Viaggiando in treno, anche se appesantito dal sonno, il tuo occhio può osservare, contemplare quanto accade nel tuo vagone.
Un bambino di pochi mesi, stabilmente in braccio a sua madre. E come può diversamente? Lo diresti in gabbia, stretto da due braccia. Invece si trova in piena e totale libertà perché quelle braccia sono le braccia della sua mamma.
Ora, seduto sulle ginocchia, comodo e tranquillo come un pascià, scruta e profonde i suoi sorrisi verso chiunque gli passa accanto. Poi smania e dà segni di disagio. Subito, frugando nella borsa s’allungano due mani che lui con occhi avidi accompagna in attesa di qualcosa di buono: in maniera distratta e divertita apre la bocca a tre o quattro bocconcini a cui seguono presto movimenti di rifiuto.
Con cenni di pianto gira la testolina frugando sul petto materno: subito con gesto rapido e riservato, gli viene offerta la mammella.
Con l’immediato silenzio e la totale immobilità sembra assicurare tutti d’aver trovato il massimo che potesse sognare. Poco dopo eccolo addormentato con la bocca semiaperta e le braccia a penzoloni.
Sono solo alcuni flash sulla continua varietà di atteggiamenti e di richieste che il piccolo può permettersi, grazie a colei che obbedisce non tanto e non solo al figlio, ma all’istinto materno, a quella disponibilità che Dio le ha dato e che la definisce mamma.
Al termine della giornata – se pure il giorno della mamma ha un termine sera – lei non si vanterà dei mille modi con cui ha amato quel “Gesù”, ma in cuor suo ripeterà: “Come mamma ho potuto fare quello che dovevo, ho amato in tanti modi perché “le grandi cose in me le ha fatte Lui”.
Ciao da p. Andrea
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