Nella chiesa di Santa Maria in Navicella, più nota come “Chiesa Nuova”, situata tra il Vaticano e il centro storico di Roma, lo scorso 14 dicembre, il Coro Pontificio della Cappella Sistina ha tenuto un concerto natalizio, iniziato con un canto gregoriano e conclusosi con Adeste fideles, in una versione che aggiunge una parte della versione britannica, entrata nel repertorio dopo che il coro della Sistina ebbe cantato con il coro anglicano di Westminster Abbey, a Londra.
Concluso l’evento, il Cerimoniere Pontificio, monsignor Guido Marini, ha rivolto delle parole ai presenti e al coro diretto dal salesiano monsignor Massimo Palombella, ringraziandoli non solo per il concerto di sabato scorso ma per tutto il lavoro svolto durante l’anno, nelle celebrazioni liturgiche del Papa.
Rivolto al coro, monsignor Marini ha aggiunto: “Voi avete questa grande grazia e questo grande compito di essere in qualche modo l’eco del canto degli Angeli nella liturgia, e di questo vi ringraziamo”. Ha poi accennato questo pensiero: “Allo stesso tempo sappiamo che non possiamo cantare con le nostre voci come la Cappella Sistina e tanto meno come gli angeli del Natale, ma possiamo in qualche modo glorificare con la nostra vita, e nella misura in cui è in sintonia con il Signore, la nostra vita diventa un canto di gloria”.
“L’augurio che quest’anno ci facciamo è proprio questo: che dopo aver partecipato a questo concerto ed essere andati con il pensiero alla grotta di Betlemme, gli angeli che cantano ci aiutino a ricordare che la nostra vita è autentica nella misura in cui diventa un canto e aderisce sempre di più alla volontà di Dio”, ha detto.
“Perché l’augurio più bello che possiamo fare a chi canta – ha aggiunto monsignor Marini – non è soltanto che questa esperienza del canto possa continuare ma anche e soprattutto che la sua vita possa essere un canto”.
Conclusa la cerimonia, interpellato da ZENIT su quanto sia importante che le famiglie si impegnino ad allestire il presepe ma anche ad organizzare qualche canto per Gesù Bambino, Marini ha detto: “Penso sia importante, perché la tradizione del presepio, così come è nata nel cuore e nella mente di San Francesco, è proprio il desiderio di rendere sensibile, toccabile in qualche modo, il mistero grande del Natale. In una forma anche molto popolare, quindi a tutti anche molto comprensibile, quindi, credo che mantenere viva questa tradizione, consolidarla, alimentarla sia molto importante perché si possa realmente avere familiarità con il cuore del mistero del Natale”.
“E allo stesso tempo – ha concluso il cerimoniere del Papa – il canto natalizio tra le famiglie, in questa dimensione popolare del canto, è importante perché è un riflesso del canto angelico e, soprattutto a Natale, la nostra vita deve essere un canto e lo è nella misura nella quale aderiamo a quel Dio che si fa bambino”.