“L’approvazione da parte della Giunta regionale del Lazio della delibera che definisce le regole per gli interventi di fecondazione artificiale non può in alcun modo colmare il vulnus normativo causato dal susseguirsi di sentenze in materia e potrebbe invece rappresentare l’ennesimo duro colpo al già dissestato servizio sanitario regionale”. Lo afferma Olimpia Tarzia, presidente del Movimento PER Politica Etica Responsabilità e vicepresidente della commissione Cultura della Regione Lazio.
“A parte il fatto che con i suoi 10 miliardi di euro di debiti, il servizio sanitario della regione Lazio non sarebbe mai in grado di sostenere il gravame economico relativo alle prestazioni di fecondazione artificiale, esiste un dato fondamentale: il sistema sanitario si fa carico economicamente del diritto alla salute garantendo la cura, su di esso non possono gravare anche le spese della fecondazione artificiale che di fatto non cura”.
“La fecondazione artificiale infatti non può essere considerata una cura e dunque in quanto tale soggetta a ticket, poiché essa rappresenta semplicemente un tentativo di bypassare la patologia della sterilità, non è una terapia che possa far guarire la paziente, poiché anche dopo la gravidanza ottenuta con le tecniche di fecondazione artificiale, la donna resta affetta dalla stessa patologia: la sterilità. Esiste il diritto alla salute – continua Tarzia – ma nessuna legge sancisce quello di avere un figlio a tutti i costi, che rimane sempre un legittimo desiderio, ma non un diritto”.
“Questa ingiustificata accelerazione di alcune regioni sull’eterologa, eticamente inaccettabile tanto quanto l’omologa, in quanto entrambe comportano la perdita di vite umane, è di limitatissimo interesse pubblico e sa molto di demagogico: di fatto il pubblico non sarà mai in grado di effettuare l’eterologa, primo perché il sistema sanitario nazionale è già al collasso, secondo perché non esiste un registro dei cosiddetti ‘donatori’,dunque si dovrà a ricorrere alle cliniche private – che da tempo chiedono l’eterologa – che attingono al mercato dei gameti all’estero”.
“Una compravendita, un business con cifre da far girar la testa. Speculando sulla sofferenza delle coppie, alle quali rigore scientifico richiederebbe di renderle edotte sulle reali possibilità di avere un bambino: anche con le tecniche più avanzate di fecondazione artificiale, anche dopo 6 o 7 tentativi, che ricordo comportano anche seri rischi per la salute della donna indotti dall’iperstimolazione ovarica, le coppie hanno una percentuale molto bassa di bambini nati, pari al 12,8%. L’80% di embrioni ‘prodotti’ (fratelli e sorelle di quelli nati) muore nei diversi passaggi insiti nelle tecniche, sia omologa che eterologa”.
“Mi auguro che il Presidente Zingaretti – conclude Tarzia – non voglia alimentare speranze infondate e decida invece di utilizzare le già esigue risorse della sanità regionale per la ricerca di prevenzione e cura (cosa in molti casi possibile) dell’infertilità e della sterilità e magari affrontare seriamente e porre rimedio all’estenuante, infinita trafila che deve sopportare una coppia nel cammino dell’adozione”.