Affinità e differenze tra Papa Benedetto XVI e G.K. Chesterton

Una lettura chestertoniana del pontificato di Benedetto XVI

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di Paul De Maeyer

ROMA, martedì, 7 febbraio 2012 (ZENIT.org).- Presso l’Oratorio dei Padri Filippini in via Lomellini di Genova si terrà sabato 11 febbraio il convegno “Common Sense Day. La paradossale bellezza del quotidano. Una giornata per G.K.Chesterton”.

A concludere la kermesse dedicata interamente al grande scrittore e pensatore inglese sarà Andrea Monda, professore di religione e di “letteratura e cattolicesimo” della Pontificia Università Lateranense, con una relazione su “Buon senso, buona vita e buon umore: G.K. Chesterton e Benedetto XVI”.

Nel corso del suo intervento il prof. Monda fornirà delle anticipazioni del suo prossimo saggio che verrà pubblicato a metà marzo dalla casa editrice Lindau “Benedetta umiltà. Le virtù semplici di Joseph Ratzinger”, una lettura “chestertoniana” del pontificato di Benedetto XVI.

ZENIT lo ha intervistato.

Che relazione c’è tra Chesterton e Joseph Ratzinger?

MONDA: Il giovane Joseph Ratzinger ha letto e apprezzato diversi libri di Chesterton e infatti qua e là, sia prima che dopo l’elezione pontificia, emergono citazioni dirette o indirette dell’opera dell’inventore di padre Brown. Ma quello che ho cercato di fare nel libro e che farò a Genova non è tanto una ricostruzione filologica di queste citazioni, quanto un piccolo ragionamento che si sviluppi, partendo dalle due figure del pensatore inglese e del teologo e pontefice bavarese, attorno ad alcuni temi che poi intersecano quelli posti al centro dell’attenzione dagli organizzatori del convegno: il buon senso, la buona vita e il buon umore.

Nell’immaginario collettivo e mediatico, Papa Benedetto XVI non è associato all’umorismo, questa vulgata corrisponde alla verità?

MONDA: Raramente un’immagine “vulgata” rende ragione della complessità della vita. La verità è che Ratzinger, come ogni uomo, è un mistero, una realtà complessa spesso malridotta dall’immagine che prevale nei mass-media; è da qui che è scaturita in me l’esigenza di scrivere un libro che dia maggiore spessore e prospettiva ad un quadro che altrimenti risulta piatta, bidimensionale: il Papa dei “no”, il Papa tedesco arcigno difensore del rigore della norma morale.. Quello che c’è di vero in tutto questo è che Joseph Ratzinger è una persona seria. Ma, attenzione, dice bene Chesterton quando ricorda, con il suo tipico gusto per il paradosso, che “serio non è l’opposto di divertente, l’opposto di divertente è non divertente, noioso”. Ecco il Papa è una persona seria, che prende sul serio il Vangelo e ogni uomo che incontra, una persona seria e quindi anche divertente, che conosce il valore del buon umore, dell’umorismo e del sorriso.

E’ in questo gusto del paradosso il punto di contatto tra Chesterton e Benedetto XVI?

MONDA: Si è no. Senz’altro sì: trattandosi di due persone di grande acume e intelligenza, i loro ragionamenti non sono piatti ma scoppiettanti, a volte spiazzanti, che esigono una flessibilità anche nell’intelligenza dell’interlocutore, insomma pretendono interlocutori adeguati, alla loro altezza. Al tempo stesso sia Chesterton sia il Papa non sono due intellettuali che si accontentano di sfornare frasi paradossali, arguzie o giochi di parole. Il loro ragionamento è finalizzato al dialogo, non è un fuoco d’artificio ma la ricerca di avere un rapporto con l’altro (anche con chi è distante, chi non crede, chi è “nemico” della fede) senza tradire l’adesione alla propria fede che è innanzitutto vissuta, praticata e quindi predicata.

Qual è il rapporto tra i due e il buon senso, la vita buona e il buon umore?

MONDA: Questo è ciò di cui parlerò al bel convegno di Genova. I tre aspetti sono tra loro collegati e in tutti e tre i casi si può notare un analogo comportamento dello scrittore e del pontefice. Riguardo al buon senso: per Chesterton esso è riscontrabile nelle favole dei bambini le cui “morali” sono valide ancora oggi e fa l’esempio di Cenerentola che ha lo stesso significato del Magnificat del Vangelo di Luca: “ha esaltato gli umili”. Lo scrittore inglese procede controcorrente rispetto alla tendenza dell’uomo occidentale moderno e contemporaneo, magari perbene e rispettabile, che ritiene il buon senso come il superamento del mondo dell’infanzia, pieno di amene fantasie irreali, per entrare nel mondo della ragione e magari della scienza sperimentale, vista come unica fonte di verità (ma purtroppo non di significato). Anche Papa Ratzinger procede controcorrente: per lui il buon senso è quello che emerge dal Vangelo e dalla fede cristiana e cioè nel paradosso del dare la vita per amore. Tutto ciò appare come una voce fuori dal coro, perché il “coro” della modernità e della contemporaneità ha relegato il cristianesimo nella stessa stanza delle favole dei bambini, un luogo antico e polveroso in cui magari era piacevole starci durante l’infanzia, ma del tutto superfluo nel momento in cui si raggiunge la maturità e l’autonomia. In questo senso la religione risulta come una vecchia superstizione, una pesante sovrastruttura che opprime il libero dispiegarsi dell’uomo maturo, adulto ed emancipato.

E per quanto riguarda la buona vita?

MONDA: La suddetta vulgata su Papa Ratzinger lo dipinge come custode arcigno della verità e lo ritrae come un ossessionato della verità, che usi la verità come un randello contro la libertà. Invece il rapporto dialettico che sta a cuore al Papa non è quello di verità/falsità ma quello di gioia/noia. La vita buona per Benedetto XVI anche qui, come nel caso del buon senso, è quella che scaturisce dall’adesione al Vangelo. E lo stesso dicasi per Chesterton. E in tutti e due i casi, la vita che così scaturisce è “buona”, ma non è affatto tranquilla ma anzi assomiglia quasi ad una battaglia. La vita buona è il desiderio profondo che anima e agita il cuore di ogni uomo. “Qualsiasi tipo di uomo sia” scrive Chesterton, “egli non basta a se stesso, sia nella pace che nella sofferenza. Tutto il movimento della vita è quello di un uomo che cerca di raggiungere un qualche luogo e che lotta contro qualcosa”. Il Papa gli fa eco quando ricorda che “soltanto l’infinito colma il cuore dell’uomo”, vivere bene non vuol dire essere persone “per bene”, ma significa cogliere e accogliere la vita come avventura. La vita buona non è un accomodamento facile, non è aver trovato la formula per tenere insieme tutto nella propria giornata dell’uomo occidentale indaffarato e segnato dall’attivismo. No, la buona vita è arrendersi a Cristo, segno di contraddizione. Da questa resa nasce la vita della fede come avventura, come incontro non con un’idea, una formula ideologica (che sarebbe pura idolatria, stato-latria o ego-latria alla fine poco cambia) ma l’incontro con una persona. Solo un incontro con qualcuno più grande può rendere felice l’uomo.

Infine, il buon umore, forse lo humour dell’inglese Chesterton è lo stesso del Papa tedesco?

MONDA: Da un certo punto di vista sì, perché in entrambi i casi l’umorismo affonda le radici nell’umiltà. Non è un caso che anche a livello etimologico le due parole nascano da humus, terra. Chi è “terra terra”, chi non si innalza in superbia, è ad un tempo umile e dotato di umorismo, perché conosce l’ironia e l’autoironia, perché avverte magari confusamente che esiste un mondo più grande del proprio io e, oltre questo mondo, Qualcuno ancora più grande. Il mondo moderno da questo punto di vista offre segnali sconfortanti perché non c’è più il buon umore ma la rabbia, non c’è l’ironia ma il sarcasmo, non c’è il sentimento ma il risentimento. Ma una società che perde il senso dell’umorismo, ricordava Maritain, si prepara al suo funerale. Chesterton e Ratzinger, in diversi tempi e modi, gridano però verso questa follia che avvolge l
a vita degli uomini occidentali e ricordano a tutti che esiste una possibilità per la gioia, non per il piacere, che è sempre più piccolo dell’uomo e sotto il suo controllo, ma per la gioia, che è sempre un mistero grande. La gioia, scrive Chesterton nella pagina finale del suo capolavoro Ortodossia: “è il gigantesco segreto del cristiano”. Ed è il segreto anche di Benedetto XVI che, con il suo sorriso, timido e impacciato, ma fermo, paziente, con la forza di un’intelligenza pulita, nitida, onesta, pacata, e con l’energia di una fede vissuta senza fronzoli con l’abbandono di un bambino, sfida ogni giorno le tentazioni degli uomini suoi contemporanei verso le pigrizie e le scorciatoie, le ideologie e le idolatrie che sempre si rinnovano in un cuore che vive nel malumore e nel risentimento. Da questo punto si può definire Benedetto XVI come Papa della gioia, forse la parola più ricorrente nei suoi discorsi da quando è stato eletto, perché, come ha affermato nel recente libro intervista Luce del mondo:Tutta la mia vita è stata attraversata da un filo conduttore: il Cristianesimo dà gioia, allarga gli orizzonti1. Ecco qua, in una frase tutto Ratzinger e, se ci pensiamo bene, tutto Chesterton. Fede, gioia, ragione. Buon senso, buona vita, buon umore.

1 Benedetto XVI, Luce del mondo, LEV, 2010, p.27

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E’ possibile acquistare il libro del professore Andrea Monda cliccando su:
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ZENIT Staff

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