Lo scorso giovedì 11 settembre si è svolto per la decima volta l’incontro istituito nel 2002 tra governo e Conferenza Episcopale francese, allo scopo di affrontare, analizzare e risolvere i problemi che possono apparire nelle relazioni tra la Chiesa e i poteri pubblici. Al tavolo, da parte governativa, erano presenti il primo ministro Manuel Valls insieme con Laurent Fabius (Esteri e sviluppo internazionale), Marisol Touraine (Affari sociali, salute e diritti delle donne), Bernard Cazeneuve (Interno).
Per la Chiesa erano invece presenti il nunzio apostolico Luigi Ventura, il card. André Vingt-Trois (arcivescovo di Parigi), mons. Georges Pontier, presidente della Conferenza Episcopale con altri quattro rappresentanti dello stesso organismo. Non c’erano né la Guardasigilli Christiane Taubira (‘madre’ del ‘mariage pour tous’) né Najat Vallaud-Belkacem, la neo-ministra dell’Educazione nazionale, insegnamento superiore e ricerca, attivissima promotrice dell’ideologia del ‘gender’.
Durante l’incontro si è discusso tra l’altro di cooperazione tra istituti superiori cattolici e università, di finanziamento delle associazioni di culto e di “questioni di società”. Queste ultime – non indicate espressamente nel comunicato governativo – sono in particolare la questione dell’estensione della possibilità di fecondazione artificiale (PMA, il governo al momento ne ha rinviato la trattazione), quella delle eventuali ‘aperture’ sull’utero in affitto (GPA), quella della disoccupazione crescente.
Nel colloquio si è parlato anche degli atti “degradanti” commessi contro “gli edifici di culto cattolici”. Un punto oggi di particolare importanza, citato espressamente stavolta nel comunicato governativo. In Francia la cristianofobia è in netto aumento, come del resto anche l’antisemitismo (nei primi sei mesi di quest’anno gli atti di carattere antisemita hanno oltrepassato quota 500, raddoppiando rispetto al 2013).
Non a caso il card. Ving-Trois ha twittato il 12 settembre alle 16.20: “Il ministero dell’Interno è attento alle degradazioni nelle chiese e ci ha domandato che esse siano tutte segnalate ai prefetti”. Proprio nella sua diocesi il porporato ha avuto anche di recente esperienze penose in questo senso.
Ad esempio il 12 febbraio 2013 nove attiviste del gruppo “Femen”, accompagnate come di consueto dalle truppe mediatiche di complemento, entrate coperte di mantelli in Notre Dame, se li erano tolti e, a seno nudo e con scritte offensive sul torace, avevano voluto ‘festeggiare’ la rinuncia di Benedetto XVI e protestare contro l’opposizione cattolica al ‘mariage pour tous’ interrompendo le funzioni, strepitando e colpendo con bastoni foderati di feltro le tre campane esposte nella navata per l’850° della cattedrale.
Alcuni sorveglianti avevano cercato di coprirle e trascinarle fuori, obiettivo raggiunto a prezzo di grandi sforzi dato che le ‘erinni’ erano scatenate. Giudicate dal tribunale correzionale di Parigi con l’accusa di aver danneggiato lievemente una campana, il 10 settembre, le “Femen” sono state assolte, “dato che non sussistevano prove sufficienti per imputare loro il danno”. Sono stati nel contempo condannati a multe di 1000, 500 e 300 euro tre sorveglianti per una pressione fisica “eccessiva” su tre militanti al momento dell’espulsione dalla cattedrale.
Si può subito notare che, invece di imputare alle “Femen” una provocazione all’odio religioso (vedi legge francese del 1° luglio 1972 che punisce “la provocazione alla discriminazione, all’odio o alla violenza nei confronti di una persona o di un gruppo di persone in ragione della loro origine o della loro appartenenza a una etnia, una nazione, una razza o una religione determinata”), chi avrebbe dovuto agire per via giudiziaria ha pensato bene di non suscitare altri polveroni mediatici e di aggrapparsi perciò a un capo d’accusa ridicolo in confronto alla gravità dell’offesa perpetrata.
Il risultato è stato che le “Femen” esultano, tanto che la loro fondatrice Inna Shevchenko ha reagito così: “Siamo contente che la nostra critica delle istituzioni religiose non sia stata condannata. E’ un gran bell’esempio per tutti gli altri Paesi”. La sentenza del 10 settembre può costituire un incitamento a compiere altri atti del genere: in ogni caso sarebbe un precedente incoraggiante per ogni sorta di fanatici, uno stimolo potente per la nota lobby a moltiplicare gli atti di irrisione del cattolicesimo.
Tra le reazioni citiamo quella del sindacato francese dei lavoratori cristiani, che giudica “incomprensibile la condanna di tre sorveglianti della Cattedrale di Parigi da parte del tribunale correzionale”, poiché “tali salariati, nell’esercizio delle loro funzioni e conformemente al loro contratto di lavoro, sono stati costretti ad intervenire dentro un edificio religioso per porre termine a unhappening selvaggio, violento, grossolano e insultante per i credenti”.
Non può non far pensare il fatto che ben diverso è stato il trattamento riservato dalla giustizia transalpina e dalla maggioranza parlamentare agli oppositori della legge del mariage pour tous, imposta al popolo francese ignorandone il parere contrario e le continue manifestazioni imponenti di piazza. Un breve elenco.
Primo:alcuni studenti universitari (membri del gruppo “Hommen”, creato come parodia delle “Femen”) perturbano brevemente nel giugno 2013 la finale di tennis del Roland Garros (due fumogeni tenuti in mano e subito spenti, alcuni cartelli che chiedevano le dimissioni di Hollande e rivendicavano il diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre): annullato per vizi giuridici il processo del luglio seguente, il 24 giugno di quest’anno il pubblico ministero ha chiesto per quattro di loro pene di 12 mesi con la condizionale e, per uno, anche sei mesi di reclusione, fondandosi soprattutto sulla considerazione che il fumogeno è un’arma (ma allora i bastoni delle “Femen”?). Sentenza il prossimo 23 settembre.
Secondo:il 23 aprile 2013, durante la discussione finale della legge sul ‘mariage pour tous’, il presidente dell’Assemblea nazionale Claude Bartolone, individuato tra il pubblico delle tribune di Palazzo Borbone un piccolo cartello con la scritta “Referendum”, colto da un accesso d’ira ordina: “Cacciate i nemici della democrazia! Fuori i nemici della Repubblica! Non c’è posto per i nemici della democrazia!”.
Terzo: all’inizio di aprile del 2013 Franck Talleu, direttore di scuola cattolica parigina, si incontra con la famiglia ed alcuni amici nei giardini del Lussemburgo. Indossa la maglietta con il logo della Manif pour tous, papà, mamma, figlio, figlia. Un solerte gendarme gli ordina di toglierla. Al suo rifiuto Talleu viene portato in commissariato, interrogato per un’ora e accusato… di quale atto nefando? Dapprima lo si imputa di “porto di una tenuta contraria ai buoni costumi”, poi – accorgendosi che tale motivazione avrebbe potuto suonare troppo grottesca anche per i più fanatici fautori del ‘mariage pour tous’ – il capoposto l’ha corretta in “organizzazione di una manifestazione ludica senza autorizzazione”. E’ seguita un’ammenda di alcune centinaia di euro.
Quarto: casi come quelli di Talleu ce ne sono stati altri. nell’aprile 2013 nei giardini del Lussemburgo, non lontani dal Senato. Una studentessa che stava facendo jogging e portava la maglietta con il logo è stata accusata del fatto (secondo gli zelanti ‘tutori’ dell’ordine pubblico) che “disturbava la tranquillità dei passanti portando ostentatamente elementi relativi a una manifestazione vietata”. Interrogatorio, controllo dell’identità e multa anche per un giovane industriale con la stessa maglietta. Pure un controllore di gestione è incappato nella solerzia di un gendarme: essendosi rifiutato di togliersi la maglietta con il lo
go e avendo gridato “Hollande, non vogliamo la tua legge!” è stato accusato di “disturbo della quiete pubblica con grida e vociferazioni”. E se avessi urlato “Hollande, la tua legge passerà”? ha chiesto il malcapitato al gendarme. La candida risposta: “Non avresti avuto nessun problema!”. Ci fermiamo nell’elenco, poiché la ‘candida risposta’ è tale da far comprendere tutto o quasi anche a un marziano atterrato magari nel mezzo del Jardin du Luxembourg.
Fonte: blog RossoPorpora