“Finché non ci sarà giustizia e uguaglianza anche per le minoranze, finché non ci sarà libertà religiosa in Pakistan, il Paese non potrà mai avere serenità e armonia”. Le parole dell’ex ministro cristiano del Pakistan Paul Bhatti, fratello di Shahbaz ucciso dagli integralisti islamici, giungono a seguito della notizia dell’ennesimo rinvio del processo ad Asia Bibi, la donna pakistana in carcere dal 2010 con l'accusa di blasfemia.

La prossima data è fissata per il 16 ottobre, secondo le disposizioni del giudice Anwar Ul Haq. nell’udienza di stamane davanti all’Alta Corte di Lahore. L'udienza è durata solo pochi minuti, come comunicato all'agenzia Fides dagli avvocati di Asia, S.K. Chaudry e Sardar Mushtaq Gill, secondo i quali “la Corte ha concesso un’ultima possibilità alla controparte, dato che il loro avvocato era per l’ennesima volta assente”.

Nella prossima udienza gli avvocati dovranno consegnare le loro “argomentazioni finali”, in forma scritta. In base a queste, il giudice si formerà un’idea e poi emetterà una sentenza.Il caso sembra, dunque, aver trovato una via d'uscita. 

“A giugno scorso - spiega ancora a Fides l'avvocato Gill - abbiamo presentato una speciale istanza all’Alta Corte, appellandoci ad alcuni articoli che impongono al Tribunale di esaminare un caso e giudicare. Il caso di Asia dovrà essere ascoltato".

I due avvocati si dicono "fiduciosi" del fatto che, esaminando nel merito la sentenza, "Asia possa essere assolta". "I timori - dicono - nascono solo da possibili influenze negative o pressioni degli estremisti sui giudici. Ma il giudice Anwar Ul Haq è persona stimata e corretta. Confidiamo nella buona fede e nell’indipendenza della magistratura”.

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Confronto tra cattolicesimo e geovismo sulle Letture di domenica 14 settembre 2014 – XXIV Domenica del T.O. (ciclo A) | Esaltazione della S. Croce