Si è molto si è parlato della decisione della BCE di intervenire sul mercato con operazioni di finanziamento agli istituti di credito a basso tasso d’interesse. Ma sono molte inesattezze che sono state scritte, in particolare sull’effetto che si potrà avere sull’economia reale.

E allora proverò a fare il punto della situazione, mettendo in luce la “teoria economica” che sta dietro tali interventi e, sperando che mi vengano perdonate le inevitabili semplificazioni.

Prima questione: finanziamento all’economia.

La Banca centrale europea arriverà a prestare alle banche nei prossimi due anni, perché facciano credito a imprese e famiglie, fino a mille miliardi di euro. Le prime due operazioni di finanziamento si svolgeranno il 18 settembre e l'11 dicembre, per un valore massimo di circa 400 miliardi di euro. Successivamente, le operazioni si ripeteranno trimestralmente dal marzo 2015 al giugno 2016[1].

Il finanziamento avverrà con obbligo di restituzione a quattro anni, a un tasso fisso dello 0,25%. Il finanziamento è condizionato alla concessione di prestiti all'economia reale: dopo i primi due anni, le banche che non lo abbiano fatto dovranno restituire i fondi[2].

Per evitare che tali prestiti, come nel 2011 e 2012[3] vengano utilizzati (per la maggior parte) per acquistare titoli di Stato ad alto rendimento, per saldare debiti pregressi, oppure per parcheggiarlo presso la BCE, anziché metterlo a disposizione delle famiglie o delle PMI (Piccole e Media Imprese), la BCE ha previsto un meccanismo per cui chi non finanzia l’economia deve restituire i prestiti ottenuti entro due anni[4].

IL denaro potrà arrivare a tutti gli istituti, anche quelli che stanno riducendo i prestiti. Gli istituti di credito sono stati ripartiti in due gruppi: uno caratterizzato da prestiti netti in parità o in attivo nell'anno antecedente il 30 aprile, l'altro da una riduzione dei prestiti nello stesso periodo. La BCE consente alle banche che stanno sfoltendo il loro portafoglio di prestiti di continuare semplicemente con la stessa riduzione dell'indebitamento fino al 2015. Invece le banche con una crescita positiva dei prestiti devono mantenerla fino ad aprile 2016. "L'obiettivo della BCE non si limita solo a premiare le banche che prestano, bensì intende anche incoraggiare quelle che ancora non lo fanno a frenare la loro riduzione dell'indebitamento".

L’illustrato programma Long-Term Refinancing Operation (TLTRO) si aggiunge ad una analoga operazione di finanziamento presa nella riunione dello scorso giugno, quando la Bce ha sospeso la sterilizzazione dei titoli dei Paesi in difficoltà, acquistati nel 2010 e 2011, con il programma Smp[5]. Questa iniziativa inietta nel sistema circa 165 miliardi.

Nelle intenzioni della Bce, c’è poi l’acquisto di titoli cartolarizzati (Abs), basati su prestiti al settore privato dell'Eurozona. I titoli dovranno essere «semplici» e «trasparenti». Ma come accennato, le operazioni di TLTRO sembrerebbero allontanare tale possibilità. Complessivamente i titoli di questo tipo in circolazione in Europa sono circa 800 miliardi di euro, mentre le emissioni nel 2013 sono state 60 miliardi.

Seconda mossa: La Bce ha tagliato, a sorpresa, il tasso di finanziamento pronti contro termine portandolo dallo 0,15% a un nuovo minimo storico dello 0,05%. Abbassati anche il tasso sui depositi (dal -0,10% al -0,20%) e il tasso marginale (dallo 0,40% allo 0,20%).

Nella sostanza le due mosse messe in campo dalla BCE si possono riassumere con: più denaro a prezzo più basso[6] !

All'Eurotower si aspettano (e sperano) in un indebolimento del cambio dell'euro rispetto alle principali monete concorrenti, in primo luogo il dollaro. Se cosi fosse, l’impulso ad una ripresa tanto attesa potrebbe venire dalla domanda per esportazioni. Per questa via, per le nostre imprese, un importante fetta di guadagni verrebbe dalla presenza sui mercati internazionali dove il made in italy, non ha completamente perso le sue posizioni.

Ma vediamo alla domanda interna.

Della iniezione di liquidità dovrebbe giovare l'economia europea, dove, le statistiche confermano che la domanda di credito tra le famiglie e le aziende continua ad eccedere notevolmente l'offerta.  In primo luogo, il beneficio, dovrebbe arrivare alle famiglie: il costo del denaro più basso dovrebbe indurre le banche ad una riduzione dei tassi d'interesse debitore, per quanto concerne sia le ipoteche per le famiglie, sia i prestiti alle imprese, il che, a sua volta, dovrebbe alleggerire il servizio del debito nelle economie in cui esso è particolarmente alto.

Tuttavia, è difficile pensare che maggiori prestiti arrivino alle famiglie ed alle imprese. Ovvero, a parere dello scrivente, non bisogna attendersi che le banche finanziano le famiglie e le imprese.

Ciò perché (come si insegna nei corsi base d’economia) le decisioni d’investimento e di acquisto dipendono non dai tassi d’interesse ma dalle aspettative. In tale contesto, in particolare per l’Italia, solo un aumento della produttività, ferma da oltre venti anni[7], del sistema Paese può permettere un aumento della domanda di beni e servizi.

Per un aumento della produttività è necessario che nel nostro paese proceda alla riforma del mercato del lavoro ed alla riforma della burocrazia (sistema delle autorizzazioni e dei controlli, in primo luogo). Dunque si tratta di questioni fondamentalmente legate alla capacità della classe politica di innovare il paese.

Ciò solo potrebbe determinare l’effetto di stimolo alla domanda interna che, con il costo del denaro praticamente a zero e con l’abbondanza di liquidità presente, darebbe luogo al circolo virtuoso descritto in tutti i testi di macroeconomia di più investimenti e più consumo. Viceversa, il pericolo e che l’abbondanza di denaro presente ora nel sistema, e ricordiamola concentrata nelle mani di pochi soggetti, trovi la strada degli investimenti speculativi.

Ma questa è una storia che conosciamo e fu descritta da Keynes già negli anni trenta nel bel libro General theory of employment, interest and money, e che si riassume nella famosa teoria della trappola della liquidità[8].

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<p>NOTE

[1] La proiezione complessiva di mille miliardi di euro, riportata dalla stampa, pertanto è soggetta a notevole incertezza, come ammettono anche alla Bce. Inoltre,  un importo così consistente di finanziamento alla economia di fatto allontana la prospettiva di acquisti di titoli pubblici e privati (il cosiddetto "quantitative easing" giù adottato dalle altri grandi banche centrali), anche se l'opzione, come è stato ribadito dallo stesso Draghi, resta sul tavolo. In particolare, il passaggio all’opzione di acquisto diretto di titoli pubblici e privati,  dipende dall'evoluzione dell'inflazione che, allo 0,5%, resta lontana dall'obiettivo di rimanere sotto, ma vicino al 2%, e che risalirà solo molto lentamente.

[2] Tali operazioni di finanziamento denominate, TLTRO consistono in un'asta di liquidità in cui la BCE concede un prestito alle banche richiedenti. In cambio la BCE riceve dalle banche una garanzia sul prestito, detta "collaterale". La garanzia è composta solitamente da obbligazioni governative (titoli degli stati membri dell'UE); la BCE accetta come collaterale anche titoli privi di valore (ad esempio quelli emessi dalla Grecia dichiaratasi insolvente).

[3] Il programma Long-Term Refinancing Operation (TLTRO) ha già consentito l’erogazione in due tranche rispettivamente 489 miliardi e 529 miliardi di euro, sotto forma di prestiti a tre anni per le banche europee.

[4] Ogni banca avrà un benchmark individuale: le somme che potrà richiedere saranno il triplo del divario fra i prestiti realizzati nel periodo precedente e questo valore di riferimento. Alle banche che nei dodici mesi al 30 apr ile scorso hanno ampliato il credito (poche), basterà mantenere questi livelli; a quelle che hanno invece contratto gli impieghi, in molti casi per una necessaria operazione di ripulitura dei bilanci, verrà consentito di continuare a farlo per il primo anno.

[5] La sterilizzazione fu motivata dal fatto che all'epoca l'inflazione era sopra il 2% e si poteva temere che la liquidità aggiuntiva avesse un effetto inflattivo. Oggi la Bce è alle prese con il problema opposto.

[6] Da segnalare una importante novità circa i lavori della BCE. da gennaio 2015 le riunioni dei direttivi di politica monetaria si svolgeranno ogni sei settimane, anziché quattro, e la Bce inizierà a pubblicarne i verbali. La decisione è legata al fatto «che i mercati nutrivano troppe attese» e che le riunioni «creano una specie di aspettativa di mercato che spesso si autoalimenta».

[7] I  dati Istat mostrano dopo il 2000 una produttività che diminuisce. Per l’insieme dell’economia la caduta è dello 0,5% l’anno tra il 2000 e il 2009; per l’industria manifatturiera i dati tra il 2000 e il 2007 registrano una diminuzione dello 0,07% l’anno e per i servizi la diminuzione è dell’1,4% l’anno.

[8] Un abbassamento del tasso di interesse infatti, fa preferire la liquidità per due motivi: in primo luogo, si preferisce detenere moneta per approfittare di un possibile aumento del tasso in futuro; in secondo luogo, si preferisce detenere moneta per evitare le perdite patrimoniali derivanti dal fatto che quando il tasso di interesse aumenta, il valore dei titoli diminuisce.