In Francia si è consumata un’amara beffa ai danni di Vincent Peillon, ex ministro dell’Educazione nazionale. Durante il suo mandato, in nome della laicità dello Stato e per contribuire a “costruire un Paese libero dalla religione cattolica”, Peillon aveva redatto di suo pugno una circolare destinata a tutti i rettori scolastici nella quale raccomandava di “diffondere con la più grande energia la campagna di comunicazione di Ligne Azur, che ascolta i giovani a riguardo del loro orientamento e identità sessuale”. Inoltre, lo stesso Peillon aveva lanciato il programma Abc dell’uguaglianza, attuato finora in via sperimentale in 275 scuole d’Oltralpe con l’obiettivo dichiarato di “decostruire gli stereotipi di genere”.
Ebbene, in nome di quella stessa laicità da lui tanto decantata, ora il commissario del governo presso il Consiglio di Stato ha dato ragione alla Confederazione nazionale delle associazioni familiari cattoliche, che avevano denunciato come il ministro avesse appunto violato la “laicità dello Stato” e la “libertà di coscienza” degli alunni.
Nella sua relazione – riferisce Tempi – il commissario sottolinea come Ligne Azur (che non è una compagnia navale bensì un’associazione che promuove le istanze Lgbt) inneggi a pratiche illegali quali l’uso di droghe e la pedofilia “senza specificare che sono proibite”. Il commissario ha poi criticato pubblicamente uno degli opuscoli diffusi nelle scuole dall’associazione con l’esplicito titolo di Calare le mutande. Viene definito un “elogio del sado-masochismo e del libertinaggio (…) in termini che non osiamo ripetere in questa sede”. Si chiede quindi il commissario: “Come non comprendere che dei genitori o ragazzi siano rimasti scioccati?”.
Ma l’opera persuasiva di Ligne Azur nei confronti dei ragazzi ha lo scopo di plasmare le coscienze per interferire poi nell’ambito politico. Le battaglie dell’associazione a favore della fecondazione eterologa alle coppie di lesbiche – vietata dalla legge – è stata definita dal commissario “non compatibile con la neutralità della scuola”. Si ammette così che Peillon ha commesso “una leggerezza” a promuovere programmi scolastici che incitano gli alunni a “pervertire le regole”.
Le associazioni cattoliche francesi hanno accolto la notizia con esteso favore, interpretando la decisione del commissario come un effetto delle proteste dei movimenti di boicottaggio attuati sia dai genitori degli alunni che dagli insegnanti. E pensare che lo stesso Peillon, refrattario a prendere minimamente in considerazione la crescente insofferenza verso i suoi programmi scolastici, affermava tronfio appena prima di essere rimosso dal suo incarico che “l’impatto del movimento è marginale” e che si tratta soltanto di “un folle rumor, inventato e alimentato dai reazionari”.
Quel “folle rumor”, tuttavia, ha finora vinto una battaglia ma non la guerra contro l’indottrinamento al gender dei giovani francesi. Il successore di Peillon al dicastero dell’Educazione nazionale, Benoit Hamon, ha annunciato nel giugno scorso che presto sarà reso operativo un nuovo programma che obbliga tutti gli insegnanti a partecipare a corsi “sull’uguaglianza tra maschi e femmine” e che introduce nelle scuole frequentate da giovani tra i 6 e i 16 anni il gender non più attraverso una singola materia ma per mezzo di “dispositivi didattici precisi” che il ministero ha già iniziato da questo mese a fornire agli insegnanti di tutte le materie.
Ministero che è ora occupato da Najat Vallaud-Belkacem, rampante Marianne progressista e paladina indefessa dell’ideologia gender. La sua nomina accresce le preoccupazioni, è per questo che l’associazione Les Enseignants pour l’Enfance (Insegnanti per l’Infanzia) promettono che non si arrenderanno all’idea di “diventare funzionari muti di uno Stato che nasconde, inganna e traffica” e che pertanto fronteggeranno “le ostinazioni dei partigiani del gender che non esitano più a mettere in opera un vero indottrinamento di massa”. Sul fronte scolastico, l’autunno francese si profila assai caldo.