"Chiesa che vivi in Albania, grazie per il tuo esempio di fedeltà al Vangelo!"

Francesco celebra la Messa in piazza Madre Teresa, a Tirana, e ai fedeli albanesi dona “il fiore della preghiera e del ricordo” per tutti i martiri che “non si sono piegati” alle persecuzioni del comunismo

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È venuto a portare speranza il Papa in Albania e a deporre con commozione “il fiore della preghiera e del ricordo grato e imperituro” per tutti quei “vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli laici” che, durante i decenni di dittatura comunista, “hanno pagato con la vita la loro fedeltà” a Cristo e alla Chiesa.

È il Papa stesso a dirlo durante la Messa in piazza Madre Teresa, a Tirana, un luogo simbolico dedicato “ad una umile e grande figlia di questa terra”.

Il Vescovo di Roma è venuto a portare la pace, dice, la stessa che i dodici apostoli insieme agli altri 72 chiamati da Cristo portavano nelle case in cui bussavano per annunciare l’amore di Dio: “Pace a questa casa”.

Una espressione, questa, che “non è solo un saluto, ma un dono”, spiega il Pontefice. Dono che lui stesso vuole consegnare oggi a tutti i figli e le figlie di Albania: “Pace nelle vostre case, pace nei vostri cuori, pace nella vostra Nazione!”, dice infatti.

Ricorda poi a tutti la loro chiamata a seguire l’esempio missionario dei discepoli, perché “il Signore risorto e vivente invia non solo i Dodici, ma la Chiesa intera, invia ogni battezzato ad annunciare il Vangelo a tutte le genti”.

Ma il popolo cattolico dell’Albania questo già lo sa, già nel corso dei secoli ha cercato tante e tante volte di portare “l’annuncio di pace”, nonostante questo venisse spesso rifiutato. “Talvolta le porte si sono chiuse”, ricorda infatti Bergoglio, “in un recente passato, anche la porta del vostro Paese è stata chiusa, serrata con il catenaccio delle proibizioni e prescrizioni di un sistema che negava Dio e impediva la libertà religiosa”.

Erano anni in cui “coloro che avevano paura della verità e della libertà facevano di tutto per bandire Dio dal cuore dell’uomo ed escludere Cristo e la Chiesa dalla storia del vostro Paese”. Anni in cui, sottolinea il Pontefice, non solo i cattolici, ma anche gli ortodossi e i musulmani subirono “atroci sofferenze” e “durissime persecuzioni”.

Alla luce di questo vivo e sofferente ricordo “possiamo dire che l’Albania è stata una terra di martiri”, afferma il Papa. Ma è stata anche una terra dove “non sono mancate prove di grande coraggio e coerenza nella professione della fede”. Basti pensare a tutti quei cristiani che “non si sono piegati davanti alle minacce, ma hanno proseguito senza tentennamenti sulla strada intrapresa!”.

Con il cuore, Francesco si reca quindi idealmente al muro del cimitero di Scutari, luogo-simbolo del martirio dei cattolici albanesi dove si eseguivano le fucilazioni. E pensando a quella terra che ancora odora di sangue innocente, Bergoglio sente di dover restituire speranza ai fedeli albanesi in modo da estirpare il rancore per le sofferenze subite. “Il Signore è stato accanto a voi, carissimi fratelli e sorelle, per sostenervi – assicura il Santo Padre -; Egli vi ha guidato e consolato e infine vi ha sollevato su ali di aquila come un giorno fece con l’antico popolo d’Israele”.

L’aquila raffigurata nella bandiera dell’Albania sia allora un monito “a riporre sempre la vostra fiducia in Dio, che non delude ma è sempre al nostro fianco, specialmente nei momenti difficili”, dice il Papa. “L’aquila non dimentica il nido, ma vola alto – aggiunge a braccio – Volate alto! Andate su… aprendo i vostri cuori a Cristo, a Dio, al Vangelo, all’incontro con Dio, all’incontro fra voi come lo fate e con il quale incontro date testimonianza a tutta l’Europa”.

Inoltre, nel paese continuano a crescere i frutti della fedeltà del Signore : “Oggi le porte dell’Albania si sono riaperte – osserva Papa Francesco – e sta maturando una stagione di nuovo protagonismo missionario per tutti i membri del popolo di Dio”.

“Ogni battezzato ha un posto e un compito da svolgere nella Chiesa e nella società”, poi aggiunge; pertanto “ognuno si senta chiamato ad impegnarsi generosamente nell’annuncio del Vangelo e nella testimonianza della carità; a rafforzare i legami della solidarietà per promuovere condizioni di vita più giuste e fraterne per tutti”.

“La vostra fede sia gioiosa e radiosa, mostri che l’incontro con Cristo dà senso alla vita degli uomini”, esorta quindi il Santo Padre, incoraggiando vescovi, sacerdoti, consacrati e laici a dare slancio all’azione pastorale e continuare la ricerca di “nuove forme di presenza della Chiesa all’interno della società”.

In particolare, Francesco si rivolge ai giovani ai quali, sulla scia di Giovanni Paolo II, urla: “Non abbiate paura di rispondere con generosità a Cristo che vi invita a seguirlo! Nella vocazione sacerdotale o religiosa troverete la ricchezza e la gioia del dono di voi stessi per servire Dio e i vostri fratelli”. “Non dimenticate le piaghe, ma non vendicatevi”, raccomanda poi a tutti a braccio, “andate avanti a lavorare sulla speranza di un futuro grande”.

Le ultime parole del Papa sono un dialogo tra un padre amorevole e una madre che ora si sta rialzando dalle sofferenze della sua prole. Un dialogo intriso di commossa e profonda gratitudine, in cui il Vescovo di Roma afferma: “Chiesa che vivi in questa terra di Albania, grazie per il tuo esempio di fedeltà al Vangelo! Tanti tuoi figli e figlie hanno sofferto per Cristo, anche fino al sacrificio della vita. La loro testimonianza sostenga i tuoi passi di oggi e di domani sulla via dell’amore, della libertà, della giustizia e della pace”.

Per leggere il testo integrale dell’omelia del Santo Padre si può cliccare qui.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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