Il Centro Betania in Albania è stato fondato dalla signora Antonietta Vitale, un anno dopo quello di Verona. Un’altra Antonietta ha accolto il Papa oggi a nome della struttura, raccontando come grazie a diversi benefattori il Centro abbia assistito, educato e formato centinaia di bambini che non avevano nulla. L’operatrice ha anche sottolineato che grazie ai volontari, “madri e padri hanno offerto il loro tempo, le loro professionalità, la loro umanità per curare, assistere, educare, formare bambini poveri e abbandonati”. Perché “fin dalla posa della prima pietra del Centro – ha soggiunto – l’unico obiettivo è stato quello di servire Cristo e fare tutto nel suo nome”.
Subito dopo è intervenuto Mirjan, un bambino abbandonato dal padre che ha vissuto in grande povertà insieme alla mamma, finchè nel 1999 ha incontrato gli operatori del Centro. Era scioccato di vedere persone che lo aiutavano pur senza conoscerlo, ha detto il giovane. Tramite la carità ha conosciuto Gesù. Si è quindi battezzato, ha preso il nome di Paolo, ha studiato al liceo ed ora è iscritto in una Università in Italia. “Voglio ringraziare tanto Dio e tutte queste persone che come padri e madri mi hanno amato come se fossi un loro figlio e per 15 anni si sono sacrificate anche per me”, ha detto Mirjan.
Ha preso quindi la parola il Papa, ringraziando anzittutto i diversi volontari del Centro per la testimonianza di fede che si fa “carità concreta”, che porta “luce e speranza in situazioni di grave disagio” “Questa fede che opera nella carità – ha sottolineato il Santo Padre – smuove le montagne dell’indifferenza, dell’incredulità e dell’apatia e apre i cuori e le mani a compiere il bene e a diffonderlo”.
Il Centro, ha poi aggiunto, “testimonia che è possibile una convivenza pacifica e fraterna tra persone appartenenti a differenti etnie e a diverse confessioni religiose. Qui le differenze non impediscono l’armonia, la gioia e la pace, anzi diventano occasione per una più profonda conoscenza e comprensione reciproca”.
Tutti, poi, concorrono a un premio che è “il bene”, premio fine a sé stesso che “ci avvicina a Dio, Sommo Bene. Ci fa pensare come Lui, ci fa vedere la realtà della nostra vita alla luce del suo disegno d’amore su ciascuno di noi, ci fa assaporare le piccole gioie di ogni giorno e ci sostiene nelle difficoltà e nelle prove”.
“Il bene – ha sottolineato Francesco – paga infinitamente di più del denaro, che invece delude, perché siamo stati creati per accogliere l’amore di Dio e donarlo a nostra volta, e non per misurare ogni cosa sulla base del denaro o del potere”.
Le parole di Mirjan quando ha detto che al Centro “da 15 anni si sacrificano con gioia per amore di Gesù e amore nostro”, sintetizzano tutto questo. Questa frase, ha evidenziato il Santo Padre, “rivela come il donarsi per amore di Gesù susciti gioia e speranza, e come il servire i fratelli si trasformi nel regnare insieme a Dio”.
Per il Pontefice il segreto di un’esistenza riuscita è “amare e donarsi per amore” fino al punto di trovare la forza per “sacrificarsi con gioia”. Questo significa “realizzare pienamente la propria libertà”, ha assicurato. E ha concluso incoraggiando a continuare “con fiducia a servire nei poveri e negli abbandonati il Signore Gesù e a pregarlo perché i cuori e le menti di tutti si aprano al bene, alla carità operosa, fonte di gioia vera e autentica”.
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