Un’omelia durissima, pronunciata da papa Francesco con toni profondi, commossi ed addolorati. “A me che importa?”: lo disse Caino quando Dio gli chiese dove fosse finito il fratello e questa frase il Papa l’ha ripetuta ben dieci volte, come monito per l’umanità contro tutte le guerre.
Presiedendo la messa presso il Sacrario di Redipuglia, il Santo Padre ha sottolineato innanzitutto il contrasto tra la “bellezza del paesaggio” circostante, “dove uomini e donne lavorano portando avanti la loro famiglia, dove i bambini giocano e gli anziani sognano” e la tragica realtà della morte per causa bellica. “La guerra è una follia”, ha ribadito.
Se Dio, da un lato, “porta avanti la sua creazione”, “la guerra distrugge” tutto ciò che Dio crea, a partire dall’“essere umano”, ovvero quanto di più bello Dio ha creato. E la principale follia della guerra è nella pretesa di portare avanti un “piano di sviluppo […] mediante la distruzione”.
Alla base di ogni guerra ci sono “la cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere”, tutti fattori “spesso giustificati da un’ideologia”. Quando l’ideologia non c’è, “c’è la risposta di Caino: “A me che importa?”, «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà”, ha proseguito il Papa.
Nel Sacrario di Redipuglia sono sepolte le ossa di tante persone, che avevano “i loro progetti” e “i loro sogni” e le cui vite sono state “spezzate” dalla guerra.
E ancora una volta il Pontefice ha sottolineato che, dopo il disastro dei due conflitti mondiali nella prima metà del secolo scorso, oggi “forse si può parlare di una terza guerra combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri, distruzioni”.
“A me che importa?”, ha aggiunto amaramente il Papa, dovrebbe essere il titolo della “prima pagina dei giornali” in questi giorni. E ancora oggi, Caino ripeterebbe: “sono forse io il custode di mio fratello?”.
Nel Vangelo, però, Gesù ci chiede un atteggiamento opposto: “Lui è nel più piccolo dei fratelli: Lui, il Re, il Giudice del mondo, è l’affamato, l’assetato, il forestiero, l’ammalato, il carcerato… Chi si prende cura del fratello, entra nella gioia del Signore; chi invece non lo fa, chi con le sue omissioni dice: “A me che importa?”, rimane fuori”, ha affermato Francesco.
Soffermandosi sul presente, il Santo Padre ha osservato come, “dietro le quinte” dei conflitti di oggi ci siano “interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!”.
Al pari di Caino, anche i “pianificatori del terrore”, gli “organizzatori dello scontro” e gli “imprenditori delle armi” hanno scritto nel cuore: “A me che importa?”.
“È proprio dei saggi riconoscere gli errori, provarne dolore, pentirsi, chiedere perdono e piangere”, tuttavia questa capacità è inibita a un “cuore corrotto”, ha spiegato il Papa. Infatti “Caino non ha pianto” e la sua ombra “ci ricopre oggi, qui, in questo cimitero”, come si riscontra “nella storia che va dal 1914 fino ai nostri giorni”.
In conclusione dell’omelia, “con cuore di figlio, di fratello, di padre”, papa Francesco si è rivolto a tutti i ‘guerrafondai’ del mondo, chiedendo loro la “conversione del cuore” e il passaggio da quale “a me che importa?” al “pianto” per tutte le vite spezzare dalla “follia della guerra, in ogni tempo. L’umanità ha bisogno di piangere e questa è l’ora del pianto”.
Per leggere il testo integrale dell’omelia si può cliccare qui.