Gli ebrei vicini ai cristiani d'Oriente

Il gran rabbino di Francia, Haïm Korsia: “I cristiani tacciati di infamia, come i nostri genitori con la stella gialla. Speriamo in una reazione più pronta di quella della Shoah”

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Gli ebrei vivono con preoccupazione per la sorte delle “minoranze perseguitate d’Oriente”. Lo ha detto il gran rabbino di Francia, Haïm Korsia, in occasione di una cerimonia in memoria dei martiri della deportazione, svoltasi domenica scorsa a Parigi nella grande sinagoga della Victoire.

Durante il suo intervento – ripreso da L’Osservatore Romano – il rabbino ha esortato i numerosi presenti a reagire più “prontamente” rispetto a quanto è stato fatto in passato durante la Shoa. “L’attuale situazione delle minoranze religiose nel mondo, soprattutto in Oriente – ha dichiarato – purtroppo viene sottolineata da questa commemorazione”.

In particolare, Korsia ha fatto riferimento alle migliaia di “cristiani tacciati di infamia, come i nostri genitori lo furono con la stella gialla. Centinaia di yazidi sepolti vivi e le donne vendute come schiavi. Il carattere arabo noun è utilizzato dagli islamisti in Iraq per fare riferimento alle case cristiane (N come Nazareni)”. “Il dolore della Shoah – ha aggiunto – insieme a secoli di massacri e persecuzioni hanno forgiato nell’ebraismo un amore per l’umanità. Ebbene sì, la barbarie ci tocca. Come francese e come ebreo ci colpisce due volte”.

Il gran rabbino di Francia ha quindi espresso il desiderio di una “reazione più rapida ed efficace delle nazioni d’Europa, della Francia, del nostro mondo attaccato alle sue radici”, una reazione “più pronta” rispetto a quella che prevalse durante la Shoa. “Speriamo – ha detto – di non arrivare troppo tardi. Se c’è una cosa che la Shoa ci ha insegnato è che il male esiste, che è umano, non banale, e spetta all’uomo, solo all’uomo con la sua fede e la speranza, combatterlo”.

“L’antisemitismo – ha concluso Korsia – non riguarda soltanto la comunità ebraica, la lotta contro l’antisemitismo e il razzismo dovrebbero riguardare tutti. È l’intera società che deve mobilitarsi e alzarsi come un sol uomo, per permettere a ognuno di essere e di vivere ciò che è, per reinventare la convivenza e il nostro destino nazionale comune”.

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ZENIT Staff

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