Una donna nuda, obesa che, in uno scenario grigio di cemento e muri scrostati, calpesta immagini sacre. Appare come un simbolo della ribellione verso il bello. Un impeto di provocazione sovversiva che ha suscitato un’alzata di scudi nei confronti del Comune di Torino, reo di aver dato in un primo momento il patrocinio all’associazione che si è servita di questa discutibile locandina per promuovere un’esposizione dal nome Mostra Internazionale d’Arte Lgbte (acronimo di “La Grande Battaglia Trova Esito” che ricorda la sigla dell’associazionismo omosessuale).
L’insofferenza nei confronti di questa immagine ha attraversato gli umori di una larga fetta dell’opinione pubblica torinese fino a raggiungere i banchi del Consiglio comunale. Uno tra i primi politici a protestare è stato Giuseppe Sbriglio, consigliere indipendente, il quale si è detto “turbato” e ha aggiunto: “La mia tesi di laurea è stata sulla tutela del sentimento religioso e questa cosa a mio avviso vilipende… e il Comune dà pure il patrocinio?”. Maurizio Marrone, capogruppo in Consiglio comunale di Fratelli d’Italia ha affermato che il sindaco Piero Fassino “dovrebbe chiedere scusa”. A invocare la revoca del patrocinio da parte del Comune anche il suo collega Silvio Magliano, di Nuovo Centrodestra, il quale ha definito la locandina “una provocazione tanto più grave e inaccettabile in un momento storico segnato dalla recrudescenza dimassacri e persecuzioni a sfondo religioso, in particolare a danno dei cristiani”.
Il moto d’indignazione ha sortito l’effetto sperato. Il Comune di Torino ha infatti ritirato il patrocinio alla mostra. Ad annunciarlo è stato l’assessore alla Cultura Maurizio Braccialarghe, il quale ha giustificato l’iniziale patrocinio affermando che nessun elemento avrebbe potuto far pensare ad un manifesto del genere. “Il minimo” che il Comune potesse fare, secondo Angelo D’Amico, consigliere di Forza Italia, che ritiene “assolutamente incredibile” che l’Amministrazione abbia dato il patrocinio “senza conoscere il reale contenuto” del manifesto. “Questo è il segno – ha aggiunto D’Amico – di una assuefazione a iniziative che in realtà dovrebbero essere verificate puntualmente, anche solo per non ledere il rispetto per gli altri”.
Dal canto loro gli organizzatori della rassegna hanno spiegato che la fotografia ha come unico intento quello “di mettere in risalto la donna”, non di “calpestare la religione”. Una spiegazione che stride con l’immagine del piede che sovrasta le immagini sacre e che infatti non convince la Diocesi. L’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, si è detto “profondamente colpito per la mancanza di rispetto” che esprime il manifesto in questione. Mancanza di rispetto che, secondo il presule, è indirizzata “sia nei confronti delle donne che nei confronti del sentimento religioso”.
In una nota diffusa nelle scorse ore l’arcivescovo sottolinea che in quell’immagine “colpisce dolorosamente il modo in cui viene usato il corpo di una donna, proprio quando cresce, nella nostra cultura, un’attenzione più diffusa e consapevole alle strumentalizzazioni e alle violenze che sulle donne si commettono”. Mons. Nosiglia spiega inoltre che “i cristiani sono abituati a vedere e a riconoscere, nel corpo umano, la presenza stessa del Cristo Salvatore, e dunque la fraternità profonda, il rispetto reciproco che deve caratterizzare i rapporti fra le persone e, ci pare, anche la rappresentazione della persona”. Sotto i piedi di quella donna, invece, rileva il presule, “non ci sono solo le immagini sacre ma emerge la mancanza di tale rispetto, doveroso per tutti e non solo per i credenti che vedono in quelle icone calpestate il volto del loro Signore e della Madonna”.
Mons. Nosiglia scrive poi che “in quel montaggio c’è la protervia di chi si crede al di sopra di ogni minima regola etica; di chi pretende, in nome di una supposta scelta artistica, che tutti debbano accettare qualsiasi sfregio anche al più sentito e profondo senso religioso degli altri”. L’arcivescovo di Torino si dice “certo” che “ogni persona di buon senso e di buon gusto saprà valutare questo episodio per quello che merita”. “Soprattutto – conclude l’arcivescovo – quando certe scelte ‘artistiche’ diventano un modo facile, troppo facile per cercarsi pubblicità attraverso le polemiche”.