“Il Natale è la vera novità di fronte alla quale ogni altra risulta soltanto una piccola variante di cose già viste”. Lo ha detto il patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, durante la messa di Natale, celebrata nella Basilica di San Marco.
Impossibile, dunque, celebrare questa festa “come se nulla fosse accaduto”, ha sottolineato il patriarca: “sarebbe allora un modo irresponsabile di celebrare”.
Lo stile “congruo” di questa solennità consiste nell’essere “nel mondo” ma non “del mondo”, ovvero assumere “il nascondimento, le piccole cose, il lievito celato nella pasta che, dall’interno, tutta l’assume e la fermenta”.
È in tal senso che si vanno ad abitare le “periferie dello spirito, dell’anima e del corpo”, di cui parla papa Francesco. Si assume così “lo sguardo che tutto considera a partire dalla paternità di Dio e che, quindi, è capace di riscoprire una vera, reale e concreta fraternità”, ha sottolineato Moraglia.
Dall’altro lato vediamo una modernità che, illudendosi di “costruire legami fraterni, a misura d’uomo, partendo da un astratto concetto d’uguaglianza”, è andata incontro a un “sonoro fallimento”, al punto che “negli ultimi cento anni si è sparso più sangue che in tutti gli altri secoli”, ha osservato il patriarca.
L’unica fraternità, quindi, è quella che si riconosce figlia di un unico Padre “fonte di amore sorgivo e generante”.
Il Natale “cristianamente riuscito” è quindi “quello in cui tutto si accende di una nuova luce verso Dio, gli uomini e se stessi”, in cui l’uomo è considerato “riferimento di ogni relazione personale, familiare e sociale”.
Avere uno “sguardo natalizio” significa assumere la “logica” e lo “stile” di Dio, riportando “l’umanità all’essenziale”, in un tempo di “grave crisi valoriale”, “di ragione e di cultura”, prima ancora che “di fede”.
Il bambino che nasce è la “mano tesa di Dio che non si accontenta di guardare dall’alto e da lontano ma vuole entrare nella storia” ed “inaugura la nuova umanità”.
Di seguito il patriarca Moraglia ha fatto riferimento all’attualità, in particolare alla “crisi perdurante che solo la politica delle facili promesse e delle brutte figure ritiene e, di fatto, giudica quasi superata”.
Assieme all’incontro con “Bambino di Betlemme”, ovvero “il Dio che ci salva”, sarebbe quindi auspicabile “trovare, sotto l’albero di Natale, anche il regalo di una politica – poco importa se fatta da quarantenni o sessantenni – che, rilasciando meno proclami, sia più attenta alla gente e al fare”.
Una politica “senza facili annunci”, attenta alle “frange più deboli”, “meno loquace, ma più capace di essere eloquente e di dire ai cittadini – con scelte concrete e coraggiose – quale è l’arte del buon governo”, ha quindi concluso Moraglia.