Il volo di ritorno di Francesco dall'Albania con le lacrime ancora negli occhi

Nella conferenza stampa sul volo Tirana-Roma, il Papa racconta della “sorpresa” di aver toccato con mano la sofferenza di un popolo e della forte emozione di “sentire un martire parlare del proprio martirio”

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In una sola ora e mezzo di volo Tirana-Roma si pensava che Papa Francesco – dopo il tour de force in Albania – si riposasse e non tenesse la tradizionale conferenza stampa aerea. Invece, l’instancabile Papa ha voluto comunque incontrare i circa 50 giornalisti a bordo del boeing dell’Alitalia, provenienti da circa dieci paesi diversi.

Il colloquio è stato introdotto dal portavoce vaticano padre Federico Lombardi che ne ha subito messo in chiaro le modalità di svolgimento: “Siamo molto grati al Santo Padre di essere con noi – ha detto – anche alla fine di una giornata così impegnativa. Ha voluto essere a disposizione per alcune domande, ma poche, e sul viaggio”.

La precedenza è stata data quindi ai tre reporter delle televisioni albanesi, che da Tirana sono venuti a Roma proprio per accompagnare il Santo Padre passo dopo passo.

La prima domanda riguarda la “idea” che il Vescovo di Roma aveva in mente sul popolo albanese: un popolo “sofferente” e “tollerante”. “Ha trovato qualche altra qualità negli albanesi, che ha potuto toccare? – domanda al Papa la cronista – Sono queste qualità quelle giuste per far tornare l’aquila nel nido?”.

“Non è tollerante, l’albanese; è fratello”, afferma Francesco, dicendo di aver “toccato” con mano il dolore insito nel popolo balcanico. L’albanese – dice – “ha la capacità della fratellanza: è di più”. Un aspetto, questo, che si denota “nel convivere, nel collaborare tra gli islamici, gli ortodossi e i cattolici”, operanti insieme “come fratelli”.

Ma un’altra caratteristica che ha colpito il Pontefice “è la giovinezza del Paese”. “Mi hanno detto che è il Paese più giovane d’Europa”, ammette, “ma l’Albania ha, si vede proprio, uno sviluppo superiore nella cultura e anche nella governance, grazie a questa fratellanza”.

Immancabile la domanda poi sui martiri del paese, citati più volte dal Papa nei suoi cinque discorsi, e che Francesco ha potuto ‘guardare’ negli occhi attraverso le gigantografie dei chierici martirizzati durante il regime comunista, appese sul boulevard che dall’aeroporto di Tirana portava fino a piazza Madre Teresa.

È stata questa una grande emozione per il Vescovo di Roma, che per due mesi – confessa – ha studiato quei drammatici 25 anni in cui in Albania regnava un soffocante ateismo. “Voi avete radici culturali bellissime, e forti, di grande cultura, fin dall’inizio”, osserva. E rimarca di essere rimasto impressionato dal “livello di crudeltà terribile”.

“Quando ho visto queste fotografie – afferma il Papa – ma non solo i cattolici, anche ortodossi, anche gli islamici … e quando ho pensato alle parole loro rivolte: ‘Ma, tu non devi credere in Dio’ – ‘Io ci credo!’ – bum, e lo facevano fuori. Per questo dico che anche tutte e tre le componenti religiose hanno dato testimonianza di Dio e adesso danno testimonianza della fratellanza”.

Proprio in riferimento a questo ‘ecumenismo del sangue’, a Bergoglio viene posta una domanda sul “momento precario della situazione globale” dovuto specialmente all’ondata di morte e distruzione seminata dagli estremisti musulmani dello Stato Islamico. Ci troviamo in una sorta di “terza guerra mondiale” in atto, aveva detto lo stesso Pontefice sul volo di ritorno dalla Corea del Sud.

In tal contesto, come si pone la visita di un Papa in un paese “a maggioranza musulmana”? E soprattutto, la sua esortazione ad un fervido dialogo interreligioso, come pure la denuncia che “uccidere in nome di Dio è un sacrilegio”, è un messaggio valido solo per gli albanesi, “o va oltre?”.

“No: va oltre”, risponde fermo Papa Francesco, ricordando la strada di “pace, convivenza e collaborazione” percorsa dall’Albania “che va oltre”, fino “ad altri Paesi che hanno ugualmente radici etniche diverse”.

Precisa poi che l’Albania è, sì, un Paese musulmano nella maggioranza, ma “non è un Paese musulmano. È un Paese europeo”. “Per me questa è stata una sorpresa – dice -, è un Paese europeo, proprio per la cultura di convivenza, anche per la cultura storica che ha avuto”.

Oltre alle parole del Papa, ciò che rimarrà maggiormente impresso di questo quarto viaggio internazionale è il pianto del Pontefice dopo aver ascoltato le testimonianze del sacerdote e della religiosa, nella cattedrale di San Paolo, vittime di persecuzioni negli anni regime comunista. “Sentire parlare un martire del proprio martirio, è forte!”, confida il Papa con la commozione ancora negli occhi. “Credo che tutti noi che eravamo lì eravamo commossi. E quei testimoni parlavano come se parlassero di un altro, con una naturalezza, un’umiltà. A me ha fatto bene!”.

In chiusura della conferenza si sono ricordati i prossimi viaggi del Santo Padre, entrambi nel mese di novembre: il 25 a Strasburgo, con la visita al Consiglio d’Europa e al Parlamento Europeo; poi il 28 in Turchia, per presenziare alla festa del Patrono Sant’Andrea, il 30, con il Patriarca Bartolomeo. E a chi fa notare che la Turchia è proprio al confine con l’Iraq, il Papa risponde con una battuta: “Sì, ma la geografia, non posso cambiarla”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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