La dottrina della Chiesa non può essere ridotta ad una ideologia o ad una teoria astratta. È uno dei passaggi forti del discorso di Papa Francesco di stamane, durante l’udienza alla plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata dal prefetto mons. Gerhard L. Müller. Nel suo intervento, il Papa ha elogiato il lavoro del Dicastero che svolge il “delicato” compito di “prendersi cura dell’integrità della fede”. Ma soprattutto ha espresso un grazie di cuore per il forte impegno della Congregazione ad affrontare i “delitti più gravi”, specie “i casi di abusi sessuale” su minori:“Pensate al bene dei bambini e dei giovani, che nella comunità cristiana devono sempre essere protetti e sostenuti nella loro crescita umana e spirituale”, ha detto.
Ha quindi indicato, in tal senso, la possibilità di collegare il Dicastero alla specifica Commissione per la protezione dei fanciulli, recentemente istituita su sollecitazione del Consiglio degli otto cardinali, che – ha detto Francesco – “vorrei sia esemplare per tutti coloro che intendono promuovere il bene dei bambini”.
Un riferimento è andato anche al tema della Plenaria, incentrato sul rapporto tra fede e Sacramento del matrimonio: “Una riflessione di grande rilevanza” l’ha definita il Papa, che “si pone nella scia dell’invito che già Benedetto XVI aveva formulato circa la necessità di interrogarsi più a fondo sulla relazione tra fede personale e celebrazione del Sacramento del matrimonio, soprattutto nel mutato contesto culturale”.
Parlando di dottrina, il Pontefice ha ribadito l’esortazione a far prevelare sempre “i criteri della fede” “nelle parole e nella prassi della Chiesa”, perché “quando la fede brilla nella sua semplicità” – ha spiegato – anche “il vissuto ecclesiale diventa luogo in cui la vita di Dio emerge con tutto il suo fascino”. Pertanto, non bisogna lasciarsi sedurre dalla tentazione di “intendere la dottrina in un senso ideologico o di ridurla ad un insieme di teorie astratte e cristallizzate”. L’unico scopo della dottrina è infatti “servire la vita del Popolo di Dio” ed “assicurare alla nostra fede un fondamento certo”.
Infatti, ha avvertito Francesco, esiste un’altra grande tentazione che si presenta continuamente: “Appropriarci dei doni della salvezza che viene da Dio, per addomesticarli alle vedute e allo spirito del mondo”. Magari “anche con buona intenzione”. Alla luce di ciò, il lavoro affidato al Dicastero di cui Joseph Ratzinger fu Prefetto per 24 anni, diventa una vera missione che – ha sottolineato Bergoglio – deve essere svolta “sempre in collaborazione con i pastori locali e con le Commissioni dottrinali delle Conferenze episcopali”.
L’obiettivo è di “salvaguardare il diritto di tutto il Popolo di Dio a ricevere il deposito della fede nella sua purezza e nella sua integralità”. E per questo, è necessario cercare di tenere sempre presenti “anche le esigenze del dialogo costruttivo, rispettoso e paziente con gli Autori”. Perché – ha rimarcato il Santo Padre – “se la verità esige la fedeltà”, essa “cresce sempre nella carità e nell’aiuto fraterno per chi è chiamato a maturare o chiarire le proprie convinzioni”.
È ammirabile in tal senso il metodo di lavoro della Congregazione, il quale – ha affermato il Pontefice – “si distingue per la prassi della collegialità e del dialogo”, diventando specchio della Chiesa che è “luogo della comunione” e che chiama tutti “a coltivare e promuovere la comunione, ciascuno nella responsabilità che il Signore gli ha assegnato”. “Sono certo – ha concluso Bergoglio – che quanto più la collegialità sarà un tratto effettivo del nostro operare, tanto più risplenderà davanti al mondo la luce della nostra fede”. L’auspicio è quindi che “tutto il vostro servizio possa conservare sempre un profondo senso di gioia, la gioia della fede, che ha la sua fonte inesauribile nel Signore Gesù”.