Santa Teresa del Bambino Gesù: una sua reliquia a Roma

Custodito in una chiesa dedicata alla santa francese il velo da lei indossato quando incontrò Leone XIII e gli chiese di intervenire per farla entrare in monastero prima dell’età prevista

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Tra i tanti fedeli francesi che nell’autunno 1887 prendono parte a un pellegrinaggio per i cinquant’anni di sacerdozio di papa Leone XIII, c’è una quattordicenne dagli occhi vispi che celano idee chiare sulla sua vocazione. Si tratta di Teresa Martin, originaria del paese normanno di Alençon e appartenente a una famiglia numerosa radicata su solidi principi cattolici.

È proprio insieme ai suoi familiari che la giovane Teresa si unisce a questo copioso drappello guidato dal vescovo di Coutances e desideroso di recarsi a Roma e ricevere la benedizione del Santo Padre. L’appuntamento per gli oltre duecento partecipanti provenienti da ogni angolo di Francia è a Parigi, dove la famiglia Martin si reca con un giorno d’anticipo per visitare la capitale.

La chiesa di Nostra Signora delle Vittorie, dove la famiglia decide di partecipare a una Messa, rappresenta per Teresa l’ultima tappa di un suo personale viaggio spirituale che precede e dà impulso al viaggio fisico che di lì a poco la condurrà verso la Città Santa. La giovane si ferma dinanzi alla statua di Maria e le affida il pellegrinaggio e la sua vocazione, conservando in cuor suo i momenti di raccoglimento ai piedi di quella stessa Vergine che quattro anni prima – come racconterà Teresa nelle sue meditazioni – l’aveva guarita da una grave malattia.

Il treno speciale che parte da Parigi attraversa la Francia, passa per la Svizzera e scende lungo lo stivale italiano regalando allo sguardo curioso di Teresa scenari meravigliosi. Scriverà nel suo celebre diario Storia di un’anima: “Mi dicevo: più tardi, nell’ora della prova, quando prigioniera al Carmelo non potrò contemplare che una piccola porzione di cielo, mi ricorderò di ciò che sto vedendo oggi”.

Teresa sa già che il suo destino è intrecciato al Carmelo di Lisieux, laddove anni prima è già entrata la sua amata sorella Pauline. Ma in Teresa arde la volontà affinché questo destino si compia al più presto, persino prematuramente rispetto all’età consentita per potersi fare suora. È proprio per questo che si sta recando a Roma: con un’ingenua baldanza tipicamente giovanile ella è convinta di poter avvicinare il Papa e chiedere personalmente al Vicario di Cristo in terra di intervenire in suo favore per consentirle di entrare in monastero con anticipo rispetto ai tempi canonici.

Visitare Roma dopo aver fatto tappa in altre città italiane gravide di testimonianza e bellezza cristiana come Milano, Venezia, Padova, Bologna e Loreto rappresenta però per Teresa anche altro. “Ah, che viaggio! Mi ha istruita di più da solo, che non i lunghi anni di studio”, confiderà Teresa anni dopo. E aggiungerà inoltre: “Ho visto delle cose bellissime, ho contemplato le meraviglie dell’arte e della religione, soprattutto ho camminato sulla terra stessa degli apostoli, la terra pervasa dal sangue dei martiri, e l’anima mia si è dilatata a contatto con le cose sante”.

Il 20 novembre 1887, domenica, il folto gruppo di pellegrini francesi si reca a San Pietro, ricevuto in udienza da Leone XIII. L’audacia di Teresa è premiata: nonostante il divieto di parlare in presenza del Pontefice imposto dal vescovo che accompagna i fedeli, la giovane con uno scatto si inginocchia davanti al Papa e lo implora di concederle l’ingresso in monastero. Leone XIII la ascolta attentamente e le risponde che se la sua entrata in monastero è scritta nella volontà di Dio, questo desiderio si adempirà. Dopo di che, Teresa viene braccata da due guardie pontificie e allontanata.

Epilogo che può far pensare a un fiasco, se non fosse che di lì a poco succede qualcosa. Sulla via del ritorno – costellata di soste altrettanto meravigliose di quelle dell’andata come Napoli, Pompei, Assisi, Firenze, Pisa e Genova – il vescovo della sua diocesi cambia opinione e concede l’agognato permesso a Teresa. Le sagge parole del Papa trovano così compimento il 9 aprile 1888, quando la giovane di Alençon, poco più che quindicenne, entra in monastero assumendo il nome di Teresa del Bambino Gesù, aggiungendovi in seguito “del Volto Santo”.

Saggezza, quella di Leone XIII, che troverà riscontro nella “via di infanzia spirituale” che farà di Teresa del Bambino Gesù “la più grande santa dei tempi moderni”, per usare una definizione che le assegna Pio X, successore di Leone XIII, prima ancora che ella venga beatificata. A farlo sarà Pio XI nel 1923, lo stesso Papa che due anni più tardi la canonizzerà. Il 19 ottobre 1997 verrà riconosciuta da Giovanni Paolo II Dottore della Chiesa, la terza donna dopo Teresa d’Avila e Caterina da Siena a ricevere questo titolo.

Il culto di Santa Teresina, co-patrona di Francia insieme a Giovanna d’Arco e patrona dei missionari, è oggi assai popolare e diffuso in tutto il mondo. Le radici della sua vita religiosa affondano a Roma, e proprio a Roma c’è ancora oggi una traccia fisica di quel provvidenziale pellegrinaggio che la Santa fece nel 1887. Si trova nella chiesa a lei dedicata, Santa Teresa di Gesù Bambino in Panfilo, situata nel signorile quartiere Pinciano. È il velo indossato durante l’udienza da Leone XIII, un velo nero con merletti a punto, lavorazione tipica di  Alençon. Donata ai confratelli carmelitani scalzi di Santa Teresa a cui la chiesa è affidata, la reliquia è custodita all’interno di una teca in vetro che si può ammirare in una cappella alla sinistra dell’abside.

Domani, 1° ottobre, ricorre la memoria liturgica della celebre santa normanna. Questa piccola chiesa, la quale non è più parrocchia dal 2011, tornerà come ogni anno a gremirsi di devoti a Santa Teresina. In tanti si alterneranno in ginocchio dinanzi alla preziosa reliquia, un modo per manifestare la loro devozione. Un modo condiviso dalla stessa Teresa, la quale racconta in Storia di un’anima dello stupore provato, nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, dinanzi al frammento della Croce e dell’audacia che ebbe quando insinuò il suo mignolo per toccare “il chiodo che fu bagnato dal sangue di Gesù”.

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Federico Cenci

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