"Il Gesù Scartato", di Giordano Tantucci (Parte prima)

Un’immagine del Cristo in un libro con un messaggio semplice e profondo

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“Questa immagine di uomo, così eroicamente coerente, ci attrae e ci scandalizza contemporaneamente. Egli viene a scuotere la nostra coscienza, sopita e apparentemente soddisfatta della verità propinataci dalla cultura del consumismo e dell’edonismo. Egli viene a provocare la nostra coscienza che, di fronte alle innumerevoli trasgressioni morali, si sente tranquillizzata dall’idea di “normalità”, in nome dell’emancipazione, della modernità, del progresso”. E’ questa l’essenza che l’autore esprime nello spiegare il titolo del suo lavoro sulla figura di Gesù. Sulla figura del Salvatore è stato detto tutto e il contrario di tutto. Non esiste una figura terrena più dibattuta e il trattamento che l’uomo gli ha riservato durante la sua ‘permanenza terrena’ è soltanto l’introduzione di quanto avrebbero espresso sul suo conto in duemila anni di storia.

La vita umana di Gesù viene interpretata come il rifiuto da parte dell’uomo a considerare come verità l’esistenza del Cristo e della Sua parola, scartando sia l’uno che l’altra per cecità ossessiva. Nella Sua vita Gesù ha sopportato (con la consapevolezza di volerlo e doverlo fare) tutto il peso della croce, l’essenza divina della sua venuta sulla terra. E’ mediante la crocifissione infatti che si materializza quel rifiuto dell’uomo ostentato durante la presenza di Gesù sulla terra, perché soltantola Suaeliminazione fisica ha permesso al rifiuto di lasciare il campo alla fede, il mezzo con cui viene sublimatala Suaimmagine.

Il significato è ancora più profondo se ci soffermiamo a riflettere sul fatto che l’uccisione di Gesù sia stato soltanto l’ultimo (e il definitivo) atto della volontà da parte dell’uomo di volerlo ‘scartare’. Egli ha portato sulle spalle un fardello (la Suacroce) in silenzio, senza clamore, con una sofferenza talmente interiore da non essere visibile e condivisibile. Si scarta ciò che ci fa paura o quello che si ritiene non ci serva, salvo poi cercarla ossessivamente in caso di bisogno.

La questione del rifiuto è spesso motivata dalle paure più profonde dell’uomo. Seppur vicini a lui, gli Apostoli non furono in grado di cogliere la piena essenza del Cristo, quanto da Lui vissuto in termini ‘di Croce’, così come il Padre aveva stabilito per Lui. Gesù, dunque, vissela Suacroce nella più completa solitudine interiore, un sottofondo che lo ha accompagnato durante tutta la sua esistenza terrena, culminato con l’abbandono dell’Orto degli Ulivi detto Getsemani. Uno scarto morale ed emotivo che risuona da secoli nelle orecchie di chi è andato oltre ad un semplice evento storico. Seppur uomo ‘fisico’ come tutti gli altri, Gesù era Figlio di Dio, diverso nella sua essenza dagli altri uomini che non erano in grado di percepire la sua vera essenza. Gesù usava un linguaggio comprensibile a tutti ma la parte più profonda era inafferrabile. Chiunque si avvicinasse a lui poteva soltanto percepire ciò che diceva e capirne il significato, ma le sue emozioni per il compito cosi gravoso che lo attendeva, era irraggiungibile per tutti. Sostenere di essere il ‘Figlio di Dio’ fu probabilmente l’ulteriore elemento di discriminazione. Era discriminato da chi non gli credeva spacciandolo per impostore, ma era discriminato anche da chi sentiva che lo fosse, per paura, per vigliaccheria, perché è nella natura dell’uomo cercare disperatamente qualcosa a cui aggrapparsi, salvo poi rifiutarla per paura delle conseguenze. L’autore con questo concetto di lapalissiana spontaneità, vuole porre in evidenza due aspetti fondamentali, la sua identità, nascosta, ma percepita dietro l’immagine di uomo diverso dal normale e dall’altra, per tutto ciò che esprimeva rispettando pienamente alla sua identità.

Una delle chiavi è senz’altro il Getsemani. Gesù porta con se i suoi discepoli, salvo andare a rivolgere le sue preghiere al Padre in intimo raccoglimento. Questo ha comportato un distacco tra Lui e i Suoi discepoli, un distacco sfociato in apparente ‘abbandono’ da parte degli stessi nei confronti del maestro. Non unendosi con Lui in preghiera ed anzi riempiendo l’attesa con il sonno, hanno confermato quanto ancora distante possa essere stata l’emotività di Gesù rispetto a quella dei suoi discepoli. Ma è proprio qui, in questo contesto, che Gesù trova la forza necessaria ad affrontare gli eventi che seguiranno grazie al dialogo con il Padre., nonostante, come sottolineato dal Gedda nel libro “La Spiritualità Getsemanica”, Gesù aveva soprattutto bisogno ‘di amore’.

‘Gesù, con questo atteggiamento di distacco interiore da sè e dagli Apostoli, si è come liberato da se stesso e dagli altri. Ha riacquistato così la pace con se stesso e con gli altri, tanto che poi è andato incontro a chi voleva arrestarlo in modo sereno e interiormente libero, tanto che si è potuto parlare – per Lui – di resurrezione morale (Ego sum) – ci dice l’autore – Parimenti Gesù, sul Calvario, dopo aver sopportato il martirio senza lamentarsi e in completo silenzio, ha compiuto un ulteriore distacco da se stesso (dal suo corpo), nel momento in cui ha consegnato il suo Spirito nelle mani del Padre, dicendo che tutto era compiuto’.

La liberazione da un grosso fardello che gli pesava nel cuore e nella mente, ha dato modo a Gesù di riacquistare quella serenità divina che una vita terrena gli aveva fatto momentaneamente smarrire. La riacquistata serenità da parte di Gesù che abbiamo metaforicamente considerato una “pietra scartata” diventa ormai “pietra d’angolo” per l’intera cristianità rendendo gli apostoli ‘finalmente partecipi della sua vicenda umana, condividendo con Lui la gioia pasquale della liberazione’.

(La seconda parte segue domani, domenica 29 dicembre)

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Paolo Lorizzo

Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l'Università degli Studi di Roma de 'La Sapienza'. Esercita la professione di archeologo.

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