Una chiesa medievale nel cuore della Roma antica

Visita alla Basilica di Santa Francesca Romana

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

La Basilica di S. Francesca Romana è situata in uno dei contesti più belli ed interessanti dal punto di vista storico e scenografico. Siamo nel cuore della Roma antica, quella i cui sprazzi si scorgono in ogni angolo della Valle del Colosseo e che troneggia sul poggetto situato alle spalle del tempio di Venere e Roma, quello che l’imperatore Adriano costruì per rinverdire i fasti della tradizione templare romana nel luogo dove pochi decenni prima l’imperatore Nerone aveva trasformato l’area in un parco privato a suo esclusivo uso e consumo.

La Basilica venne costruita sulle fondazioni di un precedente oratorio con il nome di Santa Maria Nova per distinguerla da un’altra importantissima chiesa nel foro romano noto con il nome di Santa Maria Antiqua, ormai chiusa da parecchi anni ma in procinto di essere riaperta e godere la vista degli splendidi affreschi medievali. Fu per iniziativa del pontefice Paolo I che la basilica venne fondata nel IX secolo, ancora priva dell’aspetto che possiamo oggi ammirare e del meraviglioso campanile costruito soltanto nel XII secolo, riprendendo lo stile delle torri campanarie che possiamo ammirare in molte altre chiese romane dell’epoca.

Accennavamo al contesto storico in cui venne fondata la basilica. Ci troviamo in un’area decentrata rispetto a quella del foro, tra la struttura templare di epoca ‘adrianea’ e la basilica massenziana/costantiniana, realizzata all’inizio del IV secolo, l’ultima grande basilica costruita in ordine cronologico dell’area, la più maestosa ed imponente mai realizzata. Questa infatti presenta dimensioni enormi (100 x65 m), ma oggi l’unica parte in alzato ancora visibile è il lato settentrionale. Presentava in origine una navata centrale più larga e più alta dove si aprivano, anziché le navate minori, tre grandi nicchie per ciascun lato, coperte da una volta a botte con  lacunari ottagonali ancora visibili, mentre la navata centrale aveva una copertura con volte a crociera poggiante su pilastri e colonne. Le colonne sono state saccheggiate da tempo ma ne possiamo ammirare una nella piazza di Santa Maria Maggiore, proprio di fronte alla facciata della basilica, qui trasportata nel XVII secolo da papa Paolo V. Nella grande nicchia corrispondente alla navata centrale era collocato un “acrolito” (statua gigantesca) dell’imperatore Massenzio, i cui tratti somatici vennero in seguito modificati in quelli di Costantino (per dare un’idea delle dimensioni solo la testa misura m. 2,60). Alcune delle monumentali parti della statua sono attualmente esposti nel cortile del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio. L’ingresso originario era posizionato sul lato breve opposto alla nicchia di fondo, mentre successivamente venne creato un secondo ingresso enfatizzato da un portico ed una scalinata che poneva in collegamento questo tratto della Velia con l’antica “via sacra”.

La basilica dunque si pone in questo contesto così rilevante dal punto di vista archeologico che acquisì maggior valore quando vennero trasferite le reliquie di Francesca Romana nel XV secolo all’interno della cripta, epoca in qui la chiesa cambiò dedica per assumere quella attuale. L’edificio è strettamente legato alla tradizione che vuole sia qui avvenuta la morte di Simon Mago.

Il luogo dove si trova la chiesa era, secondo la tradizione, quello della morte di Simon Mago. La leggenda infatti narra come Simon Mago, desideroso di dimostrare di possedere poteri superiori a quelli dell’apostolo Pietro e di Paolo di Tarso, avrebbe levitato davanti loro, i quali sarebbero caduti in ginocchio a pregare, causando la caduta e quindi la e morte di Simone. Ad imperitura memoria dell’evento esiste una lastra marmorea recante le impronte delle ginocchia dei due apostoli, murata nella parete sud della chiesa.

La chiesa è custode di alcune opere di indubbio pregio come il dipinto settecentesco di Pierre Subleyras rappresentante il Miracolo di san Benedetto, e l’icona della Madonna Glycophilousa (“Madonna della dolcezza”) risalente all’epoca paleocristiana (V secolo) traslata dalla vicina chiesa di Santa Maria Antiqua. Nella volta della prima cappella a destra, infine è visibile l’affresco Dottori della Chiesa attribuito al celebre Melozzo da Forlì, pictor papalis.

* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Paolo Lorizzo

Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l'Università degli Studi di Roma de 'La Sapienza'. Esercita la professione di archeologo.

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione