L’Ateneo, istituito nel 2004 e intitolato alla patrona del paese, è frequentato da studenti di diverse religioni ed è gestito da una fondazione che fa capo alla Congregazione religiosa dei Figli dell’Immacolata Concezione. Vi insegnano attualmente circa 500 docenti italiani nelle tre facoltà di Economia, Farmacia, Medicina e Chirurgia.
All’inizio del suo discorso, il Papa ha ricordato che l’Albania è stata testimone di violenze e di drammi causati dalla “forzata esclusione di Dio dalla vita personale e comunitaria”. Perché “quando, in nome di un’ideologia, si vuole estromettere Dio dalla società, – ha aggiunto – si finisce per adorare degli idoli, e ben presto l’uomo smarrisce sé stesso, la sua dignità è calpestata, i suoi diritti violati”.
“La privazione della libertà di coscienza e della libertà religiosa ferisce e condiziona una umanità radicalmente impoverita, perché priva di speranza e di riferimenti ideali”, ha sottolineato il Santo Padre. Ma ha ricordato anche comeil ritorno della libertà religiosa in Albania abbia reso possibile ad ogni comunità “ravvivare tradizioni che non si erano mai spente, nonostante le feroci persecuzioni”. A tutti ha permesso poi “di offrire, anche a partire dalla propria convinzione religiosa, un positivo contributo alla ricostruzione morale, prima che economica, del Paese”.
Nel discorso di Bergoglio tornano le parole scritte nel 1993 da Giovanni Paolo nel messaggio alla nazione Albanese: “Niente come la fede ci ricorda che, se abbiamo un unico Creatore, siamo anche tutti fratelli! La libertà religiosa è un baluardo contro tutti i totalitarismi e un contributo decisivo all’umana fraternità”.
Tuttavia, “l’intolleranza verso chi ha convinzioni religiose diverse dalle proprie” è oggi “un nemico molto insidioso”, che va manifestandosi in diverse regioni del mondo. Per questo motivo il Vescovo di Roma ha chiesto di impegnarsi per garantire la libertà religiosa, a partire dal riconoscere “in ogni uomo e donna, anche in quanti non appartengono alla propria tradizione religiosa, non dei rivali, meno ancora dei nemici, bensì dei fratelli e delle sorelle”.
Tutti, ha soggiunto il Pontefice, sono chiamati in causa “in favore del bene comune”, perché “ogni volta che l’adesione alla propria tradizione religiosa fa germogliare un servizio più convinto, più generoso, più disinteressato all’intera società, vi è autentico esercizio e sviluppo della libertà religiosa”.
Infatti, “chi è sicuro delle proprie convinzioni non ha bisogno di imporsi, di esercitare pressioni sull’altro”; ogni tradizione religiosa deve, dal proprio interno, “riuscire a dare conto dell’esistenza dell’altro”. “Più si è a servizio degli altri e più si è liberi!”, ha esclamato Papa Bergoglio e, a braccio, ha affermato: “Non si può dialogare se non si parte dalla propria identità. Sarebbe un dialogo fantasma. Non si può spiegare la propria identità facendo finta di averne un’altra”.
Infine, rivolgendosi affettuosamente ai presenti, Francesco ha ricordato che quello che accomuna le diverse religioni “è la strada della vita e la buona volontà di fare bene ai fratelli ed alle sorelle”. “Se ognuno di noi offre la testimonianza della propria identità all’altro, camminando insieme senza tradire la propria identità, allora fa bene”, perché – ha scherzato – “non siamo squadre di calcio che combattono tra loro”.
In conclusione, un pensiero per il ruolo “insostituibile” di tutti gli uomini e le donne che, ispirati dai valori delle proprie tradizioni religiose, svolgono “per recuperare la speranza, garantire la libertà religiosa e la giustizia sociale”. A loro l’incoraggiamento da parte del Papa a “continuare ad essere segno, per il vostro Paese e non solo, della possibilità di relazioni cordiali e di feconda collaborazione tra uomini di religioni diverse”.