L'arte povera sbarca ai Musei Vaticani

Intervista al cartapestaio pugliese Claudio Riso, le cui opere sono state regalate anche a Giovanni Paolo II

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Quando ha iniziato a dedicarsi alla cartapesta?

Claudio Riso: La cartapesta nasce intorno alla fine del ‘600. È approdata in diverse città italiane tra cui Venezia, dove continua la tradizione delle maschere, però è a Lecce che si è radicata ed è solo qui che si utilizza ancora per rappresentare scene di vita popolare o figure sacre.

Ho iniziato questo lavoro a quattordici anni, finita la scuola dell’obbligo, e lo svolgo quasi da trentatre. Quando l’ho scoperto mi sono reso conto che poteva dare tante soddisfazioni morali, gratificazioni professionali e anche che era un lavoro po’ particolare, innanzitutto non lo si poteva fare solo per denaro: chi lo fa per soldi smette dopo sei mesi.

Immagino che siano necessarie molta pazienza, cura dei dettagli…

Claudio Riso: Pazienza e pignoleria sono le doti fondamentali. Come in tutte le professioni, dipende dal livello che si vuole raggiungere. Se vuoi essere uno dei tanti, puoi farlo in maniera superficiale, ma se ci tieni ad arrivare a un certo livello, devi dare anima e corpo. Non si può lavorare pensando solo a finire al più presto, se diventa un peso, allora è meglio cambiare mestiere. Al contrario, nel momento in cui si arriva a pensare che è un dispiacere dover chiudere perché si è fatto tardi, allora forse è la strada giusta.

Come si realizza un’opera in cartapesta?

Claudio Riso: A Lecce siamo in nove a fare questo lavoro, e soltanto questo, sin da quando eravamo piccoli. Poi ci sono gli hobbisti che sperimentano, inventano, ma noi artigiani rimaniamo tutti legati alla tradizione, cioè modelliamo le statue di cartapesta come le si modellava nel Settecento Napoletano. In pratica si utilizza una struttura di ferro e paglia, poi vengono imbevuti dei fogli di carta provenienti da un’antica cartiera di Amalfi e infine un impasto di stracci e cartoni riciclati imbevuti di colla di farina cotta, ovvero la vecchia colla di amido. Prima non esistevano le colle chimiche, si utilizzavano esclusivamente colle a base di amido. Usiamo solo materiali naturali, a volte riciclati, e poveri: argilla, carta, fieno. Proprio per questo la cartapesta viene considerata arte povera.

Quali sono i tempi di realizzazione di una statua in cartapesta?

Claudio Riso: Dipende dalla praticità del cartapestaio. Dopo trentadue anni di lavoro, posso dire che il minimo è cinque ore. Poi, però, c’è il processo di produzione, che si svolge nell’arco di 20-25 giorni, perché bisogna rispettare i naturali tempi di asciugatura. In altri termini, se si inizia una statua a novembre, la si termina a fine dicembre.

A quali mostre partecipa?

Claudio Riso: Le seleziono perché di mostre ce ne sono tantissime in tutta Italia. Partecipo a eventi dove è garantita la qualità, come quelli promossi dal Consorzio Artigiani, dalla Camera di Commercio, da UnionCamere, comunque sempre a livello di Confartigianato, Comune, Provincia, Regione. 

Il Suo laboratorio si trova nel centro storico di Lecce. Ce lo può descrivere?

Claudio Riso: C’è una stanza adibita alla vendita, però si può anche accedere al laboratorio vero e proprio. Vi sono statue in cartapesta diverse  a seconda del periodo dell’anno, ad esempio, nel periodo natalizio c’è qualche Natività in più, mentre d’estate produco più pescatori, scene della pizzica. I soggetti sono sempre legati al territorio, alla vita popolare del Salento di 100-200 anni fa. Indossano abiti della tradizione e svolgono lavori tipici di questa zona, come il vinaio, cioè l’uomo che fa il vino.

Come sono le sue Natività e con che spirito le modella?

Claudio Riso: La Natività è un’iconografia che rappresento negli abiti classici della tradizione religiosa. Naturalmente, in tutte le opere c’è sempre un margine di creatività personale e di quella che chiamiamo “la mano dell’artigiano”, ovvero l’influenza del maestro da cui si è appreso il mestiere.

Rispetto a cinquant’anni fa, la Natività è diventata un soggetto d’arredamento che viene esposto tutto l’anno, quindi non è più vista come un’immagine prettamente legata al Natale e alla sacralità, ma rimanda, più in generale, al senso della famiglia.

Chi sono gli acquirenti?

Claudio Riso: La clientela è molto variegata perché l’opera in cartapesta viene utilizzata spesso come articolo da regalo da famiglie, aziende, professionisti, ma anche da enti pubblici, quando hanno ospiti importanti.

Alcune sue opere sono state regalate a Giovanni Paolo II e una di queste è stata esposta ai Musei Vaticani. Ci può raccontare com’è andata?

Claudio Riso: So con certezza che gli sono state regalate tre opere e una di queste è una Natività esposta per alcuni mesi ai Musei Vaticani, dove vengono messi in mostra, a rotazione, i doni di artigianato artistico fatti al Papa dalle delegazioni in visita. Non ho fatto in tempo a vedere la mia Natività in esposizione, però ne sono certo, perché molti miei clienti mi hanno detto di averla vista ai Musei Vaticani. Gli è stata regalata anche un’altra Natività, mentre quando è venuto a Lecce, nel negli anni ‘90, il Vescovo gli ha donato la statua di un pastore con una pecora.

Il Beato Giovanni Paolo II non è l’unico ad aver ricevuto un suo lavoro.

Claudio Riso: No, infatti. Nell’estate 2003 è stato regalato a Gorbaciov un vinaio, che è una figura popolare molto caratteristica del Salento. A Natale scorso una mia natività è stata donata al Cardinal Bagnasco, ma anche Papa Benedetto XVI dovrebbe aver ricevuto una mia opera. Non ne ho sempre la certezza perché a me commissionano il lavoro, però non tutti gli acquirenti mi dicono a chi è destinato, a volte lo vengo a sapere solo dopo.

Se le commissionassero un’opera per Papa Francesco cosa farebbe?

Claudio Riso: Farei un giocatore di calcio tutto vestito di bianco, perché lui è un grande tifoso di calcio, oppure un angelo bianco. Sì, penso un angelo.

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Laura Guadalupi

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