È tra le più evocative, non v’è dubbio. Si potrebbe osare l’azzardo di definirla l’immagine evocativa per eccellenza. Forse perché nel suo ruvido charme, è l’immagine che meglio si presta a rendere in metafora il tratto essenziale dell’esistere e del divenire umano. Ed è ricorrente, diffusa, l’immagine. Popola l’immaginario culturale dei popoli più distanti e diversi. E abita segnatamente l’immaginario culturale, il nostro, occidentale. Jack Kerouac ne fece un’icona – alquanto nichilistica, allegoria di un disorientamento globale, generazionale, epocale…ma questo è un altro discorso – della Beat generation. Ma, in differente chiave, pure il nostro Baglioni, il Claudio romano e nazionale, l’ha cantata, quasi come luogo di esercizio della speranza. Nel Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, pare diventare il naturale grembo di un popolo che prova a risorgere – anche seinsorgendo. E, infine – perché ci si deve pur fermare… –, la fa da padrona nell’epopea postmoderna targata Sean Penn, Into the wild, quale strumento e metafora esteriore di un viaggio tutto interiore.

Nella letteratura (On the road) come nella musica (Strada facendo), nella pittura come nel cinema, la strada, luogo della transizione, della mobilità, del cammino evoca quel dinamismo esistenziale, giocato sul tenue filo del tempo, attraverso il quale ogni persona si protrae a cercare la propria realizzazione in quanto creatura umana. Ma non ogni strada conduce a tale meta. Non ogni strada garantisce all’uomo la realizzazione della sua vocazione.

C’è però la strada su cui evocazione e vocazione s’intersecano. È ad esempio la strada di San Paolo, che sulla via di Damasco incontra Cristo, il quale sconvolge, cambia radicalmente la sua vita, trasformandolo dal più zelante dei persecutori dei cristiani, al più zelante dei missionari cristiani. Ed è, in fondo, la strada che il Prof. Egidio Chiarella, dinamico e appassionato collaboratore di Zenit, tinteggia negli agili e pregevoli saggi che strutturano il suo Sui sentieri del vecchio Gesù, che, sabato 21 dicembre, è stato presentato a Borgia, comune della provincia di Catanzaro e luogo natale dell’Autore, nel corso di un incontro culturale moderato da don Giovanni Scarpino (Direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Calabra), alla presenza di un numeroso pubblico, del Parroco, Don Mario Olanda e del Sindaco, Ing. Francesco Fusto.

Proprio a San Paolo, Mons. Raffaele Facciolo, Vicario Generale dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace, introducendo la serata, ha paragonato il Prof. Chiarella. Il suo – ha detto – è un libro “paolino”. E non solo per il suo nobile intento “apostolico”. Ma anche perché capace di far riverberare nell’orecchio interiore del lettore la voce di Cristo, che come a Paolo di Tarso domanda all’uomo di oggi: «Perché mi perseguiti? Perché non mi ami? Perché sei distante da me?». In questo senso il libro di Chiarella è anche – in un modo del tutto singolare – un libro “autobiografico”, frutto di una rilettura della propria vita alla luce del Vangelo, iniziata da qualche anno con l’aiuto di Mons. Costantino Di Bruno, Assistente Ecclesiastico Centrale del Movimento Apostolico (aggregazione ecclesiale impegnata nel ricordo della Parola di Gesù al mondo che l’ha dimenticata, sorta nel 1979 a Catanzaro, tramite la signora Maria Marino, e oggi ampiamente diffusa in Italia e all’estero), al quale – come leggiamo sull’aletta della quarta di copertina – Chiarella «deve l’avvio della sua conversione».

La strada – che nel titolo del libro assume il fascino genuino, bucolico, retrò del “sentiero” –, della quale Chiarella ci parla, mi pare debba essere intesa in un triplice senso. È innanzitutto sentiero verso Dio, strada esistenziale sulla quale l’uomo deve lasciarsi incontrare dalla verità e dalla grazia di Cristo – com’è avvenuto per l’Autore. È poi sentiero verso l’uomo, strada quotidiana sulla quale il cristiano deve ritornare – ma rinnovato, nuovo dentro, e non “di zecca”, ma di Spirito Santo! – a portare ai suoi fratelli la Parola e l’Amore di Cristo. Ma, in definitiva, il Prof. Chiarella è convinto che la Strada, il Sentiero per l’uomo sia uno solo: Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio, Salvatore dell’uomo, Colui che è Via, Verità e Vita. Questo – ha appassionatamente affermato l’Autore, prendendo la parola – il cristiano non deve temere di gridarlo, altrimenti diventa complice del male dei suoi fratelli e della società.

Di questo profondo bisogno di Cristo da parte dell’uomo postmoderno – uomo disorientato e alle prese con una sempre più desolante crisi di senso –, tutti i relatori intervenuti (Don Davide Marino, Docente di Storia presso l’Istituto Teologico Calabro; Don Francesco Cosentino, Docente di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana; Prof.ssa Maria Luigia Gullì, Docente di Lettere Classiche presso il Liceo Classico “Pitagora” di Crotone) si sono detti fortemente convinti. Il mondo, l’uomo di oggi, come quello di ogni tempo, continua ad aver bisogno, talvolta senza saperlo o volerlo riconoscere, del “vecchio Gesù”. Ma non del “Gesù vecchio”, un Gesù fatto di vuoti modi e abitudini del passato – senza rinnegare tuttavia il valore e la vitalità delle radici cristiane della nostra civiltà. Ha bisogno del Gesù vivo, attuale, che salva l’uomo oggi. Quel Gesù che lo Spirito Santo deve poter ogni istante creare, rendere visibile e operante nel cristiano, per la sua incondizionata obbedienza di fede a ogni parola del Vangelo. Buon Natale a tutti!

Chi volesse contattare l’autore può scrivere al seguente indirizzo email: davidemarino1984@gmail.com