong, negli anni ’50, alla presa di potere del Partito comunista, era stato violato, distrutto e requisito. Dopo un periodo di abbandono, i circa 2,7 ettari di terreno erano stati trasformati in terreno agricolo. Mons. Liu ha domandato molte volte alle autorità di poter avere indietro il terreno, ma la diocesi è riuscita solo nel 1993 ad avere il permesso di usare una piccola parte per riseppellire i resti di mons. Geurts e di altri sacerdoti e suore. Alla morte di mons. Liu Jinghe, la diocesi ha quindi chiesto alle autorità cinesi di seppellire il vescovo a Lulong, come suo desiderio. Il governo però ha rifiutato in modo netto, proponendo al massimo un contributo di 200mila yuan (circa 33mila dollari) per l’acquisto di un altro terreno da usare come cimitero. (S.C.)

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ZENIT Staff

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