“La grandezza dell’uomo si misura in base a quel che cerca e all’insistenza con cui egli resta alla ricerca”, affermava Martin Heidegger. Nelson Mandela allora si può definire davvero un “grande”, visto che più della metà della sua vita è stata una ricerca continua degli ideali più alti, che non ha mai smesso di inseguire anche quando oltraggiato, carcerato, processato.
Per questo la sua morte, avvenuta lo scorso 5 dicembre, a 95 anni, ha suscitato un moto di commozione in tutto il mondo, specialmente nella sua Terra, il Sudafrica, per la quale ha sempre lottato per restituirle una dignità. La Chiesa sudafricana ha espresso subito il suo cordoglio per la scomparsa dello storico leader, definito “una guida per il Paese sulla via della riconciliazione e della pace”. E ne hanno pianto la memoria e la testimonianza anche i membri del Cammino Neocatecumenale locale, a cui la notizia della morte di Madiba è giunta mentre si trovavano raccolti in un ritiro spirituale a Cape Town.
La notizia, accolta quindi in un contesto di preghiera e predicazione, ha toccato i cuori delle 200 persone lì presenti mettendo ognuno di fronte alla necessità profonda che il cammino di riconciliazione intrapreso da Mandela, a livello politico e sociale, possa trovare nella Chiesa Cattolica la sua realizzazione più radicale e vera.
Ne è convinto Dino Furgione, itinerante responsabile del Cammino Neocatecumenale per il Sudafrica, il quale, dando voce ai sentimenti dell’assemblea, afferma a ZENIT: “Mandela era un uomo veramente ispirato da Dio”. “L’ispirazione divina – spiega – è stata quella di evitare a tutti i costi la transizione violenta dall’Apartheid alla democrazia, indicando una via inaudita secondo la logica umana, che è quella della Verità e della Riconciliazione. Questa sua ispirazione è una luce e una speranza per l’Africa intera”.
Secondo Dino, il fatto che le comunità abbiano appreso della morte del leader durante un giorno di preghiera non è stato un caso. “Il Signore – dice l’itinerante – vuole sigillare in noi questa chiamata che sta facendo alle nostre comunità, di dare segni veri di amore e di unità, perché il mondo possa vedere realizzata nelle nostre vite concrete la Buona Notizia del kerygma che la morte è vinta, che è possibile amare l’altro nella dimensione divina della Croce.”
Il Cammino Neocatecumenale è presente in Sudafrica da 28 anni, e le sue radici affondano negli anni più duri dell’Apartheid. Ricorda Furgione: “Le prime comunità hanno sofferto molto di questo, i bianchi non potevano celebrare con i neri, lo stato stesso impediva la realizzazione dei segni dell’unità, fino al punto di rendere la vita dei fratelli quasi impossibile.”
Eppure oggi coloro che hanno creduto alla Buona Notizia e hanno intrapreso questo cammino di conversione, sono ancora fedeli a questo cammino testimoniando la fedeltà di Dio alle sue promesse. “Per noi è un segno vedere che persino in uno dei luoghi più feriti dalla tragedia dell’Apartheid, Ga-Rankuwa (una township, una sorta di baraccopoli al nord della capitale Pretoria ndr), dove le comunità sembravano essere crollate di fronte agli ostacoli posti dal governo dell’Apartheid, ancora oggi i fratelli sono presenti, uniti, pronti a dare questo segno di speranza per il Sudafrica.”
In questo giorno storico della scomparsa di Nelson Mandela, la preghiera delle comunità è che il cammino di riconciliazione intrapreso dal Sudafrica possa continuare. “Per far uscire Israele dall’Egitto è bastato un giorno – osserva Dino, richiamando un’immagine biblica – ma per fare uscire l’Egitto dai cuori degli Israeliti ci sono voluti 40 anni nel deserto! Questo significa che abbiamo ancora davanti a noi un lungo processo di riconciliazione, e solo l’annuncio del Vangelo può indicarci la direzione in cui andare”.
La presenza del Cammino nel giorno della scomparsa di Madiba richiama tutti, dunque, a compiere con maggiore forza questa missione. “Oggi che il Sudafrica deve navigare verso il futuro, nel post-Mandela – conclude l’itinerante – questa speranza di unità e riconciliazione è quello che le nostre Comunità sono chiamate a dare”.