Ovunque la gente si lamenta per il peso delle imposte che strozzano il lavoro, la produzione e il consumo. Si è perso il loro fine nobile, quale strumento per migliorare i servizi dell’intera collettività e con essi la qualità della vita. Ho l’impressione che gli amministratori del mondo somiglino molto al re Roboamo! Nel libro dei Re si parla di questo sovrano che accolse i consigli sbagliati, dopo la richiesta del suo popolo, stremato per le vessazioni, di alleggerire il giogo delle tasse ordinate da suo padre, al fine di sancire un patto di fedeltà più solido e duraturo. Roboamo non ascoltò i suggerimenti degli anziani che lo spinsero a mitigare il suo rapporto con il popolo, ma si comportò per come richiesto da i più giovani della sua corte, che gli chiesero di appesantire il giogo paterno che, a dir loro, avrebbe ingrandito in positivo la sua autorità. Certo in questo periodo di crisi è difficile abbassare le tasse, ma tenendole alte o aumentandole, come avviene da oltre dieci anni a questa parte, prima o poi si rischia di far saltare il sistema democratico. Il danno purtroppo è fatto! Il debito pubblico è figlio di un’illusione di vita senza problemi, venduta come possibile per ognuno, senza mai misurare il “cammino” dello sviluppo economico, con quello dell’uomo intrapreso sulla strada dell’illegalità, dell’immoralità, della corruzione, dell’apatia sociale, dell’avere fine a se stesso. A tutto questo c’è da aggiungere la presunzione di costruirsi un Dio personale, sponsorizzato da un relativismo mostruoso e da un consumismo che vende e svende ormai di tutto, compresa la dignità umana.
I cittadini oggi soffrono perché sono venuti meno le strutture portanti del vangelo. Il santo Padre in questi giorni con la sua straordinaria 'Evangelii Gaudium', parla di una economia che uccide e tra le sfide del mondo attuale, denuncia proprio il sistema economico: "E' ingiusto alla radice. Ascoltare il grido dei poveri". Lo fa sottolineando anzitutto le crepe da chiudere prima nella Chiesa, che hanno impedito un cambiamento più proiettato verso il popolo del Signore: "Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato”. Perché aumentano le tasse? Uno dei motivi principali, tra i tanti, è quindi senz’altro il continuo dilagare di una alta corruzione e di una immoralità senza limiti, proprio nei luoghi preposti a pensare, progettare e sostenere il futuro di un Paese. Sarà un ragionamento forse semplicistico, ma per me rimane centrale e vera autentica palla al piede dello stesso progresso civile dell’economia. Papa Francesco è chiaro come è nel suo stile: "Questa economia uccide", fa prevalere la "legge del più forte, dove il potente mangia il più debole". La cultura dello "scarto" ha creato "qualcosa di nuovo", "gli esclusi non sono 'sfruttati' ma rifiuti, 'avanzi'". C'è la "nuova tirannia invisibile, a volte virtuale", di un "mercato divinizzato" dove regnano "speculazione finanziaria", "corruzione ramificata", "evasione fiscale egoista". Mi rivolgo perciò ai cristiani che hanno responsabilità di governo o di ruoli significativi nel campo dell’economia e delle istituzioni, ma anche a noi cittadini quando non esitiamo a chiedere privilegi per noi stessi, stimolando l’illegalità coperta da un finto buonismo sociale! Leggo, a proposito, da una riflessione del teologo mons. Costantino Di Bruno: “Gesù è venuto ed ha abolito la corte. Neanche attorno alla sua persona vi è stata mai. Lui ha costituito l’anti regno, l’anti corte, l’anti struttura. Ha creato un popolo nel quale si è cementati solo dal vero amore e dalla più pura carità. Non avendo corte, non può avere un giogo pesante né nell’ordine materiale né in quello spirituale. Il suo giogo è solo l’amore sino alla fine. Il suo peso è la carità che non conosce ostacoli”.
Il giogo pesante arriva dal netto distacco dallo stile di vita terreno che ha inaugurato Cristo, per salvare il mondo e non certo per sotterrarlo, come succede purtroppo oggi, dove tutto sembra sfuggire dalle mani dall’autorità dello stato che ha perso la sua necessaria autorevolezza. L’anti regno di Cristo è in realtà la società che tutti vogliamo a parole e che il Papa in questi giorni sta ricordando in ogni suo messaggio al mondo intero, compresi i governanti di ogni stato, al di là della razza o della religione. Per un futuro più giusto bisogna seriamente incominciare ad eliminare l’immoralità, il mal costume, i vizi della corte e di ogni cortigiano. Capisco quanto è difficile farlo, perché la corte si è così ramificata da essere la parte persino più numerosa del popolo. I cortigiani sono un esercito che non si può contare e sono la struttura marcia di una nazione. Il Papa prega: "Chiedo a Dio che cresca il numero di politici capaci di entrare in un autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l'apparenza dei mali del nostro mondo. La politica tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune". A noi tocca fare la nostra parte, perché l’appello del Papa diventi opera di testimonianza visibile.
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