"La nostra terra"

La pellicola di Giulio Manfredonia racconta l’impegno di tante cooperative che prendono in gestione i beni confiscati alla criminalità organizzata

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In Puglia, i volontari di un’associazione che cerca di promuovere la cultura della legalità non riesce ad ottenere dal comune i permessi per poter gestire un apprezzamento di terreno confiscato al mafioso locale, ora in prigione: Nicola Sansone. Si rivolgono quindi ad una Onlus di Milano che opera nello steso settore per chiedere l’intervento di una persona competente. Viene mandato Filippo, un burocrate preparato ma abituato fino a quel momento a fronteggiare la delinquenza dal sicuro rifugio del suo ufficio.

La sua presenza risulta utile perché riesce ad ottenere le carte necessarie per costituire la cooperativa che si occuperà di gestire il terreno sequestrato. Partecipa all’iniziativa Rossana, una giovane entusiasta ma anche Cosimo, il bracciante che per anni ha coltivato quella terra per conto di Sansone. Le cose sembrano mettersi per il meglio quando Filippo viene a sapere che Sansone ha ottenuto gli arresti domiciliari. Ora nessuna azienda vuole più collaborare con la cooperativa…

Il film ha il nobile intento di portare alla ribalta le encomiabili iniziative di tante cooperative che si prendono in gestione i beni confiscati alla mafia e che cercano di trasformare quelle terre in isole di legalità. Il film ci mostra le tante difficoltà che queste si trovano ad affrontare, iniziando dal complesso iter burocratico che è necessario per ottenere tutti i permessi. Complessità che viene spesso costruita ad arte da parte di chi non è interessato al successo dell’iniziativa.  Non mancano i dettagli di quanto sia difficile lavorare la terra e scegliere la coltivazione giusta (pomodori, vino, oppure prodotti biologici?) anche se Cosimo l’unico esperto, alla fine riesce a superare la sua ritrosia e inizia a trasferire la sua cultura contadina agli altri soci.

Si tratta di un film corale dove l’avventura intorno a una terra arida finisce per radunare i personaggi più insoliti: Rossana è un’idealista che crede fermamente nella capacità di queste iniziativa per convertire le nuove generazioni alla legalità; Azzurra cerca nella coltivazione delle piante quella capacità di dare la vita che le è mancata; c’è anche Torre, costretto su di una sedia a rotelle e che vuole dimostrare di essere produttivo come tutti gli altri né manca Wuambua, l’immigrato di colore che accetta qualsiasi lavoro pur di guadagnare qualche soldo per la famiglia.

Fra tutti spicca Filippo (Stefano Accorsi) che vive la sua esperienza in Puglia come un percorso di formazione, che lo fa passare dalla visione semplicistica di un mondo diviso fra buoni e cattivi a una accettazione più matura della complessità della realtà, acquisendo anche il coraggio di affrontarla.  Altro personaggio chiave è Cosimo, interpretato da un superbo Sergio Rubini che crede di sentirsi superiore a tutti gli altri, lui che è vissuto in quella terra fin da bambino ma si accorge che è giusto credere in qualcosa, come fanno i suoi compagni e prendere posizione.

Molto riuscita anche la figura del brigadiere dei carabinieri, sempre rispettoso della legge ma che sa anche essere umano e comprensivo quando è necessario.

C’è una osservazione da fare: perché tanti film italiani, incluso questo, sono così terribilmente televisivi? Cosa ne è stato, per restare nei temi del Sud e della mafia, di Salvatore Giuliano-1961 o Le mani sulla città-1963 di Francesco Rosi?

In questo film, il personaggio di Accorsi è un pavido ma sappiamo già che diventerà un eroe; un uomo e una donna si incontrano ed è inevitabile che si metteranno assieme. Torre, il personaggio sulla sedia a rotelle, si esprime come un razzista viscerale ma inevitabilmente Wuambua diventerà il suo migliore amico. Nel circuito obbligato del politically correct è d’obbligo, fra i tanti personaggi, inserire una coppia omosessuale. Chi è il meno sospettato sarà poi il colpevole, Tutto viene imbastito secondo stereotipi, schemi precodificati, che lasciano il caratteristico odore della carta stampata, del lavoro fatto a tavolino.

Il film resta comunque nobile negli intenti ed è gradevole proprio nei momenti in cui è meno strutturato lasciando trapelare, in modo spontaneo la passione civile che lo sorregge.

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Titolo Originale: La nostra terra
Paese: Italia
Anno: 2013
Regia: Giulio Manfredonia
Sceneggiatura: Fabio Bonifacci, Giulio Manfredonia
Produzione: Lionello Cerri per Lumière & Co. Con Rai Cinema
Durata: 100
Interpreti: Stefano Accorsi, Sergio Rubini, Maria Rosaria Russo, Giovanni Calcagno

Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it

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Franco Olearo

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