"Vivere l'Avvento come Giovanni il Battista e la Madonna"

Lectio Divina di monsignor Francesco Follo per la II domenica di Avvento 2013

Share this Entry

Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la II domenica di Avvento 2013 e per la solennità dell’Immacolata Concezione di Maria.

Come di consueto, il presule propone anche una lettura patristica.

***

LECTIO DIVINA

Vivere l’avvento come Giovanni il Battista e la Madonna.

Rito Romano

2ª Domenica di Avvento  –  Anno A – 8 dicembre 2013

Gn 3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38 (Per la Messa dell’Immacolata) e Mt 3,1-12  (Per la Messa della II domenica di Avvento.

Rito Ambrosiano

4ª Domenica di Avvento

Is 40,1-11; Sal 71; Eb 10,5-9a; Mt 21, 1-9

L’Ingresso del Messia

            1) Incontro con Giovanni per incontrare Gesù.

            Grazie alla liturgia romana della seconda domenica di Avvento e della Solennità dell’Immacolata[1] siamo chiamati incontrare due persone, che hanno avuto un ruolo speciale nella preparazione dell’incontro del Signore Gesù con l’umanità: la Vergine Maria e san Giovanni Battista.

            Questo ultimo Profeta dell’Antico Testamento andò a predicare nel deserto, da dove la sua voce chiamava gli Ebrei a penitenza. Andiamo ad incontrarlo nel silenzio del nostro cuore per ricevere da lui l’annuncio dell’avvicinarsi del Regno dei Cieli. Anche a noi “predice” la prossima venuta del Messia, rimproverandoci quali peccatori che però a lui vanno e riconosciamo che quel lavaggio esteriore praticato dal Battista è quasi principio della purificazione interiore.

            La predicazione di questo magnetico e rude personaggio affascinò molti, anche se  sembrava fatto apposta per non attirare alcuno: vestiva poverissimamente e parlava aspramente. Non ostante ciò a suoi contemporanei apparì come l’ultima speranza di un popolo disperato. Non pochi intuirono la verità del suo compito che era di «preparare la via al Signore», annunciandone la venuta imminente. Si presentava come la Voce del deserto, con indosso ruvide vesti e una cintura di pelle attorno ai fianchi. Ma non invitava gli uomini a divenire asceti come lui. Preparare la strada al Signore è altra cosa. Ecco come Giovanni il Battista si esprimeva: «Convertitevi, perché il Regno di Dio è vicino… Non credete di poter dire fra voi: abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo anche da queste pietre. La scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato». Incontrarlo e imitarlo vuol dire avere occhi puri come i suoi per poter dire con e come lui: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”.

            Dunque, due sono soprattutto le cose che Giovanni proclama urgenti: convertirsi e non cullarsi in una illusoria sicurezza di una appartenza in cui si permane con l’umiltà e la costante conversione. Convertirsi è una parola che dice il cambiamento del comportamento e della mente.

            Quindi non si tratta soltanto di un cambiamento morale, nei comportamenti, ma di un cambiamento intellettuale, direi teologico, perché implica un modo nuovo di pensare Dio.

            La conversione non è un cambiamento esteriore o parziale, ma un ri-orientamento di tutto l’essere dell’uomo. Si tratta di un vero e proprio passaggio dall’egoismo all’amore, dalla difesa di sé al dono di sé; un passaggio talmente rinnovatore da essere incompatibile con le vecchie strutture (mentali, religiose e sociali), come il vino nuovo non si può essere messo nelle vecchie botti.

            La conversione evangelica è anche religiosità: non è confrontandosi con se stesso che l’uomo scopre la misura e la direzione del proprio mutamento, ma riferendosi al progetto di Dio. E il primo movimento non è quello dell’uomo verso Dio, ma quello di Dio verso l’uomo: è un movimento di grazia che rende possibile il cambiamento dell’uomo e ne offre il modello.

            Infine, dobbiamo capire la profonda umanità della conversione evangelica: convertirsi significa tornare a casa, è un ricupero di umanità, un ritrovare la propria identità. Convertendosi l’uomo non si perde, ma si ritrova, liberandosi dalle alienazioni che lo distruggono.

            Anche le due prime letture proposte dalla liturgia romana della II domenica di avvento ci offrono altre due indicazioni concrete riguardo alla conversione, che è necessaria per prepararsi alla venuta del Signore: 1- essere poveri e 2- essere ospitali: infatti Isaia (prima lettura) profetizza un germoglio nuovo di umanità, che «non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire, ma giudicherà con giustizia i poveri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese» (Is 1,3-4), e San Paolo invita: «Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo vi ha accolti” (Rm 15, 7 – seconda lettura).

            2) Incontro con Maria per incontrare suo Figlio.

La persona che fece germogliare l’umanità nuova e ci accoglie come Cristo è la Madonna, che nella Solennità dell’Immacolata Concezione festeggiamo per celebrare la salvezza divina donata a tutti noi.

            Cosa vuol dire “Concepita senza macchia di peccato originale”? In poche parole vuol dire che Maria Vergine è colei che ha accolto il Dono del Cielo, il Figlio di Dio, con una prontezza, apertura e disponibilità totali e illimitate, vale a dire senza mettere dei confini e senza porre condizioni. Quello di Maria un Sì libero e pieno detto da una giovane donna senza macchia al Dio senza macchia.

            E’ doveroso rispondere anche ad un altro domanda: “Che cos’è il peccato originale”[2]. E’ l’insufficienza morale di ogni uomo che vien al mondo come membro del genere umano. Ognuno di noi ne sa qualcosa e spesso diciamo: “Sbagliare è umano” e “Non si può pretendere di più, faccio quello che posso”. Ma dicendo così, sentiamo e desideriamo poter fare di più, essere di più. Se guardiamo alla Madonna, vediamo che questo desiderio non è un’utopia.

E’ vero, lei è la “Tutta Santa”, la “Piena di Grazia”. Lei in modo eccezionale non è coinvolta neppure dall’ombra del peccato, perché deve concepire, far nascere ed educare il bambino che ha l’incarico di portar via il peccato del mondo. Lei è la “Porta del Cielo”. Nel cuore dell’Avvento, nella fede, Maria si fa porta per far entrare il Verbo nel mondo e poi si unisce a Cristo Porta che fa entrare noi, peccatori perdonati, nel Cielo.

            Amiamo la Madonna, Maria di Nazaret, primizia della verginità cristiana. Umile e povera, Maria divenne, per singolare privilegio e per la sua fedeltà alla chiamata del Signore, la madre vergine del Figlio di Dio.            In ciò ci siano di esempio le Vergini Consacrate. Durante il rito di consacrazione il Vescovo dice loro: “Voi che siete vergini per Cristo” diventate “madri nello spirito” (Ordo consecrationis virginum, n. 16) cooperando con amore all’evangelizzazione dell’uomo e alla sua promozione.

            Per la vergine consacrata, come afferma san Leandro di Siviglia, Cristo è tutto: “sposo, fratello, amico, parte dell’eredità, premio, Dio e Signore” (Regula sancti Leandri, Introd.). La vergine consacrata questo ci ricorda e ci insegna con la sua vita quotidiana con uno stile di vita fatto di umiltà, di carità, di servizio e di lieta disponibilità, di instancabile amore per la gloria del Padre e per la salvezza di tutta l’umanità.

*

LETTURA PATRISTICA 

San Giovanni Crisostomo.

Omelia 37, 1-2 in Mt. PG 57, 419-421

“Da allora Gesù prese a predicare e a dire:«Convertitevi, perché è vicino il regno dei cieli»” (Gv 1,9). Ma quando Gesù comincia a predicare? Da quando Giovanni fu chiuso in prigione. Ma perché non predicò prima? E che bisogno aveva di Giovanni Battista, dato che le sue opere gli rendevano già un’efficace testimonianza? Ecco: perché noi potessimo comprendere maggiormente la sua grandezza: Gesù Cristo ha i suoi profeti, così come il Padre ha avuto i suoi. Proprio questo rileva Zaccaria nel suo cantico: “E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo” (Lc 1,76). Era necessario il precursore, inoltre, perché agli insolenti Giudei non restasse alcuna scusa, come testimonia lo stesso Gesù Cristo con le parole: “È venuto Giovanni, che non mangiava né beveva, e hanno detto: Ha il demonio addosso. È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve ed essi dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Alla sapienza,  però, è resa giustizia dai figli suoi” (Mt 11,18-19). E ancora era necessario che tutto  quanto riguardava il Cristo fosse manifestato in anticipo da un altro, prima di esserlo da lui stesso. Infatti, se dopo tante testimonianze e dopo tali prove, i Giudei dissero:  “Tu rendi testimonianza a te stesso; la tua testimonianza non è valevole” (Gv 8,13), che cosa avrebbero osato dire se, prima che Giovanni avesse parlato, si fosse presentato in pubblico e avesse reso per primo testimonianza in favore di sé?

Ecco ancora perché Gesù non comincia a predicare prima di Giovanni e non compie  alcun miracolo, se non dopo che il suo precursore è stato rinchiuso in prigione: nel timore che nascesse qualche scisma tra il popolo. Per la stessa ragione Giovanni non compie miracoli, allo scopo di lasciar accorrere tutta la folla a Gesù, trascinata dai prodigi che il Signore faceva. Infatti, se anche dopo i miracoli operati da Gesù Cristo, i discepoli di Giovanni, sia prima che dopo il suo incarceramento, erano ancora presi da gelosia verso Gesù e molti pensavano che il Messia non fosse lui, bensì Giovanni, che cosa sarebbe accaduto se Dio non avesse preso queste sagge misure? Ecco le ragioni per cui anche Matteo vuol sottolineare che «da allora» Gesù  incominciò a predicare. E, all’inizio della sua predicazione, Gesù insegna ciò che Giovanni ha detto. Nei suoi primi discorsi non parla ancora di se stesso, ma si contenta di predicare la penitenza. Per quel tempo era già abbastanza desiderabile far accettare la penitenza, dato che allora il popolo non aveva ancora di Cristo un’idea  sufficientemente adeguata. E  all’inizio, non annuncia niente di terribile o di spaventoso, come aveva fatto Giovanni parlando della scure tagliente già posta alle radici dell’albero, del ventilabro che ripulisce l’aia, e di un fuoco inestinguibile. 

Dapprima, parla soltanto dei beni futuri, rivelando a coloro che lo ascoltano il regno che ha loro preparato nei cieli.”

*

NOTE

[1] Quest’anno 2013 la solennità dell’Immacolata Concezione è celebrata il lunedì 9 dicembre per dare la precedenza alla Domenica che è sempre la Festa del Signore. In Italia, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha concesso che la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, che nel 2013 coincide con la seconda domenica di Avvento, possa essere celebrata in tutte le diocesi d’Italia nel giorno proprio  cioèl’8 dicembre.

[2]  Il Catechismo della Chiesa Cattolica al n 397 parla così del peccato originale: “Il primo peccato dell’uomo. L’uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, abusando della propria libertà, ha disobbedito al comandamento di Dio. In ciò è consistito il primo peccato dell’uomo.  In seguito, ogni peccato sarà una disobbedienza a Dio e una mancanza di fiducia nella sua bontà”.

Poi ai nn 404-405 insegna: “In che modo il peccato di Adamo è diventato il peccato di tutti i suoi discendenti? Tutto il genere umano è in Adamo « sicut unum corpus unius hominis – come un unico corpo di un unico uomo ». Per questa « unità del genere umano » tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo, così come tutti sono coinvolti nella giustizia di Cristo. Tuttavia, la trasmissione del peccato originale è un mistero che non possiamo comprendere appieno. Sappiamo però dalla Rivelazione che Adamo aveva ricevuto la santità e la giustizia originali non soltanto per sé, ma per tutto il genere umano: cedendo al tentatore, Adamo ed Eva commettono un peccato personale, ma questo peccato intacca la natura umana, che essi trasmettono in una condizione decaduta. Si tratta di un peccato che sarà trasmesso per propagazione a tutta l’umanità, cioè con la trasmissione di una natura umana privata della santità e della giustizia originali. Per questo il peccato originale è chiamato « peccato » in modo analogico: è un peccato « contratto » e non « commesso », uno stato e non un atto”.

Share this Entry

Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione