Le parole di Papa Francesco sulla famiglia e sui giovani, espresse nell’udienza di apertura del Convegno diocesano in Aula Paolo VI, lo scorso 16 giugno, hanno trovato ampio spazio oggi nella relazione del cardinale vicario Agostino Vallini.
Presentato nella cattedrale di San Giovanni in Laterano questa mattina al clero e in serata a catechisti e collaboratori pastorali, l’intervento del porporato costituisce l’atto conclusivo dell’appuntamento, quest’anno dedicato al tema «Un popolo che genera i suoi figli. Comunità e famiglia nelle grandi tappe dell’iniziazione cristiana».
Proprio di famiglia ha parlato il cardinale vicario, sottolineando il fatto che essa sia oggi “il problema dei problemi pastorali” e rimarcando la “sfida ineludibile” del coinvolgimento dei genitori in ogni fase dell’iniziazione cristiana. La riflessione del poporato si è poi incentrata sulla necessità di un rapporto diretto tra parrocchia e famiglia nell’opera pastorale: un “cantiere aperto” questo, a cui tutti – ha detto – sono chiamati a contribuire.“Da alcuni anni ci stiamo impegnando a portare avanti un processo di ‘aggiornamento’ della pastorale ordinaria”, ha poi affermato il porporato, ripercorrendo il lavoro svolto negli ultimi tre anni finalizzato a capire proprio “come generare alla fede attraverso l’iniziazione cristiana”.
Ha ricordato quindi il convegno pastorale del 2011, durante il quale “è stato chiarito il concetto di iniziazione cristiana”, ovvero il “cammino progressivo nella vita di fede che impegna dalla nascita all’adolescenza, attraverso le tappe del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia”. Poi i convegni del 2012 e 2013 in cui si era discusso l’itinerario del Battesimo dei bambini, nel quale “è decisivo coinvolgere i genitori e accompagnarli ad accogliere anzitutto per loro stessi la bellezza della fede da trasmettere ai figli”.
Infine il convegno di quest’anno che – ha osservato il cardinale – “ha inteso fare un ulteriore passo avanti, affrontando le tappe dell’ammissione alla Mensa eucaristica e della Confermazione”. Durante i 44 laboratori e gruppi di riflessione sono state evidenziate infatti alcune questioni pratiche, come l’età di ammissione alla cresima e la preparazione ai sacramenti presso le scuole cattoliche. Argomenti che – ha annunciato Vallini – saranno prossimamente affrontati dal consiglio dei parroci prefetti.
Ma dal Convegno di quest’anno ciò che è emerso maggiormente è quel “grido di dolore” che arriva dalle comunità parrocchiali per il consueto abbandono della pratica religiosa da parte di tanti giovani che hanno da poco ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana. È questo un vero “punto critico”, secondo il cardinale. Non a caso Papa Francesco, il 16 giugno, aveva detto che i giovani di oggi sono “orfani di una strada sicura da percorrere, di un maestro di cui fidarsi, di ideali che riscaldino il cuore, di speranze che sostengano la fatica del vivere quotidiano”.
È necessaria pertanto una decisa svolta pastorale. “Dobbiamo renderci conto – ha esortato Vallini – che i cambiamenti epocali che attraversiamo (globalizzazione, rivoluzione tecnologica, pluralismo etico e religioso, cultura dello scarto, crisi della famiglia) ci chiedono il coraggio di ripensare il modo di essere apostoli e di mostrare a tanti battezzati timidi, denutriti e confusi, che pure si dichiarano cristiani, l’attrazione della fede e il volto bello di comunità gioiose e motivate”.
Si rende urgente un rinnovato “respiro profetico” che mostri “una Chiesa viva, intra-prendente, ‘in uscita’, che sappia anche rischiare per seminare la gioia in un mondo triste e indifferente”. Allo stesso tempo, ha aggiunto il cardinale, occorre “un cambiamento di mentalità, in un periodo storico in cui non possiamo più fare affidamento né su una rilevanza sociale della fede, né su un tessuto familiare cristiano diffuso”.
Di fatto, per molti bambini e ragazzi “il legame con il vissuto religioso o non c’è, oppure è occasionale e molto sottile”. Quasi, ha osservato il porporato, si potrebbe paragonare “a una lingua straniera della quale si conoscono solo alcune parole o addirittura è del tutto sconosciuta”. Una pastorale “limitata alla preparazione dei sacramenti, ricevuti per tradizione” è dunque insufficiente per la formazione alla vita cristiana.
E non è sufficiente neppure l’iniziazione cristiana che, seppur insita “dentro il cammino di vita cristiana”, ne è solo “l’inizio, ma non è esaustiva”. In altre parole, “non possiamo pretendere tutto dall’iniziazione cristiana, che deve introdurre alla vita credente, è nel cuore dell’azione evangelizzatrice della Chiesa, ma non si identifica con essa”, ha rimarcato il cardinale Vallini.
È compito della comunità parrocchiale invece saper far crescere e nutrire questa vita in Cristo. Essa è “chiamata a essere madre”, a mostrarsi sempre “accogliente, compassionevole, paziente”. “Generare alla fede vuol dire annunziare che non siamo orfani, nonostante folle di solitudini e una società di spettatori impauriti”, ha detto il vicario di Roma. Spesso, invece, tanti battezzati – “forse principalmente per loro responsabilità” – non sentono la comunità come madre, anzi “la sentono lontana, estranea, come una specie di supermercato religioso, a cui si va quando se ne ha bisogno”.
Davanti a ciò, bisogna che ci adoperiamo “con tutte le forze” affinché “le comunità parrocchiali respirino questo clima materno e lo manifestino a tutti” e la parrocchia non si limiti ad essere “un contenitore di tante attività”, bensì “la casa dove i ragazzi sono i figli di famiglia in grado di vivere, a loro misura, la fede e di essere anche piccoli evangelizzatori dei loro genitori e degli altri adulti”.
In tal contesto un ruolo cruciale è quello della famiglia: “Il servizio ai ragazzi senza quello alle famiglie non porta lontano”, ha concluso Vallini, “la sua fede o la lontananza da essa, la sua capacità educativa o il disinteresse, condiziona tutto. Se la famiglia c’è o non c’è, tutto cambia”.