"Non confondere il terrorismo dell'Isis con la fede di milioni di musulmani"

L’on. Khalid Chaouki, membro della Commissione Esteri, prende le distanze dallo Stato islamico e spiega che il vero è “un islam di pace che convive da secoli con le altre religioni”

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“Questa è la campagna finale dei crociati ma saranno i soldati dello Stato islamico a condurre l’attacco decisivo. Conquisteremo la vostra Roma, faremo a pezzi le vostre croci, ridurremo in schiavitù le vostre donne”. Questo il delirante messaggio minatorio dell’Isis, diffuso nei giorni scorsi su internet attraverso un file audio da Abu Mohammad al Adnani, portavoce dello Stato islamico. L’estremista invita i seguaci a colpire in particolare i membri della coalizione ovunque essi siano: “Se potete uccidere un miscredente americano o europeo – soprattutto uno sporco francese – o un australiano o un canadese, uccidetelo in qualunque modo possibile e immaginabile”, dice.

Il mondo rabbrividisce per queste parole e ciò che ne consegue è una dilagante “islamofobia”. Ma attenzione a generalizzare: non tutti i musulmani sono estremisti o terroristi, c’è chi vive in pace, prega ed è aperto ad una serena coesistenza, come ha dimostrato il viaggio del Papa in Albania. Anzi “è proprio quello il vero Islam”, non i miliiziani del Califfato che “non hanno nulla a che fare con la fede islamica”, come afferma l’on. Khalid Chaouki, musulmano, parlamentare e membro della Commissione Esteri. ZENIT lo ha incontrato e gli ha chiesto di approfondire meglio questo concetto.

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Papa Francesco, nel suo recente viaggio in Albania ha dimostrato come i musulmani siano anche persone accoglienti ed aperte al dialogo. Come si vive la violenza dello Stato Islamico tra i musulmani in Italia?

È stato un messaggio molto importante quello lanciato dal Papa, il fatto cioè che la convivenza non solo è possibile ma è una realtà di fatto in molte parti del mondo. Era necessaria una reazione forte in Italia, come accaduto in Germania, Inghilterra, Francia e in altri paesi. Il messaggio di Papa Francesco è stato un grande insegnamento. In un momento di grande pregiudizio e paure, viaggiare in Albania significa dare speranza e affermare che c’è anche un islam di pace, che vive da secoli e convive con le altre religioni. L’Albania, in tal senso, è un modello da seguire.

La comunità musulmana in Italia si è sempre dimostrata molto più integrata. Vero?

Questo è dimostrato anche con la manifestazione di domenica a Milano, a cui si unisce l’appello lanciato nei giorni scorsi dal presidente della comunità islamica in Italia a ridare la libertà ai rapiti in Siria e in Iraq. E noi dobbiamo far conoscere chi è la maggioranza di questa comunità. Quasi due milioni di musulmani vivono infatti pacificamente, pregano e ora devono anche essere tutelati a causa dei mezzi di informazione. Così si generalizza e si tende a confondere il terrorismo che sta realizzando l’Is con la fede di milioni di musulmani, che deve essere invece rispettata e protetta, in Italia ma soprattutto in altri paesi europei, da questo clima di “islamofobia” dilagante.

Ci sono altri fatti che dimostrano che gli estremisti dello Stato Islamico non hanno nulla a che fare con la fede musulmana?

Sarà fondamentale il dialogo diretto con le centinaia di moschee esistenti in Italia. È importante riconoscere il ruolo delle moschee, perché è grazie a questo che possiamo isolare questi estremisti e fondamentalisti. Quindi è giunto il momento di costruire un dialogo formale con le comunità musulmane in Italia, basato su un impegno reciproco a costruire il riconoscimento istituzionale delle comunità. Solo così verranno emarginati questi gruppi che rischiano invece di crescere in scantinati, sotterranei, quando invece la stragrande maggioranza degli imam predicano nelle moschee un messaggio di pace.

Por ello es el momento de construir un diálogo oficial con las comunidades musulmanas en Italia, en donde hay un empeño recíproco de construir un diálogo institucional y un reconocimiento institucional de esta comunidad, y también las mezquitas a la luz del sol para aislar a estos grupos que sino se corre el riesgo que crezcan en los sótanos, en la clandestinidad, cuando en cambio la gran mayoría de los imanes y de las mezquitas predican un mensaje de paz, como hemos visto.

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Sergio Mora

Buenos Aires, Argentina Estudios de periodismo en el Istituto Superiore di Comunicazione de Roma y examen superior de italiano para extranjeros en el Instituto Dante Alighieri de Roma. Periodista profesional de la Associazione Stampa Estera en Italia, y publicista de la Orden de periodistas de Italia. Fue corresponsal adjunto del diario español El País de 2000 a 2004, colaborador de los programas en español de la BBC y de Radio Vaticano. Fue director del mensual Expreso Latino, realizó 41 programas en Sky con Babel TV. Actualmente además de ser redactor de ZENIT colabora con diversos medios latinoamericanos.

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