La prima idea era stata quella di dedicare a questo argomento la Lettera pastorale, fin da quando avevo appreso che la Conferenza Episcopale Italiana avrebbe focalizzato su «Cristo Gesù per un nuovo umanesimo» il prossimo convegno a Firenze nel 2015. Poi, avendo fatto leggere le bozze della Lettera, com’è mio costume, ad alcune persone, ho seguito il loro suggerimento di farne un saggio. E allora, con queste pagine intendo proporre, in stile colloquiale, delle vere e proprie tappe di avvicinamento all’humanum, da riscoprire e rilanciare nell’impegno sociale ed ecclesiale,a partire da una profondare visione del modo di essere e di fare della comunità cristiana. In questo senso l’humanum mi sta a cuore. Un’espressione – l’umano– in qualche modo più avanzata rispetto a quelle, maggiormente diffuse, di«umanesimo cristiano»e di «nuovo umanesimo».
Quest’appello all’umano chiama in causa valori, grazie ai quali e per i quali l’essere umano formula le sue rivendicazioni,affronta le sue preoccupazioni,vive le sue speranze.
Ci si chiede, pertanto, di sottolineare particolarmente la storicità dell’humanum.
A questo scopo occorre compiere, con ponderazione,dei passaggi culturali e pastorali, che mi piace sintetizzare come segue: l’importanza umanizzante del riscoprirsi come bambini,del rinascere daccapo, del nuovo inizio,della ricreazione a partire«dall’alto», per poter esser capaci del regno,cioè di Dio stesso; la rilevanza della scoperta del «genio femminile», inteso come dimensione storica dell’humanum, ancora inesplorata e misconosciuta e, pertanto, sottovalutata nelle sue effettive risorse ed energie umanizzanti; il valore dell’esperienza familiare, intesa come luogo di uno sviluppo complesso e completo dell’humanum, in cui l’uomo nuovo emerge arricchito dalle dimensioni «fanciullesca» e «femminile», integrate tramite la radicalità dell’amore tra un uomo e una donna – con le dimensioni fraterna, paterna, maschile e virile dell’humanum stesso.
Con la pazienza dell’artigiano e con il cuore del peccatore pentito, articolerò la mia proposta di riflessione in cinque capitoli e una conclusione. Sono tappe altrettanto essenziali di un possibile percorso esistenziale,anzi di una corsa verso Gesù Cristo, visto come uomo nuovo della novità cristiana.
Fasi che vogliono, perciò, meditare su alcuni importanti aspetti dell’esigenza di nuova umanizzazione e di umanesimo integrale, con particolare attenzione alla novità che è Gesù Cristo (primo capitolo),il quale chiama ognuno di noi alla novità della vita santa e alla scoperta rinnovata dell’humanum nel suo messaggio e nel suo agire, come si può ricavare lasciandosi illuminare dalla sacre Scritture (secondo capitolo).
Ciò comporta quasi un dover rinascere – ecco il primo dei nodi di cui dicevo – diventando come bambini, acquisendo cioè lo sguardo e il volto del bambino, come suggerisce il Maestro di Nazaret, il quale ci giudicherà proprio su quanto avremo fatto,o non fatto, a «questi miei fratelli più piccoli»: così ci ricorda Mt25,40, nella famosa pericope del giudizio finale.
In questa luce (terzo capitolo) si può acquisire uno sguardo idoneo a rinnovare alcune particolari condizioni umane della nostra era di globalizzazione e di pluralismo nella quale molti attendono ancora la piena liberazione (quarto capitolo che insisterà su una rinnovata visione della donna nella società e nella Chiesa), oppure sono chiamati ad adeguare ai nuovi tempi il loro senso, la loro identità «naturale»e il loro vivere in coppia (quinto capitolo,dedicato alla declinazione bisessuata dell’essere umano e alla vocazione naturale alla famiglia fondata sul matrimonio) .
Anche attraverso questi sentieri potrebbe passare l’esigenza di riscoprire un nuovo protagonismo del cristiano nella vita sociale e politica, per l’edificazione del mondo nuovo, che tutti auspichiamo,soprattutto sul piano sociale ed economico (tema che sarà ripreso nella conclusione).
Il testo, intende proporsi anche come un dono particolare ai consacrati in prossimità dello speciale Anno, che papa Francesco ha voluto indire per la vita consacrata. Dalle persone di vita consacrata dovrebbe emergere oggi un forte appello all’umanizzazione dell’esistenza, realizzato coi fatti dell’esercizio quotidiano delle virtù, particolarmente della castità, della povertà e dell’obbedienza, con una testimonianza di vita vissuta coerente e convinta.
La mia appartenenza alla Congregazione dei Missionari Servi dei Poveri Boccone del Povero, mi ricorda a ogni attimo che una vita consacrata,se ripensata alla luce dell’humanum, piuttosto che uno speciale andare incontro a Gesù Cristo, non è altro che un gratuito venire del Signore, portato da Maria e Giuseppe, verso di noi, chiamati a essere i portabandiera del mondo che sta pervenire, in cui non ci saranno più padroni e sudditi (obbedienza), possidenti e nullatenenti (povertà), uomo e donna(castità).
Noi consacrati, in mezzo agli altri cristiani e persone di buona volontà che –come Diogene–cercano l’uomo, non dobbiamo far altro che incoraggiarci nel gareggiare per andare tutti verso di Lui, guidati dall’azione dello Spirito Santo. Il nostro è un andare verso il suo accadere attuale, nella Parola, nei sacramenti e, soprattutto verso il povero, considerato dal beato Giacomo Cusmano, Fondatore della mia Congregazione, che io considero Doctor caritatis,quasi un altro sacramento.
Al centro di ogni interesse e desiderio,di ogni proposito e azione che guarda storicamente a quanto di umano può essere espresso negli ambiti della famiglia, della cultura,dell’economia,della politica, della convivenza sociale, della custodia del creato, della pace…c’è sempre Gesù, che noi crediamo il Cristo. Egli muove tutto. Egli ci attira anche alla Chiesa, dove possiamo incontrarlo, riconoscerlo, accoglierlo.
Del resto,il consacrato non può che avere – come suggerisce papa Francesco – un cuore spogliato di ogni interesse mondano, lontano dalla vanità e dalla discordia; un cuore accogliente, capace di sentire con gli altri e anche di considerarli più degni di se stessi9.
Questo diviene per me e spero anche per voi, lettrici e lettori,ulteriore esigenza di rinnovamento etico (individuale e comunitario). Per me, Vescovo, chiamato come uno sposo a essere interamente dedito alla comunità,che amo intensamente nel suo insieme, attraverso le persone della diocesi di Catanzaro-Squillace, l’obiettivo è quello di una riflessione ad alta voce, fiducioso di trovare in chi legge un attento compagno di viaggio.
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