Appare quanto mai evidente che la società contemporanea non permetta o, in alcuni casi, rifiuti con l’accusa di dogmatismo la scelta di un percorso personale che vada davvero jenseits der Dinge (Oltre le cose). In una sorta di imposizione secolarista, camuffata da „paradigmi scientifici“, dall´amaro sapore ideologico, vi è il chiaro tentativo di mettere al bando qualsiasi reale richiamo metafisico considerato come una „luce illusoria“[1] o un „salto nel buio“[2]:
Il credere si opporrebbe al cercare. A partire da qui, Nietzsche svilupperà la sua critica al cristianesimo per aver sminuito la portata dell’esistenza umana, togliendo alla vita novità e avventura. La fede sarebbe allora come un’illusione di luce che impedisce il nostro cammino di uomini liberi verso il domani.[3]
Invece delle „avventurose novità“, un´insipida noncuranza caratterizza la svolta della modernità: se tutto non ha senso o ha, al massimo, un valore istantaneo perché perdersi in qualcosa che impone scelte, sacrifici, disciplina e coraggio? Sembra che in un contesto di ricerca „senza scopo“ – o legata soltanto ai paradigmi della scienza – l´immanenza si sostituisca in modo radicale alla progettualità formativa in attesa di una rivoluzione tecno-messianica, futura fonte di perenne gioia e, al momento, causa di profonda instabilità.
La precarietà ontologica e l´incertezza semantica[4] divengono i presupposti principali per la definizione della propria idealità: una personalità orgogliosamente autonoma da qualsiasi norma intrinseca[5]. U. Beck, già nel titolo di una sua celebre opera, parla di Risikogesellschaft[6] (società del rischio) per interpretare la condizione disumanizzante delle società post-industriali e post-ideologiche in cui l’individuo è chiamato a continui cambiamenti prospettici in un contesto “elastico” che va a privilegiare un nomadismo non soltanto geografico ma anche culturale e sentimentale[7].
Eppure il novello prometeo Prometeo non riesce, stupito ed attonito, a controllare le sue macchine ma crede di poter ridurre il mondo a puro strumento del suo assoluto potere:
Le menti tecnologiche vedono la natura come un ordine insensato, come un corpo freddo di fatti, come un semplice dato, come un oggetto di utilità, come una materia rozza da modellare in una forma utile; il cosmo è visto, allo stesso modo, come un mero spazio in cui gli oggetti possono essere gettati via con una completa indifferenza.[8]
Tale indifferenza si prospetta come un narcotico necessario per la sopravvivenza: il Leitmotiv della modernità. Si preferisce essere „narcotizzati” invece che impegnarsi attivamente, in cambio di soddisfazioni fittizie, subitanee, momentanee. La scelta del disincanto testimonia, inoltre, una pura pigrizia mentale che va ad incidere, inoltre, anche in quella necessità di affrancamento e di idealità che caratterizza l’azione umana[9] e la contraddistingue radicalmente dagli altri esseri viventi[10].
Ma il flusso ininterrotto di stimoli e di informazioni, in un contesto di opulenza tecnologica, provoca, inoltre, un senso ulteriore di smarrimento influendo sulla reale formazione delle idee e dei concetti, oscurando i tradizionali canali di socializzazione e modificando alla radice l’identità collettiva. Vi è il rischio di adagiarsi alle lusinghe di un moderno Leviatano che, offrendo la saccarina del mondo e addormentando i sentimenti più alti, si sostituisce non soltanto alla ragione individuale ma perfino alla libertà. Tale mancanza di interesse e di preoccupazione, tale comportamento apatico è il primo ed inesorabile passo verso forme acute di egoismo e avidità[11]:
La vera libertà non è promossa nemmeno nella società permissiva, la quale confonde la libertà con la licenza di fare qualunque scelta e proclama, in nome della libertà, una specie di amoralismo generale. Pretendere che l’uomo sia libero di organizzare la sua esistenza senza riferimento ai valori morali e che la società non abbia il compito di garantire la protezione e la promozione dei valori etici, significa proporre una caricatura della libertà. Un tale atteggiamento comporta la distruzione della libertà e della pace.[12]
L’incontro con la fluidità dirompente porta, inoltre, al rifiuto tout court di ogni legame storico o rapporto con i luoghi, intesi non soltanto materialmente. Sul piano individuale, quindi, l’effetto più rilevante è “il trionfo del disimpegno e l’arte della fuga come condizioni esistenziali e misura del successo.”[13] La deresponsabilizzazione si pone come carattere essenziale della sopravvivenza nello smantellamento di qualsiasi relazione sociale e nell’oscuramento delle basilari regole di convivenza.
Questo aspetto è ben evidente, in primo luogo, in un processo continuo di infantilizzazione degli adulti[14], prodotto sopraffino della società dei mass-media, dove il capriccio, la stravaganza e la frivolezza sono considerati necessità improcrastinabili e degne di essere perseguite ad ogni costo. In secondo luogo, si avverte una disaffezione ai processi educativi tradizionali con risultati catastrofici nell’età infantile dove le proiezioni della violenza computerizzata (con la sua indubbia influenza nel subconscio), la cultura televisiva nonché la tragedia della parcellizzazione familiare hanno soffocato la fantasia e la naturale predisposizione alla crescita integrale[15].
Senza ideali e felicemente alla deriva l’umanità manca di quello stimolo più alto e di quella ispirazione che, nonostante la fragilità della propria condizione, si opponga all’orgoglio di una Selbstaneignung (auto-appropriazione) cieca e, nel lungo periodo, infruttuosa[16]. Appare evidente, purtroppo, che in molti casi si sia persa una bussola comune, un sentimento condiviso di appartenenza, uno sforzo mutuo per il bene comune:
Il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma. Dunque, non si dev’essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi. Però occorre farlo senza evadere, senza sradicamenti. È necessario affondare le radici nella terra fertile e nella storia del proprio luogo, che è un dono di Dio. Si lavora nel piccolo, con ciò che è vicino, però con una prospettiva più ampia. Allo stesso modo, una persona che conserva la sua personale peculiarità e non nasconde la sua identità, quando si integra cordialmente in una comunità, non si annulla ma riceve sempre nuovi stimoli per il proprio sviluppo. Non è né la sfera globale che annulla, né la parzialità isolata che rende sterili.[17]
Se non si torna alla radice dell´umano[18], con perseveranza e coraggio, si è condannati ad un vago peregrinare vivendo alla giornata e appigliandosi ai giorni e alle ore disordinatamente. Sembra che la civiltà (occidentale) non abbia affatto il timore di auto-disintegrarsi con le sue stesse armi cantando allegramente la sua fine.
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NOTE
[1] Francesco, Lumen Fidei, n. 2
[2] Francesco, Lumen Fidei, n. 3
[3] Francesco, Lumen Fidei, n. 2
[4] Cfr. S. Fox, Ontological Uncertainty and Semantic Uncertainty in Global Networks Organizations, Helsinki School of Economics-Technical Research Center of Finland, VTT Helsinki 2008.
[5] “ The intellectual consciousness of modern Europe as commonly delineated and accepted even in our day proclaimed these three ideals: a nature consisting in itself, an autonomous personality of human subject and a culture self-created out of norms intrinsic to its own essence.” R. Guardini, The Essential Guardini. An Anthology, Liturgy Training Publ
ications, Chicago IL, 1997, pg. 18.
[6] Cfr. U. Beck, Risikogesellschaft. Auf dem Weg in eine andere Moderne, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main 1986.
[7] Cfr. Z. Bauman, Life in Fragments. Essays in Postmodern Morality, Basil Blackwell, Cambridge, MA 1995.
[8] R. Guardini, op. cit., pg. 17 (Traduzione nostra).
[9] “The particular form that an individual human action takes is determined by factors that include those making up the specific environmental conditions as well as those that have shaped the character and values of the actor. The conception of sciences of human action recognizes that the form of action as it unfolds in its historical reality is the result of influences that range from the physiological to the religious, the social to the geographical.” I. M. Kirzner, The Economic Point of View. An Essay in the History of Economic Thought, Sheed & Ward, Kansas City 1960, pg. 149.
[10] Cfr. H. Plessner, Gesammelte Schriften. Bd. V: Macht und menschliche Natur, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1981, pg. 135-234.
[11] “Obstacle to serving the common good come in many forms – lack of rule of law, corruption, tendencies towards greed, poor stewardship of resources – but the most significant for a business leaders on a personal level is leading a “divided” life. The split between faith and daily business practice can lead to imbalances and misplaced devotion to worldly success. The alternative path of faith-based “servant leadership” provides business leaders with a larger perspective and helps to balance the demands of the business world with those of ethical social principles, illuminated for Christians by the Gospel.” Pontifical Council for Justice and Peace, Vocation of the Business Leader. A Reflection, Vatican Press, Vatican City 2012, pg. 2.
[12] Giovanni Paolo II, Giornata Mondiale della Pace 1981, n. 7
[13] L. Demichelis, “La nostra vita è una giostra”, TTL-La Stampa (21.11.2003) pg. 4.
[14] “Oggi, il mito del giovanilismo diffuso appiattisce le differenze verso il basso. Assistiamo, com’è stato scritto, ad una infantilizzazione degli adulti a una adultizzazione dei bambini. E questo, per ricondurre il tutto agli esiti, genera “maleducazione”. Non avere la consapevolezza dell’età che si ha è una diffusissima cattiva maniera”, Agata Gambardella Piromallo intervistata da Natascia Festa in Corriere del Mezzogiorno, 2 agosto 2008, p. 19 (Cultura).
[15] Cfr. N. Postman, The Disappearance of the Childhood, Vintage Books, New York 1994.
[16] Cfr E. Biser, Keine Angst, glaube nur. Das Eugen-Biser-Lesenbuch (Eingeleitet und herausgegeben von M. Albus), Guetersoher Verlagshaus, Guetersloh, 2008, pg. 52.
[17] Francesco, Evangelii Gaudium, n. 235
[18] “In principio c’è l’annuncio della salvezza, della misericordia e della giustizia. Siamo grati al Santo Padre per avere incentrato la sua Esortazione sull’essenziale.” G. Crepaldi, La “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco e la Dottrina sociale della Chiesa, www.zenit.org 02-12-2013.