Organizzato da padre Francesco Malara, che guida la Pastorale universitaria nella diocesi di Teramo-Atri, si è tenuto ieri l’incontro sul tema Etica e Bioetica del tecnologo alimentare e sostenibilità delle produzioni agro-alimentari.
Padre Francesco ha introdotto spiegando la necessità di “un progetto culturale che consideri l’uomo nella sua integralità”, accompagnato dalla ricerca e dallo studio come “dimensione permanente”.
La professoressa Anna Di Giandomenico, docente di Bioetica all’Università degli Studi di Teramo, ha ripercorso le tappe del concetto di sviluppo sostenibile, dalla Conferenza Onu di Stoccolma del 1972, fino a quella di Rio de Janeiro nel 1992.
Ricordando la definizione di sviluppo sostenibile come indicata dal rapporto Brundtland (1987) e cioè: “uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i proprio”, la docente di bioetica ha continuato precisando che il concetto di sviluppo sostenibile si è evoluto nella forma come nell’impegno.
“Inizialmente – ha precisato – la sostenibilità era legata solo all’ecologia, presto ci si è accorti che non era sufficiente, doveva essere integrata, per questo adesso si connette con l’economia, ed i campi del sociale e istituzionali”.
Nella forma lo sviluppo sostenibile è diventato il minimo comun denominatore dello sviluppo economico, sociale, e ambientale.
Nell’impegno internazionale si è passati dalla rivendicazione di un diritto ad un dovere. “Il che non è poco”, ha concluso la Di Giandomenico.
La professoressa Paola Pittia, Presidente del Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università di Teramo, ha sottolineato l’importanza e la rilevanza dell’etica professionale soprattutto per coloro che si laureano in scienze e tecnologie alimentari
“Non è un problema di sola conoscenza – ha sottolineato la Pittia – il compito di acquisire competenze in campo interdisciplinare permettere al tecnologo alimentare di agire al pari di un medico o di un chirurgo che opera in un ospedale”.
La responsabilità va dalla produzione fino al consumatore, passando per tutte le fasi intermedie. Bisogna quindi acquisire – ha ribadito – una competenza multidisciplinare che va dall’ambiente, alla logistica, fino al trattamento dei rifiuti.
L’etica della professione prevede lealtà, correttezza, indipendenza di giudizio fino ai buoni rapporti nei confronti dei colleghi.
La Pittia ha concluso invitando gli studenti a prendere coscienza di una professione che ancora oggi è troppo poco riconosciuta e poco valorizzata.
Antonio Gaspari, già direttore del Master in Scienze Ambientale all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e all’Università Europea di Roma, ha ricordato che le buone intenzioni del concetto di sviluppo sostenibile, furono rovinate dalla visione neomalthusiana del gruppo che elaborò il rapporto Brundtland.
Infatti, secondo la mentalità dominante di quegli anni, per garantire la sostenibilità bisognava limitare la crescita demografica e rallentare o fermare lo sviluppo, soprattutto dei Paesi più poveri.
Come prima condizione per ottenere la garanzia di sostenibilità, la commissione Brundtland chiese la limitazione delle nascite e politiche di contraccezione abortiva, sterilizzazione e libera interruzione di gravidanza.
La Commissione Brundtland si muoveva all’interno di un paradigma malthusiano, e quindi considerava ogni tipo di sviluppo demografico, economico, infrastrutturale,ecc come altamente inquinante e quindi non “sostenibile”.
Inoltre aveva una concezione fissa delle risorse, per cui vedeva nel consumo delle materie prime, il più grande limite allo sviluppo.
Tutto è cambiato al Vertice mondiale dello sviluppo sostenibile che si tenne nel 2002 a Johannesburg, in Sudafrica quando si è tornati al concetto originario di “sviluppo durevole”, cioè allo sviluppo si è ridato un valore positivo per la qualità della vita ma anche per l’ambiente, considerando che l’innovazione riesce a moltiplicare la produzione riducendo i consumi e l’impatto ambientale.
Inoltre è stato rimesso al centro della riflessione la capacità dell’uomo di scoprire e ridefinire nuove risorse.
In questo contesto l’umanità è stata indicata come la principale risorsa del pianeta. Gli economisti hanno indicato il capitale umano ed il capitale sociale come le condizioni uniche e fondamentali per favorire lo sviluppo.
Così invece di spendere ingenti somme per il controllo demografico, tasse ecologiche e burocrazia verde, i paesi in via di Sviluppo sostenuti dalla Santa Sede e diversi Paesi industrializzati hanno chiesto e ottenuto di spostare gli investimenti sullo sviluppo umano, certi che il vero sviluppo garantisce anche un minor impatto ambientale, meno consumi di energia e di materie prime e un armonia maggiore tra attività umane e ambiente naturale.
Ha concluso l’incontro il prof. Luigi Lo Sterzo, docente di chimica nella facoltà di Agraria dell’università di Teramo, il quale venendo da una esperienza di ricerca sui meccanismi di reazione dei polimeri conduttori, non capiva bene come interagire con una facoltà dove si studiano gli alimenti.
Poi ha scoperto l’importanza non solo organica degli alimenti e gli si è aperto un mondo.
Raccontando della Colletta alimentare, il prof. Lo Sterzo ha riproposto la sfida di allargare lo sguardo e l’intelligenza al mondo intero con lo spirito di chi dona con amore.
“Se faremo così – ha sostenuto – non saremo diventati solo dei buoni tecnici ma uomini e donne capaci di affrontare amorevolmente la realtà, ricordando che ‘non di solo pane vive l’uomo’”.