Molti sono chiamati, ma pochi eletti

Lettura patristica per la 25ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente Lettura patristica per la 25ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A.

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Gregorio Magno,
Homelia XIX, 1-3.5-6 

1. Le ore della divina chiamata

L’operaio, dunque, (che fu chiamato) al mattino, all’ora terza, sesta e nona, indica quell’antico popolo ebraico che fin dagli inizi del mondo, nei suoi eletti, si studiò di onorare Dio con retta fede, come se non cessasse di faticare nel coltivare la vigna. All’undicesima ora sono chiamati i pagani, ai quali anche è chiesto: “Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?” (Mt 20,6). Essi, infatti, per così lungo tempo non si erano curati di lavorare per la loro vita, come se stessero in ozio tutto il giorno. Ma pensate, fratelli carissimi, cosa risposero alla domanda: Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi” (Mt 20,7). Nessun patriarca, nessun profeta era stato mandato loro. E cosa significa: «Nessuno ci ha presi a lavorare», se non questo: «Nessuno ci ha predicato le vie della vita»? Cosa dunque diremo a nostra scusa, quando abbiamo omesso di fare il bene noi che fin dal grembo della madre siamo venuti alla fede, che fin dalla culla abbiamo udito le parole di vita, che insieme al latte carnale abbiamo attinto il liquore della predicazione celeste al seno della santa Chiesa?

Possiamo anche distinguere le diverse ore in relazione ad ogni uomo, secondo i diversi momenti delle sue età. Così il mattino è la puerizia del nostro intelletto. L’ora terza può indicare l’adolescenza, perché quando cresce il calore dell’età è come se il sole salisse in alto. L’ora sesta è la gioventù, perché come il sole sembra fermarsi nel mezzo (del cielo), in essa viene raggiunto il pieno vigore. L’ora nona raffigura la maturità, nella quale il sole comincia a declinare, perché in questa età comincia a venir meno il calore della gioventù. L’undicesima ora è quella età che viene detta decrepita, cioè la vecchiaia… Siccome poi uno chiamato alla vita santa durante la puerizia, un altro nell’adolescenza, un altro nella gioventù, un altro nella vecchiaia, un altro ancora nell’età decrepita, ecco che gli operai sono chiamati alla vigna in ore diverse. Osservate pertanto i vostri costumi, fratelli carissimi, e vedete se siete già operai di Dio. Ciascuno esamini le sue opere e consideri se sta faticando nella vigna del Signore. Chi infatti in questa vita cerca le cose sue, non è ancora giunto alla vigna del Signore. Lavorano invece per lui coloro che pensano non ai propri guadagni, ma a quelli del Signore, e che per lo zelo della carità si dedicano ad opere pie, si adoperano a conquistar anime, si affrettano a condurre con sé anche gli altri alla vita. Chi invece vive per sé e si pasce dei piaceri della sua carne, è giustamente accusato di essere ozioso, perché non aspira al frutto dell’opera divina.

Chi poi ha trascurato fino a tarda età di vivere per Dio, è come se fosse stato in ozio fino all’undicesima ora. Per cui, giustamente, vien detto a coloro che sono rimasti indolenti fino all’undicesima ora: “Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? È lo stesso che dire: «Anche se non avete voluto vivere per Dio nella puerizia e nella giovinezza, ravvedetevi almeno nell’ultima età, e, sia pure in ritardo, quando ormai non c’è più molto da faticare, venite alla via della vita». Anche questi chiama il padrone di casa, e il più delle volte essi sono ricompensati prima, perché uscendo prima dal corpo, vanno al regno prima di quelli che sembravano essere stati chiamati fin dalla puerizia. Non giunse forse all’undicesima ora il buon ladrone? Se non giunse a quell’ora per l’età, vi giunse certo quanto alla sofferenza, egli che riconobbe Dio mentre era in croce e spirò quasi mentre faceva tale professione. Il padrone di casa cominciò così la distribuzione della paga dall’ultimo, perché condusse al riposo del paradiso il ladrone prima di Pietro. Quanti patriarchi vissero prima della Legge, quanti sotto la Legge, e tuttavia coloro che furono chiamati alla venuta del Signore giunsero senza alcun indugio al regno dei cieli!…

Ma è terribile ciò che segue a queste (parole): “Molti sono chiamati, ma pochi eletti” (Mt 26,16), perché molti vengono alla fede, pochi giungono al regno dei cieli. Ecco infatti in quanti siamo convenuti alla festa di oggi e riempiamo le mura di questa chiesa; e tuttavia chissà quanto pochi sono quelli che sono annoverati nel gregge degli eletti di Dio! Ecco infatti la voce di tutti grida: «Cristo!», ma la vita di tutti non grida altrettanto. I più seguono Dio a parole, lo fuggono con la condotta pratica di vita…

Di questi tali, fratelli carissimi, ne vedete molti nella Chiesa, ma non dovete né imitarli e neppure disperare (della loro salvezza). Noi vediamo infatti quello che è oggi ciascuno, ma non sappiamo che cosa potrà diventare domani. Molte volte anche chi sembra venire dopo di noi ci precede con l’agilità delle buone opere, e a stento seguiamo quello che oggi crediamo di precedere. Certamente, mentre Stefano moriva per la fede, Saulo custodiva le vesti di coloro che lo lapidavano. Egli dunque lapidò con le mani di tutti, perché rese tutti più spediti nel lapidare; e tuttavia con le sue fatiche precedette nella santa Chiesa quello stesso che con le sue persecuzioni aveva reso martire. Ci sono dunque due cose alle quali dobbiamo seriamente pensare. Siccome infatti “molti sono chiamati, ma pochi eletti“, per prima cosa nessuno deve minimamente presumere di se stesso, perché anche se è già stato chiamato alla fede non sa se è degno del regno eterno. La seconda cosa è che nessuno osi disperare del prossimo, che forse ha visto giacere nei vizi, perché ignora le ricchezze della misericordia divina.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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