Oscilla tra il rammarico del passato e la speranza per il futuro il messaggio di Papa Francesco ai partecipanti dell’Incontro internazionale per la Pace di Anversa, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Il rammarico per quella “inutile strage” che fu la Prima Guerra mondiale, come la definì Benedetto XV; la speranza perché certi errori non si ripetano mai più, magari collaborando insieme, tralasciando ogni divergenza di tradizione o religione.
Un auspicio, questo del Papa, che è lo stesso di tutti i partecipanti al grande Incontro: rappresentanti delle Chiese Cristiane e delle Comunità ecclesiali, capi delle religioni mondiali e uomini e donne di diverso credo, riuniti tutti, da oggi fino al 9 settembre, ad Antwerpen, in un “pellegrinaggio di preghiera e di dialogo”.
Su tutti costoro aleggia quello “spirito di Assisi” che fu il grande sogno di Giovanni Paolo II quando, il 27 Ottobre 1986, invitò nella città serafica 70 rappresentanti delle varie religioni del mondo, affinché si elevasse a Dio, da tanti cuori e in diverse lingue, un solo canto di pace.
E la Pace ora, in questo momento di drammi e focolai di tensione in diverse parti del mondo, è l’orizzonte verso cui mira l’Incontro internazionale di Anversa. Perché “la Pace è il futuro” come recita il titolo dell’evento, che – osseva Bergoglio nel messaggio – evoca “un futuro in cui il rispetto reciproco, il dialogo e la cooperazione aiuteranno a bandire il sinistro fantasma del conflitto armato”.
A fianco allo spirito di Assisi si aggira infatti lo spettro della Prima Guerra mondiale a cento anni dal suo “drammatico” inizio. “In questi giorni in cui non pochi popoli nel mondo hanno bisogno di essere aiutati a trovare la via della pace”, afferma Bergoglio, la memoria di quella tragedia mondiale “ci insegna che la guerra non è mai un mezzo soddisfacente a riparare le ingiustizie e a raggiungere soluzioni bilanciate alle discordie politiche e sociali”.
Ogni guerra è infatti una “inutile strage”, afferma Francesco, ricordando le parole di Papa Della Chiesa. Perché ogni guerra – aggiunge – “trascina i popoli in una spirale di violenza che poi si dimostra difficile da controllare; demolisce ciò che generazioni hanno lavorato per costruire e prepara la strada a ingiustizie e conflitti ancora peggiori”.
Il primo passo è pertanto un impegno comune tra le varie tradizioni religiose per dare “un contributo alla pace”. “Lo possiamo fare con la forza della preghiera”, garantisce il Santo Padre, “tutti noi ci siamo resi conto che la preghiera e il dialogo sono profondamente correlati e si arricchiscono a vicenda”.
L’auspicio è, dunque, che questi giorni di spiritualità condivisa ad Anversa servano a ricordare “che la ricerca della pace e della comprensione attraverso la preghiera possono creare legami durevoli di unità e prevalere sulle passioni di guerra”.
“La guerra non è mai necessaria, né inevitabile”, chiosa Jorge Mario Bergoglio; anzi, ad essa c’è sempre “un’alternativa” che è “la via del dialogo, dell’incontro e della sincera ricerca della verità”.
Allora – conclude – “è giunto il tempo che i capi delle religioni cooperino con efficacia all’opera di guarire le ferite, di risolvere i conflitti e di cercare la pace”. “La pace è il segno sicuro dell’impegno per la causa di Dio”, afferma Papa Francesco, e ricorda ai capi delle religioni la loro chiamata ad essere “uomini e donne di pace” in grado di promuovere “una cultura dell’incontro”, anche “quando altre opzioni falliscono o vacillano”.
Allo stesso tempo, tutte le comunità sono chiamate ad essere “scuole di rispetto e di dialogo con quelle di altri gruppi etnici o religiosi, luoghi – dice il Pontefice – in cui si impara a superare le tensioni, a promuovere rapporti equi e pacifici tra i popoli e i gruppi sociali e a costruire un futuro migliore per le generazioni a venire”.