In merito alla proposta di legge per la legalizzazione dell’aborto in Indonesia per “cause particolarmente significative”, i vescovi locali hanno manifestato la loro ferma opposizione.
Secondo quanto riferito da Asia News, i presuli hanno ricordato “il valore supremo della vita umana, che va difesa con forza di fronte agli attacchi di cui è vittima”.
Figlie di idee “illuministe”, le nuove disposizioni legislative “si traducono palesi violazioni del diritto supremo di nascere che è insito in ciascun feto”, lamentano i vescovi, citando quando affermato una ventina d’anni fa da San Giovanni Paolo II, che esortava le donne bosniache stuprate durante la guerra nei Balcani a non abortire. “I vostri figli – disse papa Wojtyla – non sono responsabili dell’ignobile violenza che avete subito. Non sono loro gli aggressori”.
Con una nota ufficiale, firmata da monsignor Ignatius Suharyo e monsignor Johannes Pujasumarta, rispettivamente presidente e segretario della Conferenza Episcopale Indonesiana, i vescovi ribadiscono che “ogni essere umano ha il diritto di vivere, per il solo fatto di avere una vita [propria]” e che essa va difesa e protetta perché frutto della creazione divina, in quanto solo Dio può mettere fine alla vita di un essere umano.
Le disabilità fisiche e psichiche, aggiunge il documento, “non riducono la dignità” della vita umana, pertanto un aborto a danno di feti malformati “non è secondo morale e va respinto con forza”.
Quanto alle gravidanze frutto di violenze sessuali, i vescovi chiedono “sostegno morale” alle vittime, affinché possano “riacquistare una loro vita, normale e felice” e ciò non potrà mai avvenire, se si mette fine a una vita nascente.
La Chiesa, concludono i presuli, è sempre in prima linea nella difesa dei deboli, degli emarginati e dei poveri: per questo motivo “l’embrione va difeso e protetto” e chi lo sopprime viene “automaticamente scomunicato”.