La formazione dei sacerdoti di domani

Conclusa la Settimana di studio per formatori di seminari organizzata dal Centro di Formazione Sacerdotale della Santa Croce

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di Eduardo Torres

ROMA, lunedì, 13 febbraio 2012 (ZENIT.org).- La “bontà” dei sacerdoti di domani dipenderà molto dalla “qualità” degli educatori di oggi. Mentre il seminario si conferma il luogo adeguato e imprescindibile per una formazione sacerdotale adeguata alle sfide dei tempi, soprattutto in un mondo culturalmente globalizzato.

Sono queste le conclusioni a cui si è giunti al termine della seconda Settimana di studio per formatori di seminari organizzata dal 6 al 10 febbraio dal Centro di Formazione Sacerdotale dellaPontificia Università della Santa Croce e incentrata su “Il ministero di direzione nei seminari”

L’iniziativa – che ha coinciso temporalmente con il Simposio di Vescovi e Superiori Religiosi in materia di abusi sessuali svoltosi invece presso l’Università Gregoriana –, è una chiara manifestazione dell’interesse della Chiesa a dare una risposta a monte dei problemi: la formazione dei candidati.

All’incontro hanno preso parte circa settanta educatori di seminari di tutto il mondo, uomini di Curia, Vescovi incaricati delle vocazioni e professori universitari con esperienza nella formazione sacerdotale. Un dialogo molto vivace tra astanti e relatori ha permesso di chiarire aspetti concreti e scambiare esperienze preziose che possano far fronte alle sfide del mondo contemporaneo.

Discernimento vocazionale e selezione dei candidati

La relazione sul “Discernimento d’idoneità agli ordini” è stata affidata al Segretario della Congregazione per il Clero, SER. Mons. Celso Morga, che ha spiegato come un freno alle defezioni che si registrano nel sacerdozio possa senz’altro giungere da una migliore riflessione sulle condizioni dei candidati, che tiene conto “della mobilità culturale, delle aspettative sociali o economiche, dei condizionamenti familiari e dei conflitti che possano provenire da una pastorale ideologizzata”.

Bisogna poi discernere adeguatamente tutti quei “fattori interni” che hanno a che fare con “la rigidità di personalità, la mancanza di salute fisica o psichica, gli inganni intellettuali o amorosi, le conversioni drastiche, l’egocentrismo, la frammentazione nella formazione religiosa, la mancanza di dominio di sé…”.

Con dati alla mano, il prelato ha infine costatato come in tutta la Chiesa, dagli anni ’80, si verifichi “un sostenuto aumento del numero dei sacerdoti” e un’attenzione privilegiata “alla maggiore qualità della loro selezione”, tant’è che in pratica sono ordinati sacerdoti “solo un terzo dei seminaristi”.

Mons. Agostino Superbo, Arcivescovo di Potenza e Vice Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha illustrato i criteri per laselezione dei candidati al sacerdozio, che devono integrare i requisiti istituzionali (disponibilità a una donazione totale al Vangelo, qualità umane e intellettuali per un servizio disinteressato verso gli altri, personalità aperta) con il bene del giovane stesso, “che deve essere lui il protagonista della sua propria biografia”.

Nel discernimento vocazionale resta perciò imprescindibile tenere in considerazione “le famiglie e le comunità cristiane di provenienza del candidato, in un abituale dialogo con le stesse” e rispettare sia la “tappa propedeutica”, che prepara al seminario, quanto l’uso prudente “di una pausa formativa” che aiuti a “superare difficoltà e maturare criteri”.

Identikit del rettore e del formatore

“Uomo di Dio, completo e ben preparato, con volontà di dedicazione piena, con un indubbio amore a Cristo e alla Chiesa, trasparente, più padre che pedagogo, paziente e benigno, retto di spirito” sono invece le caratteristiche che deve possedere un rettore di seminario per rispendere adeguatamente alla sua funzione, così come le ha tratteggiate Mons. Paolo Rabitti, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, attingendo dalla sua esperienza maturata negli anni.

Il rettore deve anche mantenere una “interazione completa con il Vescovo, il rispetto per il presbiterio, l’amore esigenze e paterno per gli educatori” ed essere “attivo nella formazione permanente”.

A offrire l’identikit del formatore del seminario è stato l’Arcivescovo di Tacna e Moquegua, in Perù, Mons. Marco Antonio Cortez Lara, che ha parlato di “un uomo fermo nella fede, con una forte identità sacerdotale, con una personalità matura, sicuro della propria vocazione, aperto ai contatti umani, colto, prudente e saggio”. In una sola parola, “integro”, in modo da essere “credibile per i giovani” e capace di attrarli “più per la testimonianza di una vita gioiosa e autentica che per la disciplina o gli insegnamenti teorici”.

I formatori devono essere quindi in grado di “lavorare con passione e verità” nei diversi aspetti della pastorale, in contatto con le necessità reali dei fedeli, e trasformare così il seminario in un luogo di incontro “di tutto il presbiterio diocesano (giovani e anziani), aperto a tutti i carismi della Chiesa”.

L’ambiente del seminario

Il seminario “non è un luogo di passaggio ma un tempo per prepararsi al sacerdozio, capace di legare facilmente la sua ‘vita in comune’ con la carità pastorale e la fraternità sacerdotale future”, pertanto il suo regolamento deve essere “immutabile, accettato e condiviso ma non opprimente, perché i valori educativi non si impongono ma convincono”, come ha illustrato dal canto suo il Vescovo ausiliare di Milano, Mons. Mauro Delpini.

Molto dell’attività del seminario e dei suoi formatori dipende anche dal flusso di relazioni esterne e comunicazione interna a tutti i livelli decisionali, come ha spiegato il prof. José María La Porte, decano della Facoltà di comunicazione istituzionale, segnalando al tempo stesso l’importanza di generare fiducia ed evitare il funzionalismo.

“La lealtà, l’efficacia e la gioia” sono il risultato delle capacità di ascolto, del lavoro in squadra, del valore dato alle cose piccole e ordinarie e della disposizione ad affrontare i problemi come una opportunità e non come un fastidio. La verità nelle relazioni interpersonali, invece “è ciò che renderà ogni parola ed ogni festo veicolo di fraternità in una vita comune caratterizzata da fatti di carità e non una mera scuola di ipocrisia rivestita da diplomazia”.

Un occhio di riguardo va dato anche alle strutture che accolgono i seminaristi, come ha spiegato il prof. Fernando Puig: “l’ambiente esterno della casa deve favorire l’esercizio delle virtù umane che sono proprie del ministero sacerdotale”, principalmente attraverso “un distacco dai beni temporali” e la capacità “di averne cura, valorizzarli e metterli al servizio degli altri”.

La prospettiva della Curia romana è stata invece presentata dal Cardinale Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, a cui è stata affidata l’apertura dei lavori, e dal Segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Mons.Juan Ignacio Arrieta, che ha parlato dell’autorità come servizio ecclesiale, distaccando nelle qualità dei pastori “la fedeltà, la prudenza e la bontà”.

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ZENIT Staff

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