La recrudescenza del terrorismo islamico in questa stagione richiede un rinnovato impegno da parte delle Nazioni Unite. Lo ha detto il cardinale Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, intervenendo ieri alla 69° Sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU a New York.
Sottolineando gli sforzi della Santa Sede per la pace e lo sviluppo socio-economico dei popoli, il porporato ha ricordato l’incoraggiamento di papa Francesco agli “uomini e donne di buona volontà”, affinché impieghino i loro talenti “a servizio della cooperazione, in sinergia con la comunità politica ed ogni settore della società civile”.
Riguardo alla situazione contingente nel Nord dell’Iraq e in alcune parti della Siria, ha proseguito Parolin, si riscontra il “nuovo fenomeno” dell’esistenza di una organizzazione terroristica che “minaccia tutti gli Stati, con l’obiettivo di dissolverli e rimpiazzarli con un governo mondiale pseudo-religioso”.
In realtà questa dinamica di violenza nasce da un profondo “disprezzo di Dio” e falsifica la religione stessa, facendo leva soprattutto su un mondo giovanile “disilluso”, segnato da una “diffusa indifferenza” e dalla “scarsità di valori nelle società più ricche”.
Questo scenario spinge la Santa Sede a concentrarsi su due linee di azione: in primo luogo nei confronti delle “origini politiche e culturali delle sfide contemporanee”; in secondo luogo a considerare uno “studio di effettività del diritto internazionale al giorno d’oggi” di modo da implementare i meccanismi usati dalle Nazioni Unite per “prevenire le guerre, fermare le aggressioni, proteggere le popolazioni ed aiutare le vittime”.
Il modello geopolitico dello “scontro di civiltà”, che per molti anni ha animato il dibattito sul terrorismo, a seguito degli attacchi dell’11 settembre 2001, ha osservato il cardinale Parolin, ignora “profonde esperienze di buone relazioni tra culture, gruppi etnici e religioni”. Altro metodo rivelatosi fallimentare sono state le “soluzioni unilaterali”.
Si tratta di approcci “riduzionisti” che giocano in particolare su “paure e pregiudizi” e che conducono a “reazioni di natura xenofoba che, paradossalmente, rinforzano i sentimenti che sono al cuore del terrorismo stesso”.
La strada maestra, ha ribadito il Segretario di Stato Vaticano, è quella della “promozione del dialogo” e della “comprensione tra le culture che è già implicitamente contenuta nel Preambolo del Primo Articolo della Carta delle Nazioni Unite”. Questo metodo deve diventare “un obiettivo sempre più esplicito della comunità internazionale e dei governi, se siamo davvero impegnati per la pace nel mondo”.
Non basta, tuttavia, l’“apertura culturale” per fronteggiare le sfide del terrorismo. È necessario, ha affermato il cardinale Parolin, che il diritto internazionale faccia la sua parte, in quanto il terrorismo mira non solo a “danneggiare i governi e le strutture economiche” ma anche ad “imporre le proprie leggi, distinte ed opposte a quelle degli stati sovrani”.
La delegazione vaticana presente ieri all’Assemblea Generale dell’ONU, auspica di “ricordare che è sia lecito che urgente fermare un’aggressione attraverso l’azione multilaterale e un uso proporzionato della forza”.
È pertanto “deludente”, ha proseguito il massimo rappresentante della diplomazia vaticana che, al momento, “la comunità internazionale sia caratterizzata da voci contraddittorie o addirittura dal silenzio riguardo ai conflitti in Siria, in Medio Oriente o in Ucraina”. È fondamentale che ci sia “unità d’azione per il bene comune”, e che si eviti “il fuoco incrociato dei veti”.
Parlando della “atroce persecuzione” subita dai cristiani e dalle minoranze etniche in Iraq e in Siria, il porporato ha invocato un “impegno costante per rispettare e promuovere la dignità di ogni singola persona, così come è stata voluta e creata da Dio”, ovvero il “rispetto della libertà religiosa”, da considerarsi come “diritto fondamentale”.
Il dialogo tra le culture e le religioni va portato avanti non imponendo un “rigido modello politico a priori che sottovaluti la sensibilità delle singole persone”.
Se emergerà un nuovo approccio multilaterale ed una volontà espressa in “nuove formulazioni giuridiche”, sarà possibile portare “nuova vitalità alle Nazioni Unite” ed “anche a risolvere gravi conflitti, attivi o dormienti, che colpiscono ancora alcune aree di Europa, Africa e Asia”, ha proseguito il cardinale Parolin, avviandosi alla conclusione del discorso.