Il Festival Francescano a Rimini si è concluso ieri con un ospite d’onore: il cardinale Luis Antonio Tagle. Con la testimonianza dell’arcivescovo di Manila la manifestazione ha chiuso le tre giornate che hanno registrato oltre 30mila presenze. Nel 2015 si trasferirà poi a Bologna dedicata al tema del rispetto per il Creato.
A tutti i partecipanti il porporato ha esortato a coltivare la pace “partendo dalle piccole cose, dalla strada, da piccoli grandi gesti di amicizia”. “Ognuno di noi – ha aggiunto – può gettare semi di pace. Forse non verranno visti in Ucraina o in Siria, ma il Signore li vede e può accrescere la loro forza”.
Questo è possibile realizzarlo attraverso esperienze concrete che mostrano come sia possibile “far brillare la forza del Vangelo” in quelle che Papa Francesco chiama “periferie esistenziali”, che sono uno “spazio umano, non solo geografico” dove è possibile al di là della disperazione, vivere la “vera letizia francescana”. “Anche nelle zone di conflitto la letizia è presente – ha affermato il cardinale -. È un dono che si manifesta con una tal potenza, da rimanere, a volte, un mistero”.
Questa letizia, questa “gioia missionaria” che è “molto più forte della felicità” si scopre soprattutto avvicinandoci agli emarginati. “È la gioia che si prova nel sentirsi inviati di Dio”, ha detto Tagle, ed è una gioia che ognuno deve sentire nel proprio cuore sempre, perché “dobbiamo resistere alla tentazione di rassegnarci”, spece di fronte alla tragedie che si consumano nel mondo. “La speranza e la fede devono spingerci a mantenere lo spirito di dialogo con persone di altre religioni, a credere nella pace”, ha insistito l’arcivescovo.
Ha poi rivolto un pensiero a Papa Francesco, soprattutto al suo recente viaggio in Corea. “La sua opera rivoluzionaria non è altro che la continuazione del suo modo di essere: un cuore semplice aperto al Signore”, ha affermato e ha invitato la Chiesa a prendere esempio da questo facendosi “strumento della compassione di Dio”.
“È necessario che ognuno di noi rifletta su come la compassione di Dio tocca la propria vita”, ha ribadito il porporato filippino, rimarcando che il cambiamento per una Chiesa più rispondente ai bisogni dell’umanità, “deve partire dai nostri cuori”.