La sentenza della magistratura di Roma ha sancito la possibilità che una coppia gay – in questo caso due donne – sia riconosciuta come coppia parentale adottiva, estendendo l’idea di famiglia anche alla omogenitorialità. Una di queste donne viene confermata come madre biologica, avendo dato alla luce e portato la figlia nel grembo per 9 mesi; alla sua compagna viene riconosciuto il ruolo di madre sociale. Il tutto, a dire della magistratura e dei servizi, nel discutibile “superiore e preminente interesse del minore”. In questo modo viene dato un contributo significativo all’adozione gay, quando il fine dell’adozione è dare una famiglia (padre e madre) a un bambino che non ce l’ha.
Sempre più spesso la magistratura entra a gamba tesa in questioni spinose e delicate prendendo posizione, come in questo caso. E crea un precedente, alimentando la tensione e il disagio sociale, lasciando a Parlamento e Governo la ricerca di soluzioni.
Da tempo la politica ha abdicato all’idea di avere un pensiero esaustivo sull’uomo, sul suo divenire, su ciò che è bene o male per lui. Si fa scudo dei valori di libertà, uguaglianza, democrazia, affaccendata nella gestione delle emergenze, dalla cura dell’immagine e dalla ricerca del consenso a basso costo. Proprio per la sua debolezza viene continuamente tirata per la giacca e logorata fino allo sfinimento affinché, passo dopo passo, un po’ alla volta, si pieghi alle richieste di matrimonio, adozione ed educazione gay.
La coppia e la famiglia non sono minimamente presenti nell’agenda della politica: niente o poco si fa per loro, al contrario di scuola, economia, produzione e quant’altro. Questo è particolarmente grave perché la società si regge sulla famiglia, sua prima cellula, e da questa dipende il suo futuro. Tutti sanno che una famiglia naturale sana, composta da madre, padre e figli, contribuisce alla realizzazione e al buon funzionamento della società. Eppure non si fa nulla per i genitori, che anzi spesso vengono lasciati a sé stessi. Si dimentica che hanno un ruolo insostituibile nella formazione dei figli, che fanno prima e talvolta meglio il lavoro di biologi, educatori, insegnanti. Il bambino sta diventando oggetto del contendere. Per venire incontro ai discutibili desideri degli adulti di avere un figlio ad ogni costo, il bambino viene sempre meno considerato un dono, una persona umana: è sempre più un diritto, un prodotto, una cosa.
Molto indicativa è la terminologia in uso nella PMA (Procreazione Medicalmente Assistita), che nel definire il successo del trattamento parla di “avere il bimbo in braccio”: espressione che tristemente ricorda il “chiavi in mano” delle automobili. In nome del modernismo, non si distingue tra una medicina del bisogno, riconosciuta della società, e una medicina del desiderio, dove la società e la medicina pubblica non dovrebbero minimamente entrare, per le strane conseguenze che questa può comportare: la bambina della coppia gay di Roma, frutto di un’inseminazione eterologa fatta all’estero.
Quanto sta accadendo in questi giorni con l’introduzione dell’eterologa in Italia ha dell’incomprensibile: le Regioni pensano di far entrare questa procedura nei LEA (livelli essenziali di assistenza), togliendo di fatto risorse a chi ne ha veramente bisogno e si trova nell’indigenza.
Se vuole avere un futuro, la società dovrebbe concentrare i suoi sforzi e investire le sue risorse sulla famiglia naturale e sui bambini, curando la loro formazione e soprattutto i loro diritti. Diritto alla vita, diritto ad essere accettato, rispettato e considerato fin dal concepimento, diritto ad avere un padre e una madre. Quest’ultimo perché, come ha dimostrato la ricerca, il sistema triadico madre-padre-figlio è un sistema completo, in grado garantire uno sviluppo armonioso ed equilibrato del figlio.
Se questi semplici diritti universali sopra accennati venissero rispettati, probabilmente molte questioni oggi aperte e che fanno tanto discutere si dissolverebbero come neve al sole.
Mettiamoci bene in testa, come ci ricorda David Chamberlain, che “Il fallimento della famiglia, della paternità e della maternità nella loro precisa funzione è come una falla nella diga della civiltà.”
Gino Soldera è presidente del MpV “Dario Casadei” di Conegliano e dell’Anpep (Associazione Nazionale di Psicologia e di Educazione Prenatale)