"Perché hai voluto nascere, vivere, e soprattutto morire così?"

Mons. Enrico dal Covolo nella puntata di domenica 14 settembre 2014 di “Ascolta si fa sera”

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Pubblichiamo di seguito la meditazione di monsignor Enrico dal Covolo, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, per la puntata di domenica 14 settembre 2014 del programma di informazione religiosa “Ascolta si fa sera” di Rai Radio 1.

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Ricorre oggi la festa dell’esaltazione della croce di Gesù.

Mi ha sempre impressionato a questo riguardo, una storica omelia, l’omelia 45 di san Carlo Borromeo.

San Carlo si rivolge direttamente al Crocifisso, e così si interroga, davanti alla gente: «Perché hai voluto nascere in così bassa condizione, vivere sempre in essa e morire tra le ignominie? Perché hai sofferto tante fatiche, tante offese, tanti oltraggi, tanti dolori e tante piaghe, e alla fine una morte così crudele, versando il tuo sangue fino all’ultima goccia? Perché, Signore? Perché hai voluto nascere, vivere, e soprattutto perché hai voluto morire così? Perché gli insulti e gli sputi, perché le spine e i flagelli, perché i chiodi e la croce?…».

E’ questo il momento iniziale della meditazione sulla croce. E’ il momento dell’impatto traumatico con una realtà che fu scandalo per gli Ebrei (è maledetto, secondo la legge antica, colui che pende dal legno) e stoltezza per i Greci (la croce è un supplizio di pessimo gusto, a cui, secondo Cicerone, neppure conviene accennare tra persone per bene).

E’ il momento nel quale uno può tirarsi indietro, inorridito e sdegnato, e tanti sono fuggiti così, fin dal primo venerdì santo della storia, dinanzi alla suprema manifestazione del Figlio di Dio sul patibolo dello schiavo.

Ma per chi non scappa, e vuole proseguire nella contemplazione della croce, c’è un secondo passo da compiere, senz’altro più impegnativo del primo.

Perché Gesù in croce non è soltanto un indicativo (egli è crocifisso), ma è anche un imperativo per ciascuno di noi (anche noi dobbiamo dare la vita per i nostri fratelli).

Dalla croce parte un messaggio, che vale per ogni discepolo, di ieri e di oggi: un messaggio dirompente, che impone di cambiare («convertire») la nostra vita.

L’aveva ben compreso il Borromeo, quando nella sua contemplazione della croce approdava a queste conclusioni: «Veramente felici coloro che hanno impresso nel cuore Cristo crocifisso, e non svanisce mai!… O felici coloro che in ogni istante custodiscono la memoria di questa Passione che dà la vita! Oso dire che diventa a loro, in qualche modo, impossibile peccare…».

+ Enrico dal Covolo

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ZENIT Staff

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