Anzitutto, ha sottolineato il Santo Padre, oggi si avverte l’imperiosa necessità di una conversione missionaria, che riguarda ogni battezzato e ogni parrocchia, ma che naturalmente “i Pastori sono chiamati a vivere e testimoniare per primi, in quanto guide delle Chiese particolari”. Pertanto, il Pontefice incoraggia a “ordinare la vostra vita e il vostro ministero episcopale a questa trasformazione missionaria che interpella oggi il Popolo di Dio”.
Secondo Francesco, al centro della conversione missionaria della Chiesa c’è infatti “il servizio all’umanità, a imitazione del suo Signore che ha lavato i piedi ai suoi discepoli”. Citando la Evangelii gaudium, ha ribadito quindi che “la Chiesa, in quanto comunità evangelizzatrice, è chiamata a crescere nella prossimità, ad accorciare le distanze, ad abbassarsi fino all’umiliazione se è necessario e assumere la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo”.
Il Vescovo di Roma ha poi ripreso un altro documento papale, la Pastores gregis del 2003, per ribadire che i presuli, nell’esercizio del loro ministero di padri e pastori in mezzo ai fedeli, devono comportarsi come “coloro che servono”, avendo “sempre sotto gli occhi l’esempio del Buon Pastore, che è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per tutti”.
A tal proposito, il Santo Padre ha indicato come esempio luminoso i santi Martiri coreani: Andrea Kim Taegŏn, sacerdote, Paolo Chŏng Hasang e Compagni, i quali non hanno esitato a “versare il proprio sangue per il Vangelo, di cui erano dispensatori fedeli e testimoni eroici”.
Per Francesco la Chiesa ha bisogno di fatto di vescovi che “sappiano mettersi in ginocchio davanti agli altri per lavare loro i piedi”. “Pastori vicini alla gente – ha rimarcato – padri e fratelli miti, pazienti e misericordiosi; che amano la povertà, sia come libertà per il Signore sia come semplicità e austerità di vita”.
Il Pontefice ha infine rivolto un pensiero a tutti quei Confratelli che, per varie ragioni, non sono potuti venire a Roma, in particolare ai Vescovi cinesi ordinati negli anni recenti. Dopo l’auspicio di poterli incontrare presto, ha quindi per assicurato la sua solidarietà e quella dell’intero Episcopato mondiale affinché – ha concluso – “nella comune fede, sentano che, se a volte possono avere l’impressione di essere soli, più forte è la certezza che le loro sofferenze porteranno frutto – e gran frutto! – per il bene dei loro fedeli, dei loro concittadini e di tutta la Chiesa”.