Tra i maggiori rischi che minacciano i giovani del terzo millennio c’è sicuramente la perdita della speranza. Non è raro incontrare ragazzi delusi, sfiduciati, che hanno paura del domani e sembrano avvolti in un cupo pessimismo.
Alla base di questa deriva c’è spesso uno scarso senso di appartenenza alla collettività. Siamo condizionati da un mondo che ci spinge ad essere soli, cercando di ottenere il benessere attraverso la scorciatoia dell’egoismo e dell’individualismo.
Pensiamo, solo per fare un esempio, a come è cambiato il modo di vivere l’infanzia.
Oggi i bambini entrano sempre più tardi in relazione con gli altri. Non giocano quasi più all’aperto e stanno ore davanti al computer o al telefonino. Oppure vengono “parcheggiati” davanti alla televisione.
Sta scomparendo l’antica tradizione del cortile, della piazza, dove i bambini di una volta entravano prestissimo in contatto con gli altri, attraverso la dimensione del gioco. Questo ritardo sociale è un segno dei tempi, in cui si cresce rinchiusi nel proprio guscio. Un guscio che rischia di risucchiarci per sempre.
Per ritrovare la speranza bisogna, prima di tutto, recuperare il senso della collettività. Noi non siamo soli! Il mondo non è soltanto il nostro orticello da coltivare, ma un intero universo da scoprire. Scoprendolo, capiremo che tanta gente crede ancora in quei valori universali che sono scritti nel cuore di ogni essere umano.
Se si comprende l’importanza del rapporto con gli altri e del proprio contributo all’interno della società, si potrà ritrovare ottimismo e fiducia nel domani. Sarà possibile illuminare il mondo con una luce nuova, diversa, rassicurante.
Un bellissimo libro che può aiutare i giovani (e non solo) a ritrovare il senso della collettività e della relazione è “La buona battaglia” (Editrice Tau), scritto dal giornalista Carmine Alboretti, direttore del quotidiano “La Voce sociale”.
E’ una raccolta di interessanti riflessioni su temi di attualità che riguardano la famiglia, i rapporti umani, la politica, l’economia, la giustizia, la legalità, il rispetto per la vita. Si conclude con una postfazione di Mons. Mario Toso, Segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.
La lettura del libro di Carmine Alboretti genera entusiasmo e speranza. Aiuta a comprendere l’importanza del rapporto con gli altri e a ritrovare la consapevolezza di appartenere alla grande famiglia umana, in cui nessuno dev’essere solo. E’ questa la strada da percorrere per uscire dalla crisi di identità e di valori che attraversa la società di oggi.
Non possiamo amare davvero se restiamo chiusi nel nostro guscio! L’esempio da seguire, nel cammino della vita, è quello del buon samaritano. E’ la cultura dell’incontro, che Papa Francesco ci invita a coltivare con fiducia, senza mai stancarci di cercare il dialogo con gli altri.
Sono bellissime le parole di Mons. Mario Toso nella postfazione del libro: “Il bene comune va realizzato tramite l’apporto di tutti, anche dei più poveri, che non sono da considerare un “fardello”. Una società matura è quella in cui la libertà è pienamente responsabile ed è basata sull’amore fraterno e sul mutuo potenziamento. La rifondazione della democrazia non è compito soltanto di qualcuno. Non si tratta di articolare unicamente un nuovo programma economico e sociale, ma soprattutto un progetto politico e un tipo di società in cui c’è posto per tutti, in cui tutti sono chiamati a collaborare alla realizzazione del bene comune!”