Le notizie dei telegiornali, della stampa e di internet a livello internazionale, ultimamente sono tutte dedicate alle azioni inumane, immorali e brutali dello Stato Islamico della Grande Siria e dell’Iraq (ISIS).
Da più di tre mesi il massacro, la persecuzione, la deportazione ed i rapimenti dei cristiani siriani e iracheni sono le priorità dei sunniti jihadisti estremisti islamici, che stanno dominando alcune zone del Levante, annunciando la nascita di un nuovo califfato Islamico.
Davanti al torrente di sangue che scorre in Iraq, nel panorama delle città più antiche del cristianesimo ormai svuotate, davanti alle migliaia di profughi che quotidianamente fuggono dalle loro terre, davanti alle foto di bambini e anziani abbandonati, davanti al bombardamento delle chiese e delle moschee più antiche e davanti al numero illimitato di martiri cristiani durante questi ultimi mesi, la maggior parte delle nazioni del mondo è rimasta in silenzio totale guardando ciò che succede in Medio Oriente lasciando soltanto qualche breve commento nei notiziari. Una cosa molto spiacevole…
Il nuovo califfato dello stato islamico Abu Bakr al-Baghdadi è seguito da più di ventimila musulmani sunniti presenti in Siria ed Iraq pubblicamente; mentre in Libano viene seguito ancora segretamente. I membri dell’Isis aumentano e proseguono nelle loro azioni senza alcuna misericordia convertendo con la forza tutti all’Islam, al grido: Allahu Akbar (Dio è Grande), e considerando i non musulmani Cuffar (miscredenti).
Tuttavia, lo scenario di persecuzione dei cristiani, secondo l’Isis, non è soltanto il Levante. Essi considerano tutto l’Occidente un mondo cristiano; perciò non fanno differenza tra Oriente e Occidente; già alcuni di loro cominciavano ad annunciare la conversione all’Islam in alcune nazioni occidentali.
Il 20 agosto di quest’anno, poi, è avvenuta la decapitazione del giornalista statunitense James Foley, 40 anni, in Iraq, rapito alla fine del 2012 in Siria. Nel frattempo, la posizione degli Stati Uniti e della Gran Bretagna verso l’Isis è cambiata, ed entrambe hanno annunciato lo stato di massima allerta per paura di un attentato nei loro territorio. Il presidente Obama ha ordinato di bombardare i posti dei salafiti jihadisti in Iraq, senza mandare soldati sul territorio.
Durante il mese di agosto, la presenza dei membri che appartengono a questo stato o i suoi “simpatizzanti” in varie nazioni, hanno cominciato ad apparire pubblicamente in Europa e altrove, manifestando e portando la bandiera nera del nuovo stato autoproclamatosi indipendente. All’Aia, in Olanda, più di 500 persone hanno manifestato liberamente per appoggiare lo stato islamico in Levante, senza alcuna nessuna reazione da parte dello Stato che voleva ‘rispettare la libertà di espressione’.
A Colonia, in Germania, invece, una settantina di musulmani ha manifestato con lo stesso scopo, ma dopo un conflitto con la polizia sono stati quasi tutti arrestati. Due settimane fa, a Londra, centinaia di musulmani bloccavano e giravano per le strade della città con la bandiera dell’Isis e la foto del Califfo.
Tali manifestazioni pubbliche che appoggiano lo stato islamico, insieme alla scoperta di tanti europei che combattono con i terroristi in Siria e in Iraq, sono stati uno scossone per la coscienza collettiva e soprattutto per quella di alcuni responsabili civili in Europa, che si sono resi conto del pericolo in corso. Proprio per questo il primo ministro dell’Olanda ha deciso, il 25 agosto, di togliere la cittadinanza olandese a tutti quelli che stanno combattendo in Iraq e in Siria, come pure a quelli che appartengono a questi movimenti terroristi. La stessa decisione è stata presa da parte del presidente dell’Argentina.
L’Isis, intanto, sta già provando a sviluppare la sua presenza in altre nazioni arabe, penetrando in Libano. I soldati libanesi però difendono bene le loro frontiere, soprattutto dopo lo scontro con oltre 6000 terroristi che hanno tentato di entrare dalle montagne siriane per dominare il paese di Erssal nel nord della Bekaa. Più di venti eroi militari sono deceduti in quel conflitto, centinaia i feriti tra soldati e civili e la maggior parte degli abitanti sono emigrati.
Quello che sta succedendo in Medio Oriente è peggio di ciò a cui abbiamo assistito durante le guerre mondiali. Perciò ha ragione Papa Francesco quando dice che è già cominciata una ‘terza guerra mondiale’. La visita congiunta dei quattro Patriarchi delle Chiese Orientali, ad Arbil nel nord dell’Iraq, è stata poi un segno di conferma dell’unità della Chiese intorno ai cristiani perseguitati, il cui volto rispecchia quello di Gesù sofferente sul Calvario.
La crisi è enorme, le forze sono deboli e le grandi nazioni sono disinteressate al popolo sofferente. La Chiesa aiuta aprendo le porte delle Case di Dio come luogo di accoglienza per i rifugiati. Il mondo, invece, sta lì a guardare oziosamente.