Il prossimo Concistoro e il Sinodo dei Vescovi affronteranno il tema della famiglia.
È quanto Papa Francesco ha annunciato domenica 29 dicembre 2013 all’Angelus domenicale, sotto un plumbeo cielo invernale.
Una diffusa letargia ed un certo grigiore stanno investendo l’istituto familiare rendendo attuale l’auspicio di Giovanni Paolo II al recupero del proprio essere e della propria missione da parte della famiglia.
Furono queste le preoccupazioni dell’allora Arcivescovo di Buenos Aires espresse nel documento conclusivo di Aparecida e sono queste le preoccupazioni dell’attuale Vescovo di Roma in occasione della festa liturgica della Santa Famiglia.
La riscoperta della propria identità, attraverso dei modelli che definiscano la famiglia nel suo essere e nel suo operare trovano in Gesù. Maria e Giuseppe il punto di riferimento.
Quale Ecclesia domestica, la Santa Famiglia di Nazareth custodiva il Capo del Corpo Mistico e conobbe la dimensione missionaria proprio a seguito delle tensioni createsi “sulla via dolorosa dell’esilio, in cerca di rifugio in Egitto”, così come ha ricordato papa Francesco nella sua allocuzione.
L’essere e l’agire che vedono la famiglia naturale e la Chiesa scaturire dalle stesse sorgenti. Hanno la stessa genealogia in Dio: in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Con questa genealogia divina si costituiscono attraverso il grande mistero del divino Amore.
In esso trova la sua sorgente la Chiesa, e trova la sua sorgente la famiglia, chiesa domestica.
“Familia, quid dicis de te ipsa?”. “Famiglia, cosa dici di te stessa?”
Sorge ancora spontanea e attuale l’espressione parafrasata dell’inizio dei lavori del Vaticano II.
La riflessione sulla propria identità, ruolo e vocazione, produce il senso critico necessario, non solo all’identificazione dei mali, ma anche alla ricerca di soluzioni per restituire alla “Chiesa famiglia” il posto e la dignità che le spetta nella storia e nell’umanità.
Essendo proprio la promozione della dignità della famiglia un capitolo della Gaudium et Spes il Papa ha voluto ricordare nell’accorata preghiera le “famiglie di periferia”.
Ne ha evocate di due tipi, benché la loro condizione possa essere identificata anche in altre qualità di drammatica condizione.
Dal modello della Santa Famiglia, in esilio verso l’Egitto, Papa Francesco ha ricordato le famiglie alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa, quelle che sperimentano “la condizione drammatica dei profughi, segnata da paura, incertezza, disagi”.
Ha ricordato altresì gli “esiliati sociali” che vivono ai margini dell’attenzione e della cura dello stesso consorzio familiare e cioè gli anziani e i bambini.
Il modo con il quale si apprezza la qualità umana e spirituale di una famiglia è proprio il modo con il quale in essa si trattano i membri più piccoli e quelli più invecchiati.
A modo di nonno saggio il Papa ha fatto ripetere agli oltre centomila di piazza San Pietro le tre parole maestre per lo sviluppo delle virtù domestiche: “permesso, grazie, scusa”.
Anche nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium si presenta la minaccia di una interpretazione della vita matrimoniale e familiare quale mera forma di gratificazione personale che sostituisce la dimensione del dono e del servizio alla funzionalità e al tornaconto individuale.
Mentre la cultura contemporanea prospetta l’obiettivo dell’autonomia assoluta dei singoli, la realtà ne mostra l’inganno.