In vista della visita di papa Francesco a Redipuglia, prevista per il 13 settembre, è stata celebrata la dedicazione della chiesa del Sacrario Militare della località friulana. La Santa Messa è stata presieduta stamattina dall’arcivescovo Santo Marcianò, Ordinario Militare per l’Italia.
Ricordando il centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, monsignor Marcianò ha sottolineato come, anche nei suoi passaggi più tragici, la storia umana “seppure affidata alla libertà degli uomini è, tuttavia, sempre e comunque nelle Mani di Dio, perché la Sua Presenza non abbandona mai i Suoi figli, neppure nell’ora buia del dolore, del non senso, della morte”.
La dedicazione di una chiesa, ha aggiunto il presule, “non è un atto formale ma un profondo atto di fede Significa consegnare a Lui la storia e il tempo, la guerra e la pace, il dolore e la gioia, la totalità della nostra vita, perché ne faccia cosa sacra”.
Poiché “il Tempio appartiene a Dio nella sua totalità”, esso non può essere mischiato con il “mercato”, né si può “usare Dio per giustificare la ricchezza di pochi che offende la povertà delle moltitudini, l’ingiustizia dello scarto e dell’emarginazione, la discriminazione razziale o religiosa, il dominio dell’uomo sull’uomo che conduce alla violenza e alla Guerra”, ha proseguito l’Ordinario Militare.
Dedicando la chiesa del Sacrario, ha aggiunto, si ricordano “le trincee” ed “il pianto dei caduti e le loro famiglie”. Ricordare la guerra significa anche “trasmettere, narrare la verità sulla guerra, affinché quanto è accaduto non si ripeta. Bisogna custodire la memoria e, allo stesso tempo, è la memoria che aiuta a custodire: ma questo non basta a trasformare la storia”.
Perché la guerra non si ripeta bisogna, dunque, “purificare la memoria” – ha sottolineato Marcianò – “e questo accade solo se impara la logica del perdono al posto della vendetta, solo se si guarda con gli occhi di Dio; solo se si custodisce, assieme al ricordo straziante ed eloquente, quella legge, quella Parola di Dio che costantemente ci parla di giustizia, pace, fratellanza, amore…”.
L’Ordinario Militare ha anche ricordato lo “straordinario ministero” di molti sacerdoti, in particolare i “cappellani militari” che, con la loro pastorale, in “altari di chiese”, in “altari da campo”, in “altari a cielo aperto”, hanno “portato e accolto Cristo, in questo e in tutti i luoghi di guerra, dando senso alla Croce e testimoniando la fede nella Risurrezione, pur nella distruzione che li circondava”.
La presenza nel Sacrario di migliaia di corpi – “corpi trucidati, corpi sconosciuti, corpi violati e ammutoliti” – ci ricorda che “il corpo umano è persona” e ciò è significativo in particolare “pensando agli orrori della guerra e pensando al modo in cui oggi si tratta il corpo umano”, torturato in mille modalità che vanno dalla “pornografia” alla “prostituzione” e alla “pedofilia”, fino al traffico di droga e di migranti da parte degli scafisti.
I corpi offesi di questi fratelli, tuttavia, appartengono a “persone umane, uniche e preziose agli occhi dei loro cari e agli occhi di Dio”, che ci ricorda “con quale rispetto va trattato il corpo, anche il nostro corpo”.
Merito del settore militare è quello di lottare “con forza contro queste mercanterie e questi mercanti e, con le sue regole, può anche offrire il senso di quanto la disciplina sia necessaria a rispettare la dignità del corpo”, ha affermato monsingor Marcianò.
Il presule ha poi ricordato lo scopo della visita del Santo Padre, prevista tra dieci giorni: “celebrare l’Eucaristia e pregare, nel ricordo dell’inizio della prima Guerra Mondiale, per tutti i caduti, per la cessazione di ogni guerra, per l’invocazione della pace”.
Ci sono, tuttavia, altre due significative coincidenze: proprio oggi ricorre il centenario dell’elezione (3 settembre 1914) di papa Benedetto XV, “colui il quale cercò in ogni modo di fermare la prima Guerra Mondiale con i suoi pronunciamenti, l’attività attenta della diplomazia, l’ordine di soccorrere chiunque avesse bisogno di aiuto, a qualunque nazionalità, razza, religione appartenesse”.
Sempre oggi ricorre il quattordicesimo anniversario della beatificazione (3 settembre 2000) di papa Giovanni XXIII, “ora santo, cappellano militare e militare egli stesso”, la cui voce “si era levata molte volte per la pace: nell’Enciclica Pacem in Terris, quasi un testamento spirituale, ma anche – lo ricordiamo tutti con commozione – nell’accorato appello ai presidenti americano e russo, con il quale la sua semplice voce riuscì a fermare un conflitto che sarebbe stato devastante per l’umanità”. La pace e la Chiesa, dunque, “sono profondamente legate”, ha osservato quindi l’Ordinario Militare.
“La Chiesa – ha detto – opera per la pace con la sua azione evangelizzatrice, con la profezia della sua carità, esercitata verso tutti e ad ogni costo, con la forza della santità del Signore che si trasmette ai suoi figli, con la gioia della sua preghiera di cui il Tempio, dunque anche questa Chiesa, è “casa”.
Marcianò ha poi concluso la sua omelia con la preghiera che “questa nostra “Casa”, testimone degli orrori del dolore, della morte e della guerra, sia abitata da una preghiera capace di strappare il dono della pace al Cuore di Dio portando, in ogni cuore e in ogni casa umana, la pace che vince l’afflizione e la gioia del Signore che «è la nostra forza»”.