L’ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede è stata al centro dell’attenzione dei media negli ultimi giorni. Poco dopo che l’ambasciatore Ken Hackett, quarant’anni al servizio del Catholic Relief Service (CRS), ha presentato le proprie credenziali alla Santa Sede, alcuni organi di stampa hanno riferito che l’ambasciata si era trasferita dalla sua sede originaria a una nuova, non lontano dall’ambasciata USA in Italia. Il Dipartimento di Stato ha quindi convocato una conferenza stampa per dissipare le “leggende” riguardo quello che taluni hanno ritenuto un atteggiamento sprezzante nei confronti della Santa Sede.
Nella seconda parte dell’intervista che ha concesso a ZENIT, l’ambasciatore Hackett ha parlato della controversia riguardante la ricollocazione dell’Ambasciata, ha raccontato della sua fede e delle speranze circa il ruolo che l’Ambasciata presso la Santa Sede intende svolgere.
Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e l’ Ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede sono state molto chiare sulle ragioni per le quali si stanno cambiando sede all’ambasciata. Alcuni sostengono che nella nuova sede non c’è molta differenza in termini di bilancio, di sicurezza e di distanza. Cosa può dirci in proposito?
Ambasciatore Hackett: Se si guarda fuori dalla finestra, si vede che la recinzione si trova a soli 20 metri di distanza. Qualsiasi persona con in mano una grossa pietra potrebbe lanciarla e colpire proprio questa finestra. E’ evidente che da un punto di vista della sicurezza questa non è una situazione ideale. La questione della sicurezza è diventata ancora più delicata dopo quanto accaduto a Bengasi. Il Benghazi Accountability Board e il Congresso mi hanno chiesto di migliorare lo stato di sicurezza. E’ una raccomandazione già sollevata durante l’Amministrazione Bush. Ed anche in quel caso era stato consigliato un trasferimento..
C’è poi il problema dello spazio che non c’è. Lei è seduto nella sala riunioni dove possono entrare forse 12 persone. Questa Ambasciata non è il luogo più pratico per tenere riunioni. Oggi pomeriggio ho un pranzo con un gruppo di persone per parlare della Repubblica centrafricana ed ho dovuto organizzarlo a casa mia perché non abbiamo sufficiente spazio per la riunione. Abbiamo scoperto che c’era un edificio che il Governo degli Stati Uniti aveva acquistato circa 5 anni fa, con un intera sezione vuota, ed è lì che stiamo per andare. Avremo il nostro ingresso, la nostra segnaletica, in un edificio che è nostro, con un adeguato spazio per fare riunioni. Come ha osservato il Dipartimento di Stato uno dei miti diffusi nel mondo era che disponevamo di una sede dentro il Vaticano e come è noto non ci sono Ambasciate all’interno del Vaticano. Non è vero che si stiamo muovendo al di fuori della Città del Vaticano, perché siamo già al di fuori della Città del Vaticano. La nuova residenza ci permetterà di disporre di un migliore ambiente di lavoro. Un’occasione per riunirci più spesso, in uno spazio più vasto, con costi minori e maggiore sicurezza. E’ evidente che non si tratta di un cattivo affare.
Sono state diffuse voci secondo cui gli Stati Uniti stavano chiudendo l’ambasciata presso la Santa Sede…
Ambasciatore Hackett: ‘Si le voci sulla mia morte sono state grandemente esagerate’. Si tratta di voci completamente sbagliate. Non vi è alcuna riduzione nel bilancio e nell’impegno nei confronti dell’Ambasciata presso la Santa Sede. In realtà, sta avvenendo il contrario di quanto si dice. La mia presenza. L’idea di nominare qualcuno che conosce le persone in Vaticano e che guida già una grande organizzazione cattolica è un’indicazione chiara che ci sia un riconoscimento da parte dell’Amministrazione Obama. Non vedo alcuna sottovalutazione, piuttosto il contrario.
Uno dei problemi che toccano molto i cattolici degli Stati Uniti è la riforma sanitaria. Ci sono aggiornamenti su questo?
Ambasciatore Hackett: No, su questo tema non posso dire nulla di più, perché non è tra i miei compiti attuali. Il mio impegno riguarda la politica estera degli Stati Uniti. Devo individuare quei settori della politica estera americana nei quali possiamo lavorare con la Santa Sede. La riforma sanitaria è una questione interna che non riguarda direttamente la Santa Sede. E’ una questione la cui soluzione tocca ai Vescovi degli Stati Uniti.
Come cattolico trova difficoltà ad affrontare questioni sostenute dall’Amministrazione ma in contrasto con la Santa Sede?
Ambasciatore Hackett: Mi occupo in particolare di settori dove la mia fede mi mostra la possibilità di cambiare la situazione dei poveri , e di occuparmi di quelle persone che sono in difficoltà. Non è possibile bilanciare tutti gli aspetti della mia fede con ogni tipo di programma, ma trovo molte aree di convergenza tra la mia fede e gli obiettivi politici dell’amministrazione Obama, soprattutto su come aiutare i poveri e chi si trova nel bisogno. Così mi dedico in particolare a quei settori dove, dal profondo del cuore, posso impegnarmi per passione e convinzione. Trovo anche molto calore e inspirazione nelle aperture che papa Francesco sta facendo. La Chiesa – come dice il Papa – è per tutti e per ognuno.
In qualità di nuovo Ambasciatore presso la Santa Sede come pensa di contribuire alle buone relazioni con il Vaticano?
Ambasciatore Hackett: Mi piacerebbe lasciare un’eredità in cui è scritto: “Ha favorito una relazione molto positiva, ha promosso avanzamenti nelle relazioni tra la Santa Sede e il governo degli Stati Uniti su molti temi importanti”. Ne sarei fiero. Potrei tornare in Florida in pensione e dire “ho fatto qualcosa di buono”.
Penso poter dare qualcosa di più di quanto già fatto in 40 anni di lavoro con il Catholic Relief Services. Durante questa esperienza penso di aver incontrato persone meravigliose, di grande dignità, che lavorano nella Chiesa cattolica in tutto il mondo. Le suore che lavorano nella sanità, il parroco che sta facendo del suo meglio nel sud delle Filippine, il vescovo che sta mediando i negoziati di pace con i ribelli. Ho incontrato tutte queste persone e mi hanno offerto ospitalità, amicizia , spesse volte un letto ed un pasto nella loro casa. Ora li trovo qui a Roma. Passano da me, mi vengono a visitare. E così voglio ripristinare e continuare quelle relazioni che ho sviluppato in 40 anni. Alcuni di loro non li vedo da 40 anni. Mentre passano a Roma, offro loro una tazza di caffè, un invito a pranzo, una buona conversazione e la possibilità di discutere insieme i problemi da risolvere. Conosco i loro problemi perché li ho già affrontati con il Catholic Relief Services.
Così sto ampliando la conoscenza e l’impegno di questa Ambasciata con gli uffici della Curia Romana, con le comunità religiose, con la Caritas, con i movimenti e mi sento a mio agio in questo ambiente. Quindi spero di favorire ottime relazioni tra l’Ambasciata e la Santa Sede.
(La prima parte è stata pubblicata ieri, venerdì 6 dicembre)