La Resurrezione è il vero compimento della vita cristiana, eppure si tratta di un concetto mai scontato, né facile da accettare. Lo testimoniano anche le prediche di San Paolo, impegnato in una “correzione difficile” su questo tema con i Corinzi (1Cor 15,12-68).
Durante l’omelia di stamattina a Santa Marta, meditando sul fondamentale passaggio dell’epistola paolina, papa Francesco ha spiegato il reale oggetto della controversia: i Corinzi credevano, sì, nella Resurrezione di Cristo ma nutrivano dubbi sulla loro stessa resurrezione: “Loro – ha detto Francesco – pensavano in un altro modo: sì, i morti sono giustificati, non andranno all’inferno – molto bello! – ma andranno un po’ nel cosmo, nell’aria, lì, l’anima davanti a Dio, l’anima soltanto”.
Anche San Pietro e Santa Maria Maddalena provarono i loro dubbi; Pietro, in particolare, pensò che il corpo del Maestro fosse stato “rubato” dal Sepolcro. Alla fine vi credono, perché il Risorto si presenta ai loro occhi.
La Resurrezione, tuttavia, è uno “scandalo” in particolare per i saggi e i filosofi ateniesi, anch’essi interlocutori di Paolo. “C’è la resistenza alla trasformazione, la resistenza a che l’opera dello Spirito che abbiamo ricevuto nel Battesimo ci trasformi fino alla fine, alla Resurrezione”, ha osservato il Papa.
Parlando di questi temi, anche noi contemporanei siamo soliti dire: “Io voglio andare in Cielo, non voglio andare all’Inferno”. Ben più difficile, è dire: “Io resusciterò come Cristo”. Quest’ultimo concetto, ha sottolineato il Pontefice, è più difficile da capire, mentre è più facile pensare a un “panteismo cosmico”.
Con la Resurrezione, ha proseguito, “il nostro corpo sarà trasformato”, tuttavia la “resistenza alla trasformazione del nostro corpo”, richiama una “resistenza all’identità cristiana”. Questa paura è addirittura superiore a quella “dell’Apocalisse del Maligno, dell’Anticristo […], della voce dell’Arcangelo o del suono della tromba”. La Resurrezione, con la relativa trasformazione dei nostri corpi, “sarà la fine del nostro percorso cristiano”.
La tentazione di non credere alla Resurrezione dei morti, ha proseguito il Papa, risale ai “primi giorni della Chiesa” ed è lo stesso Paolo che, nell’intento di consolare e incoraggiare i Tessalonicesi, dice loro: “Alla fine, saremo con Lui” (cfr. Ts 1,14).
La Resurrezione, infatti, significa proprio “stare con il Signore […] con il nostro corpo e con la nostra anima”: essa inizia proprio quando “camminiamo con il Signore”. Abituandoci a stare con Lui, “questa paura della trasformazione del nostro corpo si allontana”, ha sottolineato Francesco.
Il momento della Resurrezione “sarà come un risveglio”, in cui vedremo il Signore “non spiritualmente” ma ognuno con il proprio “corpo” e con i propri “occhi trasformati”.
Da parte sua, l’“identità cristiana” non si compie con un “trionfo temporale”, né con una “bella missione” ma “con la Resurrezione dei nostri corpi”.
Il momento conclusivo sarà il nostro “saziarci dell’immagine del Signore”, la realizzazione della nostra chiamata a stare con Lui, “alla fine, dopo la voce dell’Arcangelo, dopo il suono della tromba”, ha quindi concluso papa Francesco.