All'esegeta serve la fede, non solo la competenza accademica

Il Papa incontra l’Associazione Biblica Italiana, al termine della 43° Settimana Biblica Nazionale, e ricorda i suggerimenti di Giovanni Paolo II per una vera esegesi cattolica

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Competenza e docilità allo Spirito Santo, sono questi i due requisiti per un vero esegeta cattolico secondo Papa Francesco. Il Pontefice lo ha ricordato questa mattina durante l’udienza nella Sala Clementina, in Vaticano, con i membri dell’Associazione Biblica Italiana al termine della 43° Settimana Biblica Nazionale.

Un appuntamento che inaugura le celebrazioni per il 50° anniversario della Costituzione Dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Divina Rivelazione “Dei Verbum” che, promulgata il 18 novembre 1965, fornì ai fedeli delle notevoli aperture circa “l’abbondanza e la facilità di accesso alla Sacra Scrittura”. 

Aperture per cui – dice Francesco – “dobbiamo essere grati”, perché “il cristiano ne ha bisogno oggi più che mai, sollecitato com’è da contrastanti provocazioni culturali”. La fede, infatti, – sottolinea il Santo Padre – “per risplendere, per non essere soffocata, dev’essere nutrita costantemente dalla Parola di Dio”.

In tal senso, è lodevole il lavoro svolto dall’Associazione Biblica italiana, osserva il Pontefice, che approfitta dell’occasione anche per ribadire l’importanza dell’esegesi biblica per il Popolo di Dio. Il pensiero va dunque a quanto affermato dalla Pontificia Commissione Biblica ne L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, del 1993: “L’esegesi biblica adempie, nella Chiesa e nel mondo, un compito indispensabile. Voler fare a meno di essa per comprendere la Bibbia sarebbe un’illusione e dimostrerebbe una mancanza di rispetto per la Scrittura ispirata […] Per parlare agli uomini e alle donne, fin dal tempo dell’Antico Testamento, Dio ha sfruttato tutte le possibilità del linguaggio umano, ma nello stesso tempo ha dovuto sottomettere la sua Parola a tutti i condizionamenti di questo linguaggio”.

“Il vero rispetto per la Scrittura ispirata – cita ancora Bergoglio – esige che si compiano tutti gli sforzi necessari perché si possa cogliere bene il suo significato. Certo, non è possibile che ogni cristiano faccia personalmente le ricerche di ogni tipo che consentano di meglio comprendere i testi biblici. Questo compito è affidato agli esegeti, responsabili, in questo settore, del bene di tutti”.

Nella memoria del Pontefice argentino riaffiora pure il discorso che Giovanni Paolo II rivolse ai membri della Pontificia Commissione Biblica, nell’udienza per la presentazione del Documento appena citato. In quell’occasione, il Papa polacco sottolineò che “per rispettare la coerenza della fede della Chiesa e dell’ispirazione della Scrittura, l’esegesi cattolica deve essere attenta a non attenersi agli aspetti umani dei testi biblici”.

Occorre pertanto che essa – disse Wojtyla – “aiuti il popolo cristiano a percepire in modo più nitido la parola di Dio in questi testi, in modo da accoglierla meglio, per vivere pienamente in comunione con Dio”. A tale scopo è necessario, secondo Francesco, che “lo stesso esegeta sappia percepire nei testi la Parola divina”. Ciò è possibile “solo se la sua vita spirituale è fervida, ricca di dialogo con il Signore; altrimenti la ricerca esegetica resta incompleta, perde di vista il suo obiettivo principale”.

Il Papa fa quindi proprie le righe conclusive del Documento, in particolare “un’espressione molto efficace”: “L’esegesi cattolica non ha il diritto di somigliare a un corso d’acqua che si perde nelle sabbie di un’analisi ipercritica”. In altre parole, oltre alla competenza accademica, all’esegeta cattolico è richiesta “anche e soprattutto la fede, ricevuta e condivisa con tutto il popolo credente, che nella sua totalità non può sbagliare”.

Perché come ricordava sempre San Giovanni Paolo II, “per arrivare ad un’interpretazione pienamente valida delle parole ispirate dallo Spirito Santo, dobbiamo noi stessi essere guidati dallo Spirito Santo”. Per questo “bisogna pregare, pregare molto, chiedere nella preghiera la luce interiore dello Spirito e accogliere docilmente questa luce, chiedere l’amore, che solo rende capaci di comprendere il linguaggio di Dio, che è amore”.

Alla luce di tutto questo, il modello da seguire per l’esegeta è solo uno: la Vergine Maria, della quale san Luca riferisce che meditava nel suo cuore le parole e gli avvenimenti che riguardavano il suo Figlio Gesù. “La Madonna – conclude Papa Francesco – ci insegna ad accogliere pienamente la Parola di Dio, non solo attraverso la ricerca intellettuale, ma in tutta la nostra vita”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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