Fare del male pronunciando "parole cristiane senza Cristo"

A Santa Marta, il Papa avverte dal pericolo di dire belle parole di apparente cristianesimo che però, non fondate sulla roccia che è Gesù, portano solo “alla pazzia della vanità e dell’orgoglio”

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Mentre nella stanza adiacente gli otto cardinali proseguono i lavori per riformare la Curia romana, anche Papa Francesco continua, nella Cappellina della Domus Santa Marta, un’opera di riforma. Non dei Dicasteri vaticani, bensì delle coscienze dei cristiani. Questa mattina, infatti, il Santo Padre ha denunciato un aspetto dell’essere cristiani che già qualche mese fa aveva stigmatizzato in una delle sue ‘famose’ omelie mattutine. E che aveva scosso l’animo di non pochi fedeli. Quello, cioè, dell’essere “cristiani senza Cristo”, di pronunciare parole cristiane senza metterle in pratica, rischiando così di far del male a se stessi e agli altri.

Per la sua riflessione, Francesco trae spunto dalla parabola evangelica della liturgia odierna, in cui Gesù rimprovera i farisei di conoscere i comandamenti ma di non realizzarli nella loro vita. Quelle che escono dalla bocca dei farisei “sono parole buone”, osserva il Papa, ma se non vengono messe in pratica “non solo non servono, ma fanno male: ci ingannano, ci fanno credere che noi abbiamo una bella casa, ma senza fondamenta”. Invece ascoltare e mettere in pratica la parola del Signore è come costruire la casa sulla roccia.

Questa figura della roccia, spiega il Pontefice, “si riferisce al Signore”. Infatti il profeta Isaia, nella Prima Lettura, afferma: “Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna!”. “La roccia è Gesù Cristo! La roccia è il Signore!” esclama il Santo Padre, spiegando che: “Una parola è forte, dà vita, può andare avanti, può tollerare tutti gli attacchi, se ha le sue radici in Gesù Cristo”. Al contrario, “una parola cristiana che non ha le sue radici vitali, nella vita di una persona, in Gesù Cristo, è una parola cristiana senza Cristo!”. E, questa, può danneggiare profondamente.

Il Papa approfondisce il concetto ricordando uno scrittore inglese che, parlando delle eresie, disse: “Un’eresia è una verità che è diventata pazza”. “Quando le parole cristiane sono senza Cristo incominciano ad andare sul cammino della pazzia” sottolinea Bergoglio. Con un effetto valanga, da questa pazzia si scade poi nei peccati di superbia e di orgoglio. “Una parola cristiana senza Cristo ti porta alla vanità – avverte infatti Papa Francesco – porta alla sicurezza di te stesso, all’orgoglio, al potere per il potere”.

Il Signore, però, “abbatte queste persone”. La storia della Salvezza lo dimostra costantemente. Ricorda Bergoglio: “Lo dice Anna, la mamma di Samuele; lo dice Maria nel Magnificat: il Signore abbatte la vanità, l’orgoglio di quelle persone che si credono di essere roccia”. Il Signore, insiste il Papa, umilia “queste persone che soltanto vanno dietro una parola”, magari cristiana pure, ma che viene pronunciata senza “il rapporto”, “la preghiera”, “il servizio”, “l’amore” a Gesù Cristo.

Allora, ribadisce il Pontefice, “il Signore oggi ci dice di costruire la nostra vita su questa roccia e la roccia è Lui”. Sarebbe utile, pertanto, farsi “un esame di coscienza” per capire “come sono le nostre parole”, se sono parole “che credono di essere potenti”, o “parole con Gesù Cristo”. “Mi riferisco alle parole cristiane – dice Francesco – perché quando non c’è Gesù Cristo anche questo ci divide fra di noi, fa la divisione nella Chiesa”.

Come sempre, al termine dell’omelia, il Papa indica la grazia da chiedere a Dio. Oggi, afferma, “dobbiamo chiedere al Signore la grazia di aiutarci in questa umiltà, che dobbiamo avere sempre, di dire parole cristiane in Gesù Cristo, non senza Gesù Cristo”. L’umiltà – conclude – “di essere discepoli salvati e di andare avanti non con parole che, per credersi potenti, finiscono nella pazzia della vanità, nella pazzia dell’orgoglio”, ma con parole “fondate su Gesù Cristo!”.


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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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